In arrivo un decreto legge destinato a creare nuovi spazi di mercato soprattutto per i produttori di contenuti e per la pubblicità sul mobile. L’obiettivo finale sembra essere quello di rendere più competitivo il mercato italiano nella diffusione di servizi per il web a forte valore aggiunto, come le piattaforme di streaming di contenuti video (cinema, tv e sport).
Il Consiglio dei Ministri si prepara a discutere e a varare un decreto legge sulla banda ultra larga. Già ribattezzato dagli addetti ai lavori, il “decreto Netflix”, il provvedimento conterrà anche alcune importanti novità per gli assetti della tv italiana e delle emittenti locali.
Misure di sostegno. Nella bozza del decreto che ha cominciato a circolare in questi giorni nelle redazioni dei giornali e che dovrà essere discussa in una delle prossime sedute del Consiglio dei Ministri, il capitolo due è dedicato alle “misure per il sostegno all’emittenza radiotelevisiva”. La novità più rilevante sembra essere l’istituzione, a partire del 2016, di uno speciale “Fondo per il pluralismo nell’informazione su reti radiofoniche e televisive locali”. Particolari incentivi dovrebbero essere previsti per “l’uso di tecnologie innovative”. Saranno rivisti, si legge nel testo, anche i tributi per le frequenze mentre tutti i finanziamenti pubblici per la tv saranno gestiti dal Mise. La copertura del decreto legge e della eventuale legge di attuazione (ancora da scrivere) sono attualmente allo studio del Ministero dell’economia e finanza.
Mercato italiano più competitivo. Lo sviluppo della banda larga in Italia (capitolo 1 della bozza), secondo le intenzioni del governo, potrà contare su crediti di imposta per gli interventi infrastrutturali, sui voucher per gli utenti e su uno speciale “fondo per il finanziamento degli investimenti finalizzati alla diffusione della banda ultra larga”. L’obiettivo finale dell’esecutivo sembra essere quello di rendere più competitivo il mercato italiano nella diffusione di servizi per il web a forte valore aggiunto, come le piattaforme di streaming di contenuti video (cinema, tv e sport). Non è un caso, quindi, che solo dopo che questa bozza aveva cominciato a circolare negli ambienti degli addetti ai lavori, la società americana “Netflix” (una invidiabile posizione dominante nel mercato internazionale dello streaming video e nella produzione con serie di successo come “House of Cards”, molto amata anche dallo stesso presidente Renzi), abbia deciso di sciogliere le proprie riserve e di annunciare pubblicamente lo “sbarco” in Italia a partire da ottobre.
Il ruolo delle Regioni. Anche gli enti regionali, si legge nella bozza, dovranno contribuire “all’attuazione del Piano Strategico Banda Ultra Larga mediante l’utilizzo delle risorse della programmazione comunitaria 2014-2020, sulla base di apposite convenzioni stipulate con il Ministero dello sviluppo economico, nel rispetto della normativa comunitaria”. Nel documento provvisorio si parla anche di esonero dall’obbligo della “autorizzazione paesaggistica per “l’installazione o la modifica di impianti delle reti di comunicazione elettronica e di impianti radioelettrici”. La “posa, l’adeguamento o la sostituzione di cavi in fibra ottica su impianti elettrici aerei” non necessiterà di alcuna autorizzazione.
Cambia l’industria dei contenuti. La natura del provvedimento che è allo studio del Governo è uno dei risultati della situazione di fatto che si è venuta a creare in Italia a seguito dell’evoluzione dei modelli di business internazionali dell’industria dei contenuti. A guardare solo il mercato degli Usa, per esempio, ci sono i dati di una nuova ricerca di Pwc che ha abbassato le stime di crescita del mercato pubblicitario della tv tradizionale. Nelle previsioni del 2014, la crescita era fissata intorno al 5.5% annuo nei prossimi cinque anni. Adesso ci hanno ripensato e la stima è scesa al 4%. Le entrate pubblicitarie delle piattaforme come Netflix, che vengono ancora definite “homevideo”, cresceranno invece del 15% nei prossimi cinque anni. Non solo: la piccola pubblicità sui cellulari aumenterà del 25% a discapito dei banner sul web e il sorpasso nel mercato globale (in Usa è già avvenuto nel 2014) è programmato per i prossimi 5 anni.
Rino Farda