Diocesi / Don Agostino Russo, nuovo vicario: “In sintonia col vescovo a servizio della comunità”

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Don Agostino Russo è il nuovo Vicario Generale della Diocesi di Acireale. Prende il posto di don Giovanni Mammino al quale è stato affidato l’incarico di Rettore del Seminario Vescovile di Acireale. Così ha deciso il Vescovo mons. Antonino Raspanti lo scorso mese.

Don Agostino Russo è nato ad Acireale l’8 agosto 1952 ed è stato ordinato presbitero il 27 settembre 1986 dal vescovo Giuseppe Malandrino. Nel 1990 è stato nominato parroco della comunità parrocchiale Santa Venera di Santa Venerina e nel 2001 anche della parrocchia Maria SS. Immacolata di Dagala del Re. E’ stato membro del Collegio dei Consultori, della Commissione per gli Ordini e i Ministeri e Assistente Diocesano dell’Azione Cattolica Ragazzi. Dal 2006 era arciprete parroco della Basilica parrocchiale San Pietro di Riposto. Ha ricoperto anche il ruolo di Vicario foraneo per il IV vicariato.

Per cominciare, chi è Agostino Russo come persona e come è nata la sua vocazione?

Sono un sacerdote che questo mese compirà 36 anni di sacerdozio. La mia è una vocazione adulta, sono entrato in seminario a 28 anni dopo aver fatto anche l’esperienza del militare. Ho iniziato un cammino di ricerca con l’aiuto di un padre spirituale. Il sacerdote che mi ha seguito ha avuto il grande merito di far maturare la mia vocazione senza mai dirmi di diventare prete. Il mio cammino di ricerca è durato un paio di anni e ad un certo punto il Signore mi ha fatto capire in modo misterioso quale progetto aveva per me.

intervista don agostino russoCosa vuol dire per Lei essere sacerdote?

Per me essere sacerdote significa innanzitutto spendere la mia vita per gli altri. Essere sacerdote vuol dire essere innamorato di Gesù Cristo. Vuol dire compenetrarsi, avere quell’atteggiamento di empatia, vivere i problemi degli altri. Nelle parrocchie spesso mi capitava di gioire con chi gioiva, piangere con chi piangeva, soffrire con chi soffriva. Penso che questo atteggiamento di condivisione che ci viene insegnato anche da Paolo nelle sue lettere sia il segno distintivo di ogni cuore sacerdotale.

Lei che è figlio del Concilio, quali differenze nota tra l’essere sacerdote ieri e oggi?

Da quando sono sacerdote, sono entrato nella mentalità post-conciliare. Quando ero ragazzino non ero molto vicino alla vita della Chiesa. Mi sono avvicinato all’età di circa 20 anni e quindi già vivevo la condizione del post Concilio. Ho notato man mano una differenza. Il sacerdote oggi deve essere più vicino alla gente. Anche io mi sento più vicino alla gente. Posso raccontare un’esperienza vissuta quando ero parroco a Santa Venerina: il terremoto del 2002. E’ stato un periodo altamente drammatico e noi sacerdoti siamo stati molto vicini a tutta la comunità.

don agostino russo ripostoChe ricordi conserva delle comunità parrocchiali nelle quali ha svolto il suo ministero?

A Riposto ho vissuto 16 anni molto belli. Abbiamo fatto per ben due volte la Settimana Biblica che ricordo con molta gioia. Quando sono arrivato in questa parrocchia c’era un signore che voleva far mettere nel prospetto della chiesa le statue degli apostoli. Abbiamo iniziato questa avventura e nel 2010 l’abbiamo portata a termine. Io ho sostenuto subito questa iniziativa perché il progettista della Basilica di San Pietro a Riposto si è ispirato, nel costruire la chiesa, alla Basilica di San Giovanni in Laterano, a Roma. Un’altra cosa che ricordo volentieri del mio periodo vissuto a Riposto è la frequenza delle confessioni. Io, grazie a Dio, ho sempre seguito molte persone come guida spirituale e il Signore mi ha dato la grazia di confessare quasi ogni giorno.

Quando ci fu l’esperienza del Giubileo, mons. Cristina ci consigliò di dedicare un giorno alle confessioni. Mi sono reso conto che la gente magari non chiedeva ma ne aveva bisogno. Ricordo ancora la Rappresentazione Sacra, il mettere in scena le ultime ore della vita del Cristo, fatta fino al 2019. Rappresentazione che coinvolgeva tutti, giovani e adulti. Non partecipavano solo i giovani della mia parrocchia, ma anche quelli delle altre parrocchie presenti a Riposto. Altri momenti che ricordo con piacere sono i campi-scuola a Santa Venerina e la Lectio Divina, molto partecipata e sospesa solamente nel periodo estivo.

Esiste una realtà giovanile nelle parrocchie dove ha svolto il suo servizio?

A Santa Venerina, negli anni in cui sono stato parroco, c’era una discreta partecipazione di giovani alla vita della chiesa e dell’Azione Cattolica. Ultimamente i giovani sono molto diminuiti; una parte di colpa, ma non l’unica, è dovuta alla pandemia. Abbiamo perso tanti ragazzi, ma questa non vuole essere una giustificazione; vuol dire che la pandemia c’era già da prima, una pandemia della fede. Quindi in questo momento è proprio la realtà giovanile quella che ha bisogno di incrementarsi. Anche a Dagala man mano è nata l’Azione Cattolica e a Riposto c’è sempre stata. Una realtà molto bella è anche quella dei ministranti.

Esistono delle sconfitte nel ministero del sacerdozio? Ne ha vissuta qualcuna?

Non voglio essere presuntuoso ma la gioia di vivere il sacerdozio non mi ha fatto sperimentare l’insuccesso. Ci sono situazioni che magari col senno di poi avrei affrontato diversamente, iniziative dove mi aspettavo una maggiore partecipazione e un maggior coinvolgimento ma queste sono le amarezze di ogni parroco. Sconfitte vere e proprie non ne ho vissute. Questa domanda adesso mi porta a riflettere di più sul mio operato ma anche dalle sconfitte si impara.

Quando ha ricevuto la chiamata del Vescovo, si aspettava un incarico di così alto prestigio?

Assolutamente no. Anche perché a 70 anni, non che mi senta vecchio, non pensavo proprio di ricevere un incarico del genere. Sono molto grato al Vescovo per la stima che ripone in me ma non me lo aspettavo, perché ritengo che il compito del Vicario sia un compito molto delicato e arduo, non è per nulla semplice. E’ un impegno di piena collaborazione con il Vescovo.

Il Vescovo le ha dato delle linee-guida da seguire per svolgere questo nuovo servizio?

Il Vescovo mi ha detto che tutte le vicende che fanno capo a lui devo seguirle anch’io: questa è la linea-guida principale. Quindi piena e totale collaborazione con il Vescovo. Il Vicario non può prendere altri impegni se non quelli che prende il Vescovo.

Cosa significa per Lei essere Vicario generale della Diocesi di Acireale?

Essere Vicario generale della Diocesi di Acireale credo che significhi mettersi a disposizione di tutta la comunità diocesana, innanzitutto del Vescovo. Vuol dire prendersi cura di tutto ciò che Lui segue nell’ambito della Diocesi, nel rapporto con i parroci e di conseguenza con le varie realtà parrocchiali.

Un messaggio che vuole dare a tutta la Diocesi di Acireale?

Fare tesoro dell’esperienza del cammino sinodale. E’ un’occasione che probabilmente non si ripeterà più. Perché veramente la chiesa possa essere secondo il desiderio di papa Francesco, e cioè una chiesa in uscita, dobbiamo camminare insieme.

Maria Catena Sorbello