Il Paese vive ancora sotto l’influenza di una figura che l’ha dominata per oltre trent’anni: Suharto. Morto nel 2008, divenne presidente della Repubblica (1968-1998), instaurando un regime autoritario e repressivo. Fu lui, negli anni Ottanta, a cercare legittimazione nell’Islam e quella matrice politica è riemersa prepotentemente dopo la sua caduta.
L’Indonesia – di cui le cronache recenti si sono occupate per il matrimonio della quarta figlia del sultano Hamengkubuwono X, che governa la regione di Yogyakarta, oltre che per l’acquisto della società di calcio Inter, da parte di Erick Tohir, il 43enne imprenditore proprietario di giornali, radio e televisioni – vive ancora sotto l’influenza di una figura che l’ha dominata per oltre trent’anni: Haji Muhammad Soeharto , detto Suharto. Morto nel 2008, divenne presidente della Repubblica (1968-1998), instaurando un regime autoritario e repressivo, che ebbe termine con le sue dimissioni, appoggiate dalla comunità internazionale e avvenute nel 1998.
Chi era Suharto. Suharto venne eletto presidente della Repubblica d’Indonesia nel 1968, dopo la defenestrazione del suo predecessore, Sukarto, che fu privato della carica dipresidente a vita. Aveva scalato il potere da militare, divenendo ufficiale dell’esercito durante l’occupazione giapponese. In seguito, divenne capo di stato maggiore (1965-68), quindi comandante supremo (1968-73) delle forze armate; nell’ottobre del 1965 intervenne per sventare un tentativo di colpo di stato comunista. Divenuto capo effettivo del paese, condusse l’azione anticomunista e risolse il conflitto con la Malaysia con l’accordo del 1º giugno 1966. Da dittatore, Suharto instaurò un clima di repressione e di autoritarismo, suscitando l’opposizione degli studenti, degli intellettuali e degli esponenti dell’ortodossia islamica. La sua politica economica, che aprì fortemente agli investimenti stranieri, da un lato concorse allo sviluppo del paese, dall’altro fu accusata di critiche, interne e della comunità internazionale, rispetto al modo in cui favorì gli esponenti della sua famiglia. Nel maggio 1998, Suharto fu costretto alle dimissioni sia per le proteste studentesche sia in seguito alle pressioni internazionali, in particolare statunitensi. Fu accusato di corruzione e di abuso di potere e nel maggio 2000 fu posto agli arresti domiciliari e rinviato a giudizio. Il processo, in seguito, venne sospeso a causa delle sue critiche condizioni di salute.
L’Indonesia di oggi. Pankay Mishra, uno dei più noti scrittori indiani, ha denunciato di recente, dalle pagine della rivista letteraria inglese “London Review of Books”, la situazione del paese, che da un lato registra un nuovo e formidabile boom economico, dall’altro è ancora fortemente caratterizzato dal connubio tra imprese, Stato e militari. La corruzione, a parere di Mishra, rimane un grosso problema – nonostante gli interventi della commissione per il suo sradicamento, che ha spedito in carcere un bel numero di politici e imprenditori – al pari della islamizzazione del Paese. Negli anni Ottanta, Suharto aveva cercato legittimazione nell’Islam e la matrice politica dell’Islam è riemersa prepotentemente dopo la sua caduta, “tanto che oggi – sostiene Mishra – non sono solo i gruppi esplicitamente musulmani a invocare l’introduzione della sharia. Tutti i partiti sostengono di avere un programma islamico. La vecchia proposta di fare dell’Indonesia uno stato musulmano, considerata bizzarra negli anni Quaranta e Cinquanta, oggi è largamente condivisa (…). La democrazia e la libertà d’espressione non si sono dimostrate una difesa sufficiente contro l’islamizzazione strisciante”. Una delle creazioni che ebbe più successo di Suharto fu la cosiddetta “oligarchia transnazionale”, che ancora detiene un grande potere, tanto che non esiste forza sociale in grado di sconfiggerla