Solidarietà e mai più soli sembrano due concetti estremamente in contrasto al giorno d’oggi, soprattutto se confrontati con i dati sulla povertà in Italia. L’Istat ha reso noto che poco più di 2,18 milioni di famiglie italiane sono in condizione di povertà assoluta, circa l’8,3% della popolazione. A questo dato si affianca il 9,7% individuale, cioè coloro che non avendo una famiglia si trovano comunque in situazione di indigenza. Questi dati sono emersi già dal rapporto Ocse che nel luglio del 2023 aveva ben delineato lo scenario creato dall’aumento dell’inflazione e la debolezza dei salari. In questo contesto storico è facile immaginare come l’aumento della povertà sia esponenziale, costringendo le associazioni umanitarie e benefiche a raddoppiare i propri sforzi per soccorrere ed aiutare quanti si trovano in condizioni di disagio.
Don Orazio Caputo: “La solidarietà non lascia mai più soli”
Le risorse, tuttavia, sono molto limitate soprattutto se si tratta di associazioni ed enti che fondano la propria sicurezza economica sui finanziamenti volontari. Per sopperire ai fondi spesso insufficienti sono molte le associazioni che hanno deciso di sperimentarsi in prima persona. E’ il caso dell’associazione di volontariato “Mai più soli”, nata ad Acireale da pochi anni per intuizione del vicedirettore della Caritas diocesana Don Orazio Caputo, che fonda le sue radici nella solidarietà. L’associazione si propone con le sue iniziative di rimettere al centro la dignità dell’uomo, creando progetti di economia sociale in cui l’umanità ritorna ordinaria e non straordinaria: nessun Superman della porta accanto, insomma, ma uomini e donne pieni di voglia di rimettersi in carreggiata nella vita.
Di dignità umana, obiettivi, progetti di vita e speranza per il futuro abbiamo parlato con don Orazio Caputo, che ci ha spiegato la mission dell’Associazione “Mai più soli” a partire dal desiderio di solidarietà e l’abbandono del mero assistenzialismo. Valorizzato invece l’impegno degli ospiti dell’associazione.
Don Orazio, quando e dove è nata l’idea dell’Associazione?
Sono quattro anni che io sono vicedirettore della Caritas acese. Un anno fa, circa, proprio all’interno della Caritas nasce quest’associazione. Viene alla luce perché in questi anni abbiamo lavorato anche con persone di strada, aprendo il dormitorio ad Aci Sant’Antonio. Il dormitorio però permette di usufruire di housing e accoglienza notturna solo per un periodo limitato di tempo, e dopo? Molti li ritrovavamo sempre negli stessi posti perché non sapevano dove andare. Erano persone sole e abbandonate che non avevano una casa propria in cui tornare. Man mano che gli anni passavano, prendendo confidenza con loro, era sempre più chiaro il bisogno di solidarietà e abbiamo deciso di aprire questa associazione che abbiamo chiamato “Mai più soli”. E’ un modo per dare nuove opportunità anche e soprattutto a queste persone di strada per tornare con dignità nella società e nel mondo del lavoro.
In che modo viene promosso il reinserimento di queste persone in società?
Siamo partiti dalla base: la casa. I nostri ospiti hanno la possibilità di prendere residenza nell’appartamento che abbiamo messo a disposizione. Non avevamo uno spazio nostro e allora abbiamo affittato un’abitazione e diviso gli spazi tra sei camere, tre bagni ed una cucina. Ciascuno degli ospiti contribuisce come può: chi con il reddito di cittadinanza, chi con la pensione… ciascuno mette quello che ha. Con questo contributo, che si somma a quello dei benefattori che supportano le iniziative dell’associazione, si pagano le spese come se si fosse in una famiglia. In questo modo si abbatte il senso di solitudine: nessuno sta più da solo e la solidarietà anche tra di loro diventa un fondamento principale. La prima rivoluzione dell’associazione sta in questo: non farli vivere come ospiti di un dormitorio ma aiutarli a sentirsi a casa loro.
Quanti sono gli ospiti che avete accolto finora?
Nell’appartamento, che accoglie solo uomini, abbiamo 8 ospiti. Io ed un gruppo di volontari ci occupiamo di loro, stiamo dietro alle loro necessità e li seguiamo. Sono pur sempre persone abituate alla strada, il percorso che porta a sentirsi parte di una famiglia è tortuoso. Ciò che si propone “Mai più soli” è diventare per loro una pseudo famiglia: fratelli che stavano da soli e che adesso si ritrovano tutti insieme.
E’ facile per loro ritrovarsi in questa nuova dimensione, così diversa dalla strada?
Non sempre. Ci vuole tempo per accettare i cambiamenti, ma si affidano molto a me e mi permettono di mantenere l’equilibrio necessario. Il coordinamento è parte essenziale di questa realtà.
Quali sono gli obiettivi dell’associazione?
Il principale obiettivo è il reinserimento sociale. Per far si che questo avvenga il primo passo è il riavvicinamento al lavoro. Vogliamo creare un lavoro per queste persone perché solo il lavoro dà veramente dignità alla persona. Non si tratta di dare in elemosina un paio di euro per aiutarli, questo non è dare decoro ad una persona ma assistenzialismo fine a sé stesso. Con questi pochi soldi regalati la prima cosa che faranno sarà tornare a bere: non solo non è utile ma rischia addirittura di diventare dannoso. Il nostro intento è invece quello di riportare queste persone nella società, avviarle al lavoro ed educarle all’onesto guadagno di uno stipendio senza ricorrere all’elemosina. Non è solo questione di sostentamento, quanto impegno concreto alla riscoperta della propria dignità.
Come si sostenta la vostra associazione?
Principalmente con le offerte. “Mai più soli” è un’associazione che ha nella solidarietà il suo cardine ed è libera, apartitica e apolitica. Non siamo finanziati da nessuno e non vogliamo che arrivino altri finanziamenti se non i contributi che riceviamo da chi crede e sostiene liberamente il nostro progetto. Non ci finanzia la Curia e non ci finanziano il Comune o lo Stato. Siamo una realtà autogestita, chiunque può venire ma bisogna bussare prima di entrare. Abbiamo scelto questa via e portiamo avanti con orgoglio il pensiero forte da cui siamo partiti e che ci caratterizza. Quando la società non risponderà più al nostro bisogno di sostegno significherà, molto semplicemente, che l’associazione non servirà più e sarà terminato il suo impegno.
Parliamo di progetti. Quali sono quelli che finora siete riusciti a portare avanti?
In questo momento stiamo puntando tanto sulle nostre marmellate. Sono un prodotto di nicchia in cui crediamo molto. Abbiamo avuto la possibilità di usufruire di quattro ettari di terreno all’eremo di Sant’Anna, che curiamo. Da qui vengono i frutti che i nostri ospiti raccolgono ed insieme a noi portano in una ditta specializzata che produce la marmellata. Chiaramente per noi questo ha un costo, che riusciamo a coprire grazie alla generosità di tante persone che sposano il nostro progetto e che non acquistano un prodotto con un prezzo imposto, ma contribuiscono nella misura economica che ritengono più opportuna. Tra l’altro queste marmellate oltre ad essere buonissime sono anche particolari, infatti sono fatte con il miele e non con lo zucchero come avviene di solito. Questo gli conferisce un sapore particolare e veramente ottimo. Abbiamo anche inaugurato lo scorso anno un emporio solidale che ci da molta soddisfazione.
In cosa consiste l’attività che svolge l’emporio?
L’Emporio della Solidarietà “Madre Teresa”, sito in Corso Savoia n. 102 ad Acireale, è un’occasione per fare una scelta green e aiutare i nostri progetti. Chi ne ha bisogno può avere abiti non più utilizzati ma in buono stato “pagando” con una cifra simbolica “l’acquisto” del capo. Chiaramente non è una spesa adeguata al capo, ma una lezione di vita che vogliamo impartire: nulla c’è dovuto, tutto acquista dignità se pagato. E’ il nostro modo di far comprendere che il denaro ha un valore ed un senso. Educare a far parte della società civile è un’azione che compiamo anche attraverso questa sorta di rieducazione economica.
Allo stesso modo il nostro negozio vuole avere una funzione educativa anche per chi porta i capi. Vogliamo che sia chiaro che il nostro negozio non è la scusa per svuotare gli armadi dietro l’apparenza della beneficienza, per questo anche a chi porta chiediamo di lasciare un piccolo contributo economico simbolico. Bisogna che emerga il vero senso del fare beneficienza, che non è un “liberarsi” di ciò che ci ingombra ma partecipare al vero sostegno di chi ne ha bisogno. Il contributo economico è compartecipazione al progetto, un aiuto concreto affinché l’associazione possa mantenersi. E’ un modo per sposare veramente l’iniziativa, altrimenti il portare i vestiti resta un gesto vuoto.
Che riscontro trova nella gente a questa proposta?
All’inizio qualcuno si lamenta per la richiesta dell’offerta, ma una volta spiegato il motivo che ci spinge a farlo si entra facilmente nel meccanismo. Sono molti quelli che scelgono di partecipare al progetto e di contribuire. Chiaramente non tutti comprendono e accettano, ma confidiamo nel fatto che man mano la mentalità dilaghi.
Quando è possibile portare i propri capi?
L’emporio della solidarietà dell’associazione “mai più soli” è aperto ogni lunedì e giovedì dalle 13.30 alle 16.00. E’ importante rispettare questo orario e non abbandonare le buste davanti alla porta, questo condanna quei capi al macero. Abbiamo dovuto installare delle telecamere proprio per scoraggiare questi atteggiamenti irrispettosi.
Quali sono i prossimi progetti che si prefigge l’associazione?
Abbiamo intenzione di iniziare una collaborazione con la parrocchia di San Cosmo. Qui l’associazione usufruirà del campetto di calcio e di alcune stanze in cui poter fare il doposcuola per quelle famiglie che si trovano in difficoltà. Anche in questo caso richiediamo un’offerta, sempre nell’ottica di voler abbattere il concetto di assistenzialismo per favorire quello di promozione umana. La filosofia dell’associazione “mai più soli” si basa sulla necessità di far comprendere che non tutto è gratuito e dovuto: si alla solidarietà ma ogni cosa ha il suo valore. Inoltre fare comunione con la parrocchia sarà un bene per tutto il quartiere ma anche per la Città dato che chiunque ne avrà bisogno potrà partecipare. Abbiamo anche il desiderio di realizzare un altro appartamento, stavolta femminile.
Nel dilagare della povertà sociale ed umana, oltre che economica, quanto influiscono i social nella gestione delle nuove solitudini?
Oggi purtroppo si fa poca comunione, avendo dato più attenzione alla comunicazione virtuale che a quella reale. Non c’è più l’abitudine a riunirsi né a mangiare insieme e se questo avviene lo smartphone è sempre presente sul tavolo. Siamo diventati tutti singoli, anche quando siamo in mezzo agli altri. La nostra associazione si prefigge proprio il voler abbattere queste solitudini per tornare a creare rete.
Chiara Costanzo