In una società che rappresenta a pieno le leggi della globalizzazione e trova sfogo nella comunicazione continua ed attiva, la propagazione di elementi falsi e goliardici è all’ordine del giorno.
Stiamo parlando, più specificatamente, delle famosissime bufale: notizie di vario stampo, create senza un vero fine specifico o, nella maggioranza dei casi ad oggi studiati, alla ricerca di un reale business del falso.
Infatti, attorno alla bufala si è innestato un circolo vizioso da cui dipende l’attività economica di un ingente numero di persone.
Esistono interi siti, sulla rete, contenenti solo delle “fake news”, così come vengono chiamate nel gergo dagli esperti studiosi di questo sistema finanziario.
Secondo gli studi di queste personalità, le aziende e i proprietari che tengono le redini del traffico di notizie false si arricchiscono grazie al maggior numero di visualizzazioni e condivisioni, avendo la sicurezza di possedere un esercito virtuale e popolare che si fa abbindolare.
Questo substrato collettivo, ancor prima di attestare la veridicità della fonte, diffonde la notizia facendola girare a tempo di record per tutto il globo.
«Multa di 2500 euro per chi insulta ingiuriosamente Renzi online», «La CIA rilascia dossier segreti sugli Ufo, clicca qui per scoprirli in anteprima assoluta». Questi sono solo due esempi, due modelli di quelle notizie, chiaramente senza fondamenti reali, che inducono un lettore disinformato a mostrare interesse verso dichiarazioni inverosimili.
Con questo articolo non vogliamo fare di tutta l’erba un fascio o creare degli inutili allarmismi supponendo una probabile teoria del complotto, ma è anche oggettivamente veritiero affermare che esista un interesse economico alla base di tutto questo, che potrebbe essere aggirato solo con l’uso moderato della ragione e dell’intelletto da parte dell’utente.
Gianluca Cuscunà
Emilia Marotta
(gli autori di quest’articolo sono studenti del Liceo Classico “Gulli e Pennisi” di Acireale in alternanza scuola – lavoro a “La Voce dell’Jonio”)