C’è una nuova categoria nella quale è diviso il mondo: gli intercettati e quelli che no, gli spiati e quelli che no. Le cronache sono piene di intercettazioni telefoniche e mail imbarazzanti per chi è coinvolto, sia che si tratti di personaggi pubblici sia di persone che emergono all’improvviso dall’anonimato. Una volta che il ventilatore si è messo in moto, è praticamente impossibile fermare il meccanismo perverso del moderno passaparola. La Rete è stracolma di falsità e di autentiche balle spaziali, ma chi ha l’autorità per separare il vero dal falso? Ormai si vive nell’angoscia che da qualche parte e da un momento all’altro spunti un’accusa infamante dalla quale difendersi. Falsità si aggiungono a falsità che seminano smarrimento in chi le subisce, sconcerto nell’opinione pubblica meno smaliziata, sfiducia nella possibilità di approdare a una qualche verità, sia pubblica sia privata.
Se poi aggiungiamo che c’è chi viene profumatamente pagato per spiare e non si sa per quale ragione recondita tutto venga spiattellato, allora le domande si moltiplicano. Anche perché le tecnologie dello spionaggio sono molto più avanti di qualunque sprovveduto e ingenuo cittadino. Quante volte, anche nelle nostre riunioni di redazione, quando scappa di esprimere un giudizio avventato, ci si fa metaforicamente perdonare dal maresciallo in ascolto, magari chiarendo che non volevamo dire questo bensì quell’altro… Il confine, lo sappiamo, fra la critica e la maldicenza è sottilissimo. Ma così non si può vivere. O almeno non si dovrebbe.
Non possiamo neppure dare buoni consigli. Dovremmo tacere sempre per paura di dire una frase mal interpretabile. L’unica cosa che possiamo suggerire a noi stessi è questa: pensare il bene e sperare di riuscire ad esprimerlo con gesti e parole coerenti. Non sappiamo dare altri suggerimenti, anche perché chi può affermare con sicurezza assoluta di non essere spiato o intercettato?