Sembrava un tema chiuso in modo definitivo ormai tre anni fa con la bocciatura da parte del Parlamento europeo, ora invece il rapporto approvato dall’Europa nelle scorse settimane rimette tutto in gioco e riesuma l’Anti-Counterfeiting Trade Agreement (Acta), il trattato globale nato per porre un freno alla contraffazione e alla violazione del copyright on-line.
Il negoziato internazionale per la stipula dell’accordo commerciale plurilaterale, dedicato alla protezione della proprietà intellettuale in tutte le sue forme, si è aperto nel 2007. Una negoziazione che ha coinvolto oltre 40 nazioni, le principali multinazionali del settore (eBay, Google Inc., Intel, News Corporation, Sony, Time Warner e Verizon) e diverse associazioni (Mpaa, Riaa). Obiettivo: uniformare le leggi internazionali che regolano la proprietà intellettuale, in modo da poter disporre di metodi più efficaci per contrastare la pirateria e la contraffazione on-line.
L’Europa era seduta al tavolo delle trattative dal 2009: la Commissione europea partecipava ai negoziati in forza di un mandato del Consiglio, ma senza informare il Parlamento del Vecchio Continente che, nel 2010, vota una decisione con la quale chiede formalmente maggiore trasparenza sulle trattative. Nel gennaio 2012 a Tokyo, la Ue firma il trattato avviando così le procedure di adesione da parte dei singoli Stati Membri, ma il percorso è subito in salita. Il primo colpo arriva da Kader Arif, parlamentare europeo relatore del documento nel Parlamento europeo, che si dimette il giorno successivo alla ratifica. Poi è la volta dei Governi: i primi a sfilarsi sono i polacchi, seguiti da Repubblica Ceca e Germania. La Commissione prova a giocare la carta della Corte di Giustizia (per valutare “tutti gli aspetti dei diritti fondamentali”), ma la proposta dell’allora Commissario Karel de Gucht di coinvolgere la Corte è subito bocciata dalla Commissione europea per il Commercio Internazionale. La palla, o meglio la patata bollente, passa così in mano al Parlamento Ue che nel luglio dello stesso anno boccia definitivamente l’Acta. Con 478 voti contrari, 39 favorevoli e 165 astenuti: un esito scontato dato che l’European Data Protection Supervisor (l’Edps, il Garante della Privacy europeo) si era schierato apertamente contro e ben quattro commissioni dell’Europarlamento avevano già dato parere contrario.
Ora il nuovo rapporto sulla Strategia in merito ai diritti di proprietà intellettuale negli accordi con paesi extra-Ue chiede alla Commissione di legiferare nuovamente sulla materia, e lo fa esplicitando tra i riferimenti, come punto di partenza, proprio l’Acta. A punto-informatico.it l’europarlamentare del Pd Alessia Mosca, relatrice del testo, spiega così la decisione: “Acta era un accordo migliorabile, ma non pessimo, che sicuramente ha risentito della enorme attenzione mediatica di cui è stato al centro. La situazione di Acta che, ripeto, non era un accordo perfetto, mi inizia a ricordare con preoccupazione quella del Ttip [il Transatlantic Trade and Investment Partnership che sta suscitando molte polemiche, ndr]”. La Relazione “sottolinea che la natura commerciale di numerose violazioni dei DPI e il crescente coinvolgimento della criminalità organizzata in questo tipo di violazione sono diventati un problema di primaria importanza”, per questo motivo il Parlamento Ue si è espresso in modo netto: 521 voti favorevoli, 164 contrari e 17 astensioni. Una posizione tanto chiara, quanto lo era stata quella del 2012 in senso opposto. Ora la palla torna di nuovo in mano alla Commissione europea.
Antonio Rita