Interessante ed emozionante conferenza quella tenutasi nel salone degli Specchi del municipio di Giarre a cura della Fidapa Giarre-Riposto. Tema della serata “Donne…in Afghanistan”. Regista dell’incontro la presidente fidapina Anna Maria Patanè che, insieme con i presidenti dei locali clubs Lions e Kiwanis, realizza diversi momenti formativi.
Sono intervenuti, inoltre, alcuni alunni del liceo “Leonardo” di Giarre per leggere delle “rime” di poetesse afghane. La conferenza è stata tenuta da Enzo Coniglio, già funzionario del ministero degli Affari esteri, che ha dialogato con Giuseppe Vecchio, giornalista e direttore de “La Voce dell’Jonio”, che lo ha intervistato.
Argomento interessante quello che ci prestiamo a trattare ma anche molto scottante e complesso…
Effettivamente è proprio così. Chiamiamo Afghanistan una popolazione formata da ben quattro etnie che, oltre a cercare di convivere tra loro, si destreggiano con i Paesi e i loro abitanti vicini di cui, alcuni, più importanti come gli uzbeki, i pakistani e gli arabi. Quindi quello che chiamiamo Paese non è affatto una realtà omogenea. Come estensione è ben due volte l’Italia ma poi è vivibile solamente un terzo del territorio. Il rimanente paese è composto da alte montagne con delle valli strettissime che non permettono di poterci abitare. I gruppi etnici comunicano tra di loro molto poco proprio per le difficoltà territoriali e per le differenze di razza.
Cosa comporta la posizione geografica?
L’Afghanistan è fondamentalmente un Paese povero ed è posizionato al centro di vie commerciali. Gli abitanti, dove ne hanno la possibilità, sono dediti alla pastorizia. Nel sud est c’è la steppa dove la temperatura arriva a 35° sopra lo zero mentre Kabul tocca i 28° sotto zero. Un Paese ostico e difficile. Questa particolarità di essere un bivio del commercio gli dà una certa importanza perché i paesi limitrofi per raggiungere alcune mete devono passare proprio da lì. Se l’Inghilterra l’ha usata come colonia è proprio per la sua posizione strategica. L’Afghanistan è sempre stata oggetto di interesse solo per queste sue potenzialità.
Quali sono i rapporti che il paese ha con quelli confinanti?
Molti dei Paesi confinanti hanno presenze in Afghanistan e così il governo, prima di muoversi, devono chiedere al Pakistan, alla Cina, cosa fare, deve fare i conti con i vicini. Dal punto di vista religioso il popolo afghano ha una religiosità naturale, a farla da padrone è sempre il capo del villaggio che per molti rappresenta l’unica realtà politica e religiosa. I veri capi religiosi si trovano solamente nelle città, il resto della popolazione, vivendo in montagna, non conosce né preti né missionari.
Ma che tipo di Nazione è?
Per noi occidentali Nazione è avere una lingua, un territorio e un’organizzazione politica più o meno coesa. Questa tipologia di concetto di Nazione in Afghanistan non esiste. Loro fanno riferimento alle loro etnie anche quelli che vivono in città.
Come mai questo Paese è rimasto così indietro nell’organizzazione della cultura e nella conquista dei diritti civili?
Il problema è che nella maggior parte dei nuclei che si trovano sopra queste montagne quasi inaccessibili, non ci sono scuole e non c’è nessuno a cui interessa che ci siano. In Italia le prime istituzioni scolastiche sono nate grazie all’interesse cattolico: nascevano anche dentro le parrocchie o erano i partiti a prendersene cura. Lì la religione come la intendiamo noi non esiste c’è solo il capo tribù che stabilisce le regole e le impone. L’unica scuola è quella dei sunniti, proprio dai sunniti nascono i talebani che letteralmente vuol dire studenti.
Ma di fatto come si arriva ai talebani?
Quando i russi scesero e conquistarono le montagne e tutto il Paese e poi il Pakistan, gli studenti talebani hanno deciso di posare il libro e imbroccare i fucili perché non volevano i russi. Gli americani hanno speso, in venti anni, milioni di dollari che sono serviti per aprire pochissime scuole ma per acquistare tante armi. Ecco perché non si arriva a nulla.
Da cosa è stato colpito durante la sua permanenza in Afghanistan?
Quello che ha maggiormente attirato la mia attenzione è stata l’intelligenza delle donne e la loro responsabilità. E’ la donna che porta avanti il Paese, è madre e insegnante per i figli, è lei che insegna i principi e i valori. L’uomo fa solo il pastore o il contadino e, più o meno com’era una volta da noi, tornando a casa non si interessa dell’andamento della famiglia.
Cosa hanno fatto di positivo i talebani?
Hanno cercato con le loro regole di fare una pulizia morale. Le loro regole non provengono dall’occidente perché non ne condividono i principi. La loro etica viene fuori da quella pastorale per cui il ruolo della donna è solamente quello di fare figli e di dedicarsi alla loro cura. Le donne che commettono adulterio, per lo stesso principio, vengono uccise. Non possono mettere i tacchi perché fanno rumore. Non possono portare i profumi. Molte sono usanze degli antichi villaggi e i talebani li hanno solamente rimesse in funzione. In un villaggio dove anche solo due donne dovessero disgregare le loro famiglie, ne risentirebbe tutto il villaggio. Il gruppo prevale sul singolo, ecco perché la donna deve fare solo la donna.
Per quanto riguarda i tempi recenti, c’è stata differenza tra la presenza americana e quella italiana?
Gli americani sono stati interessati solamente a colpire l’ISIS senza curarsi d’altro e concentrandosi nelle città tralasciando i numerosi villaggi sulle montagne. Noi italiani abbiamo scelto un’unica regione, Heart, e con la logica italiana abbiamo creato scuole, insegnanti, medici, anche medici donne. Il problema è che andando via ci siamo portati dietro i migliori lasciando il paese desolato. Anche se, sicuramente, sarebbero stati attaccati dai talebani.
Dettagli, quelli espressi dal dott. Coniglio, interessanti, esposti in modo avvincente, che ci hanno chiarito un po’ le idee su un Paese così particolare.
Mariella Di Mauro