Lo Stato indiano del Kerala, nel sud dell’India, è stato colpito nei giorni scorsi da una delle peggiori inondazioni della sua storia. La Chiesa cattolica ha messo a disposizione parrocchie e scuole per accogliere gli sfollati e distribuisce aiuti di emergenza. Ne parla Beppe Pedron, coordinatore regionale di Caritas italiana.
Oltre 400 morti accertati finora e almeno 1 milione di sfollati, molti sono accolti temporaneamente anche in parrocchie e scuole. Lo Stato indiano del Kerala, nel sud dell’India, è stato colpito nei giorni scorsi da una delle peggiori inondazioni della sua storia. Questo bel territorio nella punta occidentale del sub-continente indiano, famoso tra i turisti per le cliniche ayurvediche, la danza katakhali e le “backwaters”, affascinanti canali navigabili tra la vegetazione rigogliosa, ha vissuto quest’anno la tradizionale stagione dei monsoni come una catastrofe. Dei 1.553 villaggi del Kerala, 1.287 sono stati colpiti dalle alluvioni, Almeno 2.000 case completamente distrutte, 9.000 danneggiate, ma interi villaggi sono ancora isolati e “finché l’acqua non defluisce non si potrà fare la conta dei danni reali”. Lo racconta al Sir Beppe Pedron, coordinatore regionale di Caritas italiana per lo Sri Lanka, l’India e il Nepal. Caritas Italiana, che ha lanciato in questi giorni una raccolta fondi per le alluvioni in Kerala, sostiene da oltre dieci anni Caritas India.
E’ vero che le inondazioni di questi giorni hanno avuto una portata mai vista in India?
E’ stata una delle alluvioni più grandi dal 1924, dovuta al fatto che la stagione monsonica è stata particolarmente abbondante ed ha piovuto su un terreno già carico di acqua, poi la cementificazione ha fatto il resto. Un disastro dovuto a fattori ambientali e umani.
Che tipo di aiuti sta prestando Caritas India?
Caritas India presta aiuti con gli interventi classici nelle emergenze: cibo, kit igienici, alloggi per chi non ha casa, acqua potabile e medicine. .
Ora il timore principale è il rischio epidemie a causa delle acque contaminate.
Il governo centrale ha stanziato fondi e inviato medici, un quarto di quanto richiesto dal governo del Kerala. A livello centrale è gestita come una catastrofe seria ma non come emergenza nazionale. La notizia buona è che l’acqua sta retrocedendo e che nei prossimi giorni non ci saranno piogge intense. Una volta che l’acqua abbandonerà i villaggi ci si potrà rendere conto della devastazione e dei danni subiti dalle abitazioni, dalle coltivazioni e dai capi di bestiame morti, che sono la principale fonte di sostentamento per la popolazione.
Si parla di 400 vittime ma si teme che cresceranno…
Le vittime stanno crescendo perché ci sono molti dispersi e tanti villaggi isolati, l’esercito sta paracadutando aiuti dal cielo. Poi aumenteranno a causa delle malattie: le persone già vulnerabili, gli anziani, le vedove, le persone con disabilità, soffriranno più degli altri perché più esposti ai problemi derivanti dall’acqua non potabile, perché i pozzi sono stati contaminati dalle fognature. Il Kerala è tra gli Stati più avanzati dell’India ma siamo sempre in India.Uno dei problemi più urgenti è la mancanza di acqua potabile e di alloggi per la notte. Ora sono stati allestiti dei campi temporanei, anche nelle chiese e nelle parrocchie. Poi quando l’acqua rientrerà si farà valutazione del danno e di quali casa potranno essere riutilizzate e quanti saranno gli sfollati.
Esiste una collaborazione tra le organizzazioni umanitarie cattoliche e induiste?
La collaborazione non è né particolarmente forte, né particolarmente debole. Il Kerala è a maggioranza induista e i cristiani sono circa il 28% tra i tre riti Chiesa cattolica romana, Chiesa siro-malabarese e siro-malankarese e cristiani di altre denominazioni. Ognuno ha delle zone di competenza. La Caritas aiuta chiunque perché la presenza della Chiesa è capillare e può raggiungere tutti i distretti e tutte le popolazioni, soprattutto le persone più ai margini.
Caritas italiana come sta intervenendo a sostegno della popolazione del Kerala?
Siamo in coordinamento con Caritas India e Caritas diocesane locali, e insieme a Caritas internationalis. stiamo cercando di fare una raccolta fondi. Per ora non inviamo un operatore sul posto perché il governo dice di essere autonomo e di non aver bisogno di altre competenze. Certo serviranno molti più soldi di quanto si immagina, perché le famiglie hanno perso le principali fonti di sostentamento e anche il turismo crollerà. Caritas internationalis sta preparando un appello di emergenza, finora sono arrivati fondi da Caritas Germania, Crs (la Caritas degli Stati Uniti) per la prima fase di aiuti nei prossimi tre mesi: cibo, kit igienici, servizi sanitari, supporto psico-sociale.
Patrizia Caiffa