Intervista / Don Bonanno: cura e paura in pandemia da covid19

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E’ l’11 marzo del 2020 quando il coronavirus irrompe nelle nostre vite e l’Organizzazione Mondiale della Sanità dichiara che la diffusione del Sars coV2 ha raggiunto dimensioni planetarie: da quel momento si cominciano a fare i conti con la pandemia da  covid19, con la paura e con il desiderio di trovare una cura.

La pandemia da covid19 / l’emergenza tra la paura e il desiderio di cura 

Iniziano così ad alternarsi comunicati e indicazioni su come affrontare l’emergenza, obbligando all’uso di igienizzanti, mascherine, guanti ed a ridurre i contatti fisici. Nel giro di poco quella che all’inizio sembra una situazione sopravvalutata porta alla divisione in “zone colorate” a seconda dei numeri del contagio e soprattutto porta all’invito a non uscire di casa se non per motivazioni strettamente necessarie. Il covid19 in pochi mesi tiene letteralmente sotto scacco il mondo intero. L’emergenza sanitaria ci riporta in uno scenario da film, in cui sembra di essere sopravvissuti ad un’apocalisse se non addirittura di starne vivendo una.

covid19 virusLa pandemia da covid19 / la reazione del mondo 

Il mondo si spegne, poi prova a reagire e inizia a cantare dalle finestre, dipinge lenzuola sulle quali scrive che andrà tutto bene e cerca di distrarsi dal panico e dalla noia. Intanto il tempo pare fermarsi, la natura riprendersi la terra, l’uomo perdersi nella paura più grande: il rischio di morire. Mentre i contagiati “positivi” aumentano e gli ospedali rischiano il collasso, mentre giovani infermieri si spendono fino allo stremo e i dottori cercano di salvare quante più vite possibili, ci sono luoghi in cui il coronavirus fa ancora più paura: le case di riposo e di cura per anziani.

La pandemia da covid19 / saper bilanciare paura e cura diventa arte effimera per vivere il quotidiano 

don gianpaolo bonanno oasiLì dove l’anelito della morte è compagno di viaggio insito nella stessa natura del luogo è ancora più difficile vivere una pandemia, sentendosi schiacciare dal senso di responsabilità verso quegli uomini indifesi che abitano le stanze delle strutture. Di responsabilità e paura, ma anche di coraggio e forza abbiamo parlato con Don Gianpaolo Bonanno, direttore dell’O.A.S.I. di Aci Sant’Antonio.

Già agli inizi di marzo si è compreso che il coronavirus era un problema serio e che la pandemia non era più solo qualcosa di distante e sentito alla tv. Che cosa le suscita ripercorrere i ricordi di quei mesi difficili?

In un tempo in cui il Covid sembra un ricordo lontano tornare a parlare di cosa esso abbia comportato e significato all’interno di una struttura grande ed importante come l’O.A.S.I. “Maria SS. Assunta” (Opera Assistenziale Sacerdotale Interdiocesana) – significativa, tra l’altro, per l’elevato numero di ospiti residenti, sacerdoti e laici – suscita emozioni diverse e a volte addirittura tra loro contrastanti.

Com’è stato vivere un’emergenza sanitaria avendo la responsabilità di ospiti non piu’ in giovane età?

Non è stato facile per nessuno attraversare l’emergenza sanitaria mondiale, gestirla e viverla col personale carico di responsabilità affidata. Tanto più affrontarla nella consapevolezza di avere a che fare con persone anziane, quei soggetti detti “fragili” per l’età o particolari condizioni di salute.

Come avete affrontato la gestione della pandemia nel vostro centro?

L’immediata e necessaria prontezza nel seguire e mettere in atto tutte le misure di prevenzione e di buon senso, indicatici dai rispettivi organi di Governo (nazionale ed ecclesiale), nonché la collaborazione di tutti e la buona volontà di ciascuno, ci ha permesso di fronteggiare con ottimi risultati la Pandemia. Avevamo ovviamente un velo di “paura” per quello che stava drasticamente accadendo attorno a noi, ma abbiamo lavorato affinché ai nostri ospiti arrivassero invece solo messaggi incoraggianti.

Come si fronteggia la paura, in questi casi?ospiti oasi acisantantonio pandemia covid19

Al di là di aver operato secondo le indicazioni fornite, abbiamo offerto uno sguardo di speranza nell’accompagnamento di ciò che si stava vivendo. E’ stato questo l’obiettivo principale: il “porsi accanto” a chi stava vivendo momenti di “paura” per l’incapacità di comprendere ciò che stava realmente accadendo.

La “distanza forzata” dal contatto fisico con i propri cari e una realtà che improvvisamente si maschera di tute bianche, mascherine e “lontananze”. Quel silenzio assordante nelle strade rotto solo dal suono di numerose sirene di ambulanza che ti fanno presagire che qualcuno sta lottando tra la vita e la morte. E poi ancora l’ansia di chi e’ costretto, nonostante tutto, a stare in prima linea col rischio di essere contagiato. Il covid è stato come un prisma, con numerose sfaccettature a volte incomprensibili soprattutto per persone di una certa età. Farsi prossimo e porsi accanto è stato l’elemento discriminante e qualificante di questa nuova “esperienza” di vita.

Porsi accanto” e mantenere le distanze sembrano un ossimoro che però è fondamentale nel racconto del vostro vissuto, vero?

Il “porsi accanto” credo sia stato uno dei modi più necessari ed evangelici che ci siamo sforzati di vivere. Rincuorati ed incoraggiati sempre da una preghiera da cui abbiamo percepito una forza “mondiale”. L’Eucaristia, celebrata a debita “distanza” l’uno dall’altro, ha rafforzato sempre più il nostro essere in comunione. Ci siamo sentiti forse più fragili fisicamente, ma decisamente più compagni di cammino verso l’unica meta.

Cosa vi ha aiutato ad andare avanti, nonostante i momenti di inevitabile sconforto che si sono susseguiti?

Guardare avanti è stato aprirsi ancora una volta al trascendente, riponendo in Lui la nostra vita carica di tante domande e tanti perché. E’ stato un modo per continuare a colmare di vita un tempo che ha minacciato la vita stessa. Ecco, con questo sguardo al Cielo, abbiamo cercato di trovare un senso nell’esperienza che abbiamo attraversato e forse nella stessa vita. Una Presenza che ci permette di aprirci a quella Speranza che non lascia mai delusi, ma che si prende cura di noi.

pandemia covid19 andrà tutto beneAndrà tutto bene”, leggevamo su numerose lenzuola appese ai balconi delle nostre città. Purtroppo per qualcuno non è andata bene per nulla. E ne siamo consapevoli e addolorati. La vita ha i suoi misteri, l’uomo compie i suoi errori. Noi continuiamo a sperare che è possibile un avvenire ricco di senso e di desiderio. Per questo continuiamo ad aggrapparci a Colui nel quale e dal quale cerchiamo forza e consolazione.

Chiara Costanzo

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