Il 12 marzo scorso è ricorso il XX anniversario della dipartita del prof. don Giuseppe Cristaldi. Per l’occasione è stato indetto in Cattedrale, ad Acireale, un incontro pubblico dal titolo “Credere pensando”. In tale occasione abbiamo avuto modo di intervistare due protagonisti dell’incontro commemorativo, don Antonino Franco e il prof. Giuseppe Rossi.
Don Antonino, chi era per lei don Giuseppe Cristaldi?
Per me don Giuseppe Cristaldi è stato un maestro di vita e un maestro di cultura, perché è stato mio insegnante all’Università Cattolica. Io ho fatto la tesi di laurea con lui. Ma non è solo questo: avevamo intessuto un bellissimo rapporto, anche perché lavoravo in quegli anni come assistente spirituale alla facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università cattolica. Avevamo un colloquio quotidiano e spesso pranzavamo insieme. Poi lui mi comunicava la sua attenzione per la cultura, per la letteratura, per il teatro, ma anche per la vita spirituale.
Perché padre Cristaldi può essere considerato uno dei grandi della cultura? Qual era il proprium del suo pensiero?
Utilizzare tutte le risorse dell’intelligenza per comprendere la fede. La fede che si comprende non è mero esercizio intellettuale, ma coinvolge l’amore che diventa poi testimonianza nella storia.
Dunque si tratta di un pensiero abbastanza attuale…
Senz’altro.
È possibile ancora oggi esercitare una carità intellettuale come quella di Cristaldi?
Non è possibile, è necessario. “Carità” significa che quando si indagano le cose della vita e le verità di fede si produce un senso della vita come testimonianza di questi valori. Questa è Carità, perché l’Amore di Dio non resti chiuso entro il perimetro del tempio.
Padre Cristaldi è stato un grande esegeta ed interprete di Rosmini e Newman. Che cosa ha messo in luce di questi due grandi della storia della teologia?
Di Rosmini la ricerca Teologica, intesa come tentativo di mettere insieme Teologia e Filosofia, Fede e Ragione. Per quel che riguarda Newman, mi viene in mente un episodio: una volta ho partecipato ad un convegno alle porte di Parigi, a Chantilly, su Newman. Lì un professore che veniva da Oxford affermò che Cristaldi era uno dei più grandi conoscitori di Newman. Ad ogni modo, Cristaldi, riguardo questo autore, ha messo in luce una cosa molto bella, il cosiddetto “senso illativo”: ognuno porta dentro di sé come una domanda nascosta, intima di Dio, che porta l’uomo semplice ad accostarsi come primo passo alle verità di fede.
Qual è l’episodio che ricorda con più affetto nel suo rapporto con padre Cristaldi?
Tantissime cose ci sarebbero. Una cosa bella che ricordo con affetto è che andavamo insieme a teatro; all’uscita mi raccontava qual era la sua idea dell’opera che avevamo visto, me la spiegava e condividevamo un tè. Ora, il bere il tè era marginale. La cosa veramente bella era il tentativo di fare una sintesi della giornata che avevamo vissuto insieme, guardando l’opera teatrale.
Professor Rossi, passiamo a lei. Quale rapporto aveva con don Giuseppe Cristaldi?
Padre Cristaldi è stato per me un maestro, non soltanto dal punto di vista intellettuale, ma anche e soprattutto da un punto di vista spirituale, perché mi ha aiutato a capire che la fede ha bisogno di una ricerca teologica e che, dal canto suo, la teologia è insufficiente se non c’è un’adesione all’Amore di Cristo.
Durante la sua relazione ha accennato al rapporto cristianesimo-cultura nell’opera di padre Cristaldi. Oggi, alla luce del pensiero di questo grande, come può essere affrontata tale relazione?
Una delle opere principali di Cristaldi è stata “Contemporaneità di Cristo”, in cui il concetto di contemporaneità si riferiva ad un atteggiamento di fiducia nei confronti della cultura contemporanea: vi sono dei segni di verità che possono essere celati nella cultura del proprio tempo, superando quegli elementi che non riconoscono non solo il cristianesimo, ma più in generale, l’esigenza religiosa dell’uomo.
Può raccontare qualche aneddoto che ricordi padre Cristaldi?
Sono stato, insieme a padre Cristaldi, sulle orme di Newman. Lui era studioso del cardinale Newman e voleva visitare i luoghi nei quali questi era vissuto. Abbiamo fatto insieme un viaggio in Inghilterra, nel quale abbiamo visitato Oxford, Littlemore (luogo della conversione), l’Oratorio di Londra. Siamo stati anche in Sicilia, ad Enna, luogo nel quale Newman era venuto in viaggio quando era giovane. Durante queste esperienze ho avuto modo di conoscerlo più da vicino perché pregavamo insieme, partecipavo alla Messa da lui presieduta, parlavamo molto; ho avuto modo di raccontargli i miei dubbi, le mie difficoltà e lui ascoltava di buon grado, dando consigli utili.
A proposito di preghiera. Può descriverci quale importanza avesse questa nel percorso di vita di Cristaldi?
Io credo che lui la avvertisse come un’esigenza di fedeltà alla Chiesa. Anche quando recitavamo la liturgia delle ore lui confessava che alcune volte, dovendo pregare il breviario alla sera tardi, questa diventava una difficoltà da superare. Ma lui riteneva che quello era il momento in cui poteva esprimere meglio la promessa di aderire al Signore e alla Chiesa che aveva fatto tanti anni prima. Questo non l’ho mai dimenticato.
Francesco Pio Leonardi