Intervista / Don Carmelo Raspa nel 25esimo della sua ordinazione: “Attuare la sinodalità”

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don Carmelo Raspa

Con la messa vespertina di domenica 8 gennaio presieduta dal vescovo Antonino Raspanti, si  concludono, nella parrocchia Beata Maria Vergine Aiuto dei Cristiani di San Giovanni Bosco in Acireale, le celebrazioni per il venticinquesimo anniversario di ordinazione di don Carmelo Raspa.
Docente di Esegesi biblica ed ebraismo presso lo Studio Teologico San Paolo, autore di libri e pubblicazioni e assistente spirituale per l‘Associazione Italiana Maestri Cattolici per la Sicilia, don Raspa coniuga il mandato pastorale con una poliedrica missione di divulgazione ed evangelizzazione. Unendoci all’afflato augurale per la gioiosa ricorrenza, abbiamo raccolto alcune sue considerazioni.

Padre nelle tue mani consegno il mio Spirito (Lc. 23,46) sono le ultime parole del Signore da lei elette ad emblema del suo ministero sacerdotale. Don Carmelo Raspa, quale il senso di tale scelta?

Ho studiato il significato delle ultime parole di Gesù nella versione lucana, in un corso di esegesi sui racconti della passione tenuto dal prof. Ermenegildo Manicardi alla Facoltà Teologica di Sicilia di Palermo e me ne sono innamorato. Esse traducono in greco il grido che gli altri evangelisti conservano nell’originale semitico: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” Scelte perché credo che il ministero presbiterale rappresenti un dono d’amore in unione con la croce di Gesù. In ciò, molto influenzato dalla spiritualità carmelitana nell’interpretazione di Santa Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein).

Esso non è esente da crisi, scoraggiamenti, lotta pure con Dio oltre che con le tentazioni conclamate, al fine di custodire e non perdere la fede. Il presbitero, come tutti i cristiani, non è un privilegiato: è chiamato a spezzare il pane della Parola e quello eucaristico, tra debolezze e dubbi, perseverando nel buon combattimento spirituale.
Ciò non significa che il ministero non sia pervaso dalla gioia, derivante dalla certezza della presenza di Gesù; con il quale si instaura una relazione nel suo amore che abbraccia ogni attimo della vita e della ferialità. È la gioia di sapersi amati, di amarsi e di amare.

Don Carmelo Raspa e papa Francesco
Don Carmelo Raspa e papa Francesco
 
Don Carmelo Raspa, come le sue molteplici esperienze arricchiscono il ruolo di guida della comunità parrocchiale?

Conciliare il ministero pastorale con quello di docente e formatore non è facile: la parrocchia e lo Studio Teologico richiedono presenza e dedizione costante. La vita pastorale consente di non cadere preda della tentazione dell’intellettualismo. L’impegno di docenza e di studio, di comprendere meglio il mondo e i suoi processi e innovare il cammino pastorale.
Ho sempre creduto nella sinodalità e condotto l’attività pastorale in tale ottica. Per cui le decisioni vanno prese collegialmente e ognuno deve fare la sua parte con responsabilità, sentendo l’appartenenza alla Chiesa che si esprime in quella alla propria comunità di fede. Sono stato aiutato da due comunità molto recettive in tal senso, prima quella di Torre Archirafi e ora quella di S. Giovanni Bosco. Si tratta di camminare insieme; infatti, che più che parlare di sinodalità, bisogna anzitutto attuarla.

Nell’Enciclica Fides et Ratio S. Giovanni Paolo II individua il focus degli studi esegetici dei testi sacri, nell’esplicazione della Verità, nel loro significato nella per la storia della salvezza. In una lettura che la Chiesa compie nei secoli, mantenendone immutato lo spirito originario. E invita a interrogarci sul rapporto che intercorre tra il fatto e il suo significato, come il senso specifico della storia. In che modo tener salda oggi tale prospettiva, in una cd. società liquida?

Bisogna intanto sottolineare che la verità che emerge dallo studio esegetico è frutto del conflitto di interpretazioni. Nessuno può dire di possedere la verità derivante da una presunta esatta comprensione del testo biblico. Ecco perché lo studio esegetico è un paziente, quotidiano esercizio di umiltà. Per i cristiani la verità è Gesù (Gv 14,6): ma questa verità non si impone. Gesù nel suo ministero non hai mai voluto che si promulgasse la sua messianicità (Mt 17,9; Mc 1,34.44). Pure la sua risurrezione è annunciata in tono minore.

A partire da ciò, l’annuncio che scaturisce dalla ricerca esegetica va bandito secondo l’atteggiamento raccomandato da 1Pt 3,15-16: “Pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto”. Ciò richiede una grande capacità di ascolto; il che rappresenta il comandamento di Dio che attraversa tutta la Scrittura. Un ascolto senza giudizio, con discernimento, perché possa indirizzare al bene che sempre alla verità si accompagna.

don Carmelo Raspa e don Gaetano Pappalardo
Don Carmelo Raspa con don Gaetano Pappalardo al Seminario Vescovile
Nel festeggiare la ricorrenza, la comunità parrocchiale e l’intera diocesi partecipano anche della gioia vissuta dalla Chiesa tutta per l’apertura del Giubileo della Speranza. Come l’incoraggiamento di San Paolo per cui la Speranza non delude perché l‘amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo (Rom. 5,5) può ancora riecheggiare da Roma e raggiungere i cuori di ogni uomo e donna fino ai confini del mondo (At. 1,8)?

La speranza è propria di chi, credendo, sa che il futuro del bene promesso nasce in mezzo alle contraddizioni del tempo presente. Non si tratta di coltivare un facile ottimismo, ma di far germogliare quella pienezza di umanità che oggi sembra subire l’attentato della frenesia e della violenza. Bisogna abitare con umiltà e gratitudine il quotidiano, senza evasioni, ma con un cuore dai grandi orizzonti.
Ancora, è necessario imparare la musica delle relazioni, superando la tentazione del possesso, del controllo, dell’isolamento narcisistico, per aprirsi alla bellezza dell’altro.
In fondo, lo Spirito Santo è il terzo, l’altro, amore tra Padre e Figlio e tra Dio e gli uomini; generando comunione, la quale ultima si impara, amando fino al dono della vita.

Ringraziamo don Carmelo, forti dell’esortazione di Benedetto XVI nell’Enciclica Spe Salvi, nella certezza che, come assicura San Paolo ai Romani e a noi, nella speranza siamo stati salvati (Rom.8,24).

Giuseppe Longo