Intervista / Don Carmelo La Rosa: “Prego scrivendo e scrivo pregando”

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Don Carmelo La Rosa

Alle pendici dell’Etna il Santuario di Santa Maria della Vena accoglie i devoti della Madonna. Con la prima posa risalente al 697, uno dei siti mariani più antichi d’Europa. Da allora vi scorre accanto senza sosta la vena d’acqua affiorata dalla fonte indicata dalla Madonna. Proteso verso lo Jonio, è di recente impreziosito dal Santuario all’aperto. Meta ideale di pellegrinaggi, per il raccoglimento e la preghiera, nel silenzio e la pace dello Spirito.
In questo eden abbiamo incontrato il rettore del Santuario, don Carmelo La Rosa, alla vigilia della presentazione del suo ultimo libro “La corda e il secchio. Incontro con Gesù ai bordi del pozzo” che avverrà martedi 20 agosto, alle ore 20, proprio nel Santuario all’aperto.

Don Carmelo La Rosa, come nasce l’ispirazione a trascrivere le proprie meditazioni e darle alle stampe? E come si coniuga con la vocazione sacerdotale e l’impegno di rettore del Santuario?

Ho iniziato a scrivere quand’ero in missione, per il bisogno di coinvolgere e motivare i benefattori. Il Vescovo di allora mi chiese: Come fai a trovare il tempo per scrivere? Risposi: Prego scrivendo e scrivo pregando. Ho continuato a scrivere anche dopo, perché a volte si vivono esperienze molto forti che si sente il bisogno di fissarle su carta.Don Carmelo la Rosa nel giardino del Santuario

Il filo conduttore di queste pagine lega le figure della corda e del secchio, all’acqua del pozzo. Un simbolismo ispirato proprio dalla vena che sgorga qui?

L’idea mi è venuta in Africa, quand’ero direttore della Caritas Diocesana, in una visita all’ospedale di Zinviè in Benin, ove la nostra diocesi era gemellata con l’ospedale La Croix dei Padri Camilliani. C’era un pozzo con tanta acqua, ma la popolazione restava assetata perché qualcuno continuava a rubare la corda, oggetto introvabile, in quel luogo.

Vi ho visto l’abbondanza della grazia di Dio a nostra disposizione, ma senza la corda e il secchio della vita spirituale restiamo scollegati dalla ricchezza di Dio. Vena è un’altra Cana di Galilea, ove Maria, sempre presente, si cura di dissetare i suoi figli. Io vivo qui, leggo e scrivo col sottofondo musicale dell’acqua. Vena è il Santuario dell’acqua. Tanta gente viene a cercare l’acqua della Madonna che fa prodigi e miracoli. In estate durante il rinnovo delle promesse battesimali si può assistere a quanto avviene a tante persone quando si immergono nel Sacro Fonte.

Don Carmelo La Rosa e il sacro fonte della Vena
Don Carmelo La Rosa dinanzi al sacro Fonte della Vena
Come per i precedenti, pure in quest’ultimo lavoro, immagini e riflessioni rievocano sovente situazioni del vissuto quotidiano di donne e uomini che ha incontrato. Coi loro trascorsi di gioie e dolori. È pure retaggio della sua esperienza di missionario e di esorcista della diocesi?

Come ogni Santuario, Vena è luogo dell’ascolto. Dio ci parla anche attraverso il dolore, le sofferenze e le lacrime dei fedeli. Non si può restare indifferenti. L’ascolto ci scava dentro e ci coinvolge. Chi arriva qui è colmo fino all’orlo e cerca un luogo e qualcuno su cui riversare le proprie turbolenze. Tutta la mia vita passata mi ha preparato per condurmi fin qui. Le esperienze precedenti sono state per me propedeutiche alla presenza in questo luogo particolare.

Vorrei gridare: “ Venite all’acqua! Uniamo i nostri pezzetti di corda per formare insieme la corda universale della preghiera che giunge nel pozzo del cuore di Dio”. Esortazione alla comunione di preghiera, con cui prende commiato dai suoi lettori. Va intesa pure come invito a venire all’acqua della Vena, col cui corso la Madre Celeste ci guida a suo Figlio? 

Chiunque viene qui dice che Vena è un luogo molto spirituale. Si viene qui quando si è assetati; e si trovano grandi riserve di pace, di serenità e di luce. All’esterno del Santuario, un grande pannello raffigura un monaco che scava con le mani e trova l’acqua; e reca la scritta: QUI’ C’E’ ACQUA! Questo è il nostro invito!

Nel congedarci da don Carmelo siamo certi che l’invito – anzi gli inviti – non rimarranno disattesi.

Giuseppe Longo