Intervista ai “sacerdoti secolari” / Don Umberto Di Prima: “L’umiltà e la sofferenza sono stati il mio successo”

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L’allegria è l’ingrediente principale nel composto della salute (Arthur Murphy). Lo sa bene Don Umberto Di Prima, classe 1938, terzo “sacerdote secolare” da noi intervistato per Don Umberto Di Prima 2l’omonima rubrica. E l’allegria, sorretta da un senso “alto” all’umiltà, è l’ingrediente con cui Don Umberto ha sopperito, pur non essendo facile, le lunghe sofferenze provate sin dalla giovane età. Durante il nostro colloquio ha avuto modo di affermare, con grande serenità, che “questa è la strada indicata da Dio, quella dell’umiltà e della sofferenza, piuttosto che quella del successo”. Don Umberto nasce nel quartiere Spoligni (oggi appartenente a Zafferana Etnea) il 4 novembre del 1938. Il quartiere allora apparteneva al “novello” comune di Santa Venerina e la sua chiesetta, intitolata alla Madonna del Buon Consiglio, accoglieva tanti fedeli dai quartieri limitrofi, a cavallo tra le parrocchie di Zafferana e Monacella. La sua ordinazione è avvenuta sotto il Vescovo mons. Bacile, precisamente l’11 agosto del 1963, nella Chiesa di S. Lucia di Aci Catena, e con lui in quella santa occasione vennero ordinati altri sacerdoti cari alla nostra diocesi, come mons. Alfio Scuto, don Nome Adamantino e don Giuseppe Russo. Suo padre spirituale fu il benemerito e lungimirante mons. Michele Cosentino, che a tratti don Umberto definisce “come un padre”. Si è trattato di un colloquio più che di un’intervista, con un interlocutore preparato, sereno, allegro e di grande umiltà.

Padre Umberto, ci racconti come è nata la sua vocazione sacerdotale.

“Sono contento di essere sacerdote. La mia vocazione è sbocciata nell’ambito della mia famiglia, dalla quale mi è stata trasmessa la fede e la moralità. All’età di due anni sono stato orfano di padre, mia madre e mio fratello dovevano badare alla campagna e mia sorella adolescente badava alla mia crescita fisica e spirituale; mi insegnava a pregare ed io bambino quando la sera mi faceva recitare le preghiere mi commuovevo, forse sperimentavo l’incontro con il Signore. La sera dopo la cena si recitava il Santo Rosario alla luce del lume a petrolio. La Domenica tutti si andava alla S. Messa nella chiesetta della Madonna del Buon Consiglio di Spoligni e nelle feste importanti nella Chiesa Madre di Zafferana Etnea. Nel battesimo ebbi come madrina  mia sorella Maria mentre per la cresima Padre Salvatore Russo di Zafferana. Questo sacerdote consigliò a mia madre di farmi frequentare il Piccolo Seminario di Biancavilla per la quarta e quinta elementare per ricevere una buona educazione. Là imparai tante cose anche se rimanevo lontano dalla famiglia. Quanto entusiasmo mi comunicavano i novelli sacerdoti che venivano a parlare a tutti i ragazzi del Piccolo Seminario. In prima media entrai nel Seminario di Acireale; mio padrino sacerdote desiderava che entrassi in quello di Catania. Passai gli anni nel Seminario di Acireale ma la mia salute era già assai delicata! Sento tanta riconoscenza per i superiori e per gli insegnanti. Ricordo il mio compagno di studi Italo Spada che organizzava dei momenti ricreativi a Carnevale e i teatri durante l’estate a S. Maria Ammalati. Ricordo con affetto il mio Padre spirituale mons. Michele Cosentino che mi seguiva nel Seminario e poi durante il mio sacerdozio, mi aiutava come un padre anche nei miei problemi di salute fisica”

Appena ordinato, quali sono stati i suoi impegni pastorali?

“Ordinato sacerdote il Vescovo mons. Russo mi ha inviato a Cannizzaro: mi disse “tu abiti in montagna e io ti mando a mare”, e la mia destinazione fu quindi Cannizzaro. Là rimasi per quindici anni fino alla morte del parroco P. Carmelo Barbagallo, nel 1978. A Cannizzaro ho goduto l’affetto del parroco e dei parrocchiani. Poi sono stato a Monacella fino quasi al 50° di sacerdozio, nel 2013. Durante questi anni ho cercato di avvicinare le persone al Signore interessando tutti i quartieri appartenenti a Monacella, di avvicinare gli anziani e gli ammalati, specialmente quelli in gravi condizioni di salute; anche i bambini nelle scuole di campagna, che poi sono state abolite. Per una catechesi diversa chiamavo in occasione delle feste altri sacerdoti per un maggiore arricchimento spirituale dei fedeli.”

Dove e come ha sperimentato la fraternità sacerdotale? Don Umberto Di Prima 1

“Ciò che mi è stato utile nel crescere nell’amore alla Parola di Dio e nella fraternità sacerdotale sono state le comunità neocatecumenali, i Focolarini e i tanti incontri vicariali diocesani. Perché Gesù Cristo non si incontra nei Sacramenti se non si incontra nell’amore verso il prossimo, specialmente tra i sacerdoti. Per motivi di salute mi sono ritirato nel 2012 da parroco; ora passo le mie giornate nella preghiera e celebro la S. Messa la domenica alle 9 nella chiesetta di Spoligni.”

Quali sono le persone a cui si sente particolarmente grato?

“Il primo è il mio affettuoso amico Italo Spada, che nel 50° del mio sacerdozio è venuto a Monacella da Roma per partecipare alla mia festa. inoltre mi ha aiutato quando fui ricoverato al Gemelli. Devo anche ricordare il card. Paolo Romeo e mons. Vescovo Pio Vigo per il loro fraterno interessamento per il mio ricovero al Policlinico Gemelli nel 2005.”

Qual’ è la figura o il brano evangelico a cui si sente legato profondamente?

“Io penso che il Signore abbia voluto che io intraprendessi la strada dell’umiltà, della sofferenza, della povertà, piuttosto che quella del successo e della carriera. In questa strada indicatami da Dio io sono stato come un servo fedele alla volontà del Cielo. Mi ha accompagnato lungo la mia vita sacerdotale, e tutt’ora, il passo di Matteo: “Non accumulare tesori sulla terra, ma nel cielo, perché là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore.” (Mt 6,19-20)

Padre Umberto, cosa vuol dire alle “pecorelle smarrite” di questo tempo?

“Di affidarsi ciecamente a Cristo. I problemi distruggono le persone, li rendono schiavi; e allora bisogna guardare a Gesù, specialmente a un Gesù che cammina tra le acque dinanzi allo stupore di Pietro e dei discepoli e convincerci che se guardiamo a Gesù non affondiamo e non perdiamo la gioia.”

 Domenico Strano

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