Circa la metà degli italiani che si rivolgono ai centri di ascolto Caritas e Sicet spendono metà del reddito per le spese di affitto o mutuo e hanno difficoltà a coprire le spese. Vivono spesso in case sovraffollate (il 27,2%), danneggiate (47,3%), con poca luce (20,4%), in zone con problemi di criminalità (45%), mancanza di aree verdi (35,9%) o carenza di trasporti/collegamenti (28,8%). Dal 2006 al 2015 sono aumentate dall’11,6% al 27% le persone con problemi abitativi. Triplicate le famiglie costrette a condividere la casa, mentre l’8,5% si accontenta di una stanza. Sono alcuni dei dati che emergono dall’indagine “Un difficile abitare”, realizzata da Caritas italiana, Sicet, Cisl e presentata ieri a Roma.
In Italia la casa è un grosso problema per chi non riesce ad averla e per chi ce l’ha ma non riesce a pagare le spese di affitto, mutuo, condominio, bollette, rischiando sfratti e pignoramenti. Un disagio abitativo più che raddoppiato in pochi anni, complice la crisi economica, diventando uno dei primi fattori di rischio per far scivolare le persone in situazione di povertà. E’ quanto emerge, con dati, considerazioni e proposte, dal rapporto 2015 sul problema casa in Italia “Un difficile abitare”, realizzato da Caritas italiana con il sindacato degli inquilini Sicet, Cisl e presentato oggi a Roma. La ricerca è stata condotta tra aprile e giugno 2014 su un campione di 1000 persone che frequentano i centri di ascolto Caritas e Sicet, in 15 città metropolitane, con proposte e raccomandazioni alle amministrazioni, alle realtà produttive, al terzo settore, alla comunità civile ed ecclesiale. E’ la prima volta che Caritas italiana si cimenta su un tema che riguarda le famiglie cosiddette “normali”, segno che “il diritto all’abitazione sta diventando in Europa il primo diritto negato, ancora prima del diritto al lavoro e alla salute”.
Soddu (Caritas), “dolorosa e scandalosa situazione”. Dal 2006 al 2015 sono aumentate dall’11,6% al 27% le persone con problemi abitativi, ha denunciato mons. Francesco Soddu, direttore di Caritas italiana, precisando che “non è un problema solo italiano: l’80% delle Caritas europee afferma che il diritto alla casa è il più difficilmente esigibile dai poveri”. Il 63% delle persone contattate dalla Caritas, ha ricordato, “pur vivendo in famiglia utilizza mense, docce ed empori solidali perché non riesce a pagare le bollette “. Mons. Soddu ha poi criticato il recente recepimento della direttiva europea che “ha inserito un codicillo nei contratti bancari per cui se non vengono pagate sette rate del mutuo, le banche possono espropriare le case”:
“è una dolorosa e scandalosa situazione. A pagare le spese, in questi anni di crisi, sono sempre i più deboli e indifesi”.
Il direttore Caritas ha poi illustrato l’impegno di 87 Caritas diocesane nel settore abitativo, con sportelli di orientamento, case di accoglienza, co-housing, fondi di garanzia per il sostegno all’affitto e sostegno all’autocostruzione.
La metà del reddito per spese di affitto o mutuo. Circa la metà degli italiani che si rivolgono ai centri di ascolto Caritas e Sicet spendono metà del reddito per le spese di affitto o mutuo e hanno difficoltà a coprire le spese. Vivono spesso in case sovraffollate (il 27,2%), danneggiate (47,3%), con poca luce (20,4%), in zone con problemi di criminalità (45%), mancanza di aree verdi (35,9%) o carenza di trasporti/collegamenti (28,8%). “Stanno emergendo nuove povertà anche tra chi paga il mutuo – ha commentato Walter Nanni, dell’ufficio studi di Caritas italiana, presentando la ricerca -, persone tradizionalmente estranee all’esclusione sociale, non abituate ad interagire con i servizi sociali e gli enti di carità”. Un disagio abitativo che si concretizza anche in provvedimenti esecutivi di sfratto in aumento (+5% rispetto all’anno precedente) e pignoramenti (il 16% degli utenti Caritas), con una situazione di edilizia residenziale pubblica carente (650 mila domande di alloggi). Dal rapporto emerge che l’11,1% di chi vive in affitto è privo di contratto; il 26,6% non riceve nessuna ricevuta; il 32,6% ottiene una ricevuta di importo inferiore alla rata d’affitto. Questo l’identikit delle persone sottoposte a sfratto: tra i 50 e i 64 anni, il 63,8% disoccupati, il 58,6% con famiglie numerose e il 51,9% con minori in famiglia. Di contro Nanni ha denunciato la difficoltà degli italiani ad accedere alle misure di sostegno abitativo: “Il 36% ha avuto problemi”, vale a dire che le misure sono “insufficienti, carenti o poco efficaci”.
Triplicate le famiglie che condividono la casa. Il disagio abitativo non è dato solo dalla difficoltà a trovare un alloggio e a sostenere le spese ingenti per l’affitto o il mutuo: dal 2001 al 2011 sono quasi triplicate le famiglie costrette a condividere un’abitazione (da 236.064 a 695.908), con una crescita pari al 194,8%. L’8,5% abita invece in soluzioni provvisorie come stanze o posti letto. Le famiglie coabitanti – diffuse soprattutto nell’Italia Centrale e nelle regioni del Nord Est – rappresentano il 2,8% del totale delle famiglie in abitazione.
Delrio, “in cinque anni nessun alloggio pubblico sfitto”. “Il 2016 sarà l’anno dell’impegno per la casa come priorità del ministero e l’anno della svolta. In cinque anni non ci sarà più un alloggio pubblico sfitto”. È l’impegno che si è assunto il ministro delle Infrastrutture e Trasporti Graziano Delrio, intervenendo alla presentazione. Delrio ha affermato che “recuperare almeno 7 mila alloggi nel 2016 sarà il minimo. Mi sono dato questo obiettivo in accordo con Comuni e Regioni”. “Se falliremo, anche nei piani di riqualificazione energetica – ha detto – sarà un fallimento di Stato, Regioni e Comuni”. Perciò è necessaria, secondo Delrio “una grande alleanza della politica con i sindacati e le associazioni di volontariato per affrontare l’emergenza abitativa e riconoscere i diritti”. La necessità di un’alleanza è stata ribadita anche dal segretario generale della Cisl Annamaria Furlan, che ha invitato ad una maggiore “attenzione e solerzia sul tema casa”. “In Italia servono case popolari – ha chiosato Guido Piran, segretario generale Sicet – tutto il resto è un palliativo”.
Patrizia Caiffa