Don Giovanni Mammino è stato nominato, dal vescovo Antonino Raspanti, Rettore del Seminario di Acireale. Mammino è nato a Cosentini, frazione di Santa Venerina, il 26 settembre 1969, ed è stato ordinato presbitero il 15 settembre 1994. Ha frequentato la Facoltà di Storia Ecclesiastica della Pontificia Università Gregoriana di Roma ed ha conseguito la licenza e il dottorato in Storia Ecclesiastica. Inoltre ha conseguito il diploma in archivista e biblioteconomia presso l’Archivio e la Biblioteca Apostolica Vaticana.
Dal 2000 insegna Storia della Chiesa allo Studio Teologico San Paolo di Catania. Dal 1997 al 2002 è stato vice rettore del Seminario diocesano di Acireale e dal 2001 al 2017 parroco di Acitrezza. Ha ricoperto anche il ruolo di Vicario foraneo del II vicariato. Dal 2014 è direttore dell’Archivio Storico e del Museo Diocesano di Acireale. E’ stato Vicario Generale della diocesi dal 2017 al 2022 ed è attualmente Membro del Collegio dei Consultori. Ha pubblicato vari testi e articoli di storia locale in diverse riviste. Ultima pubblicazione Linera, Cosentini, Maria Vergine. Storia di tre borgate dell’Antico bosco di Aci (2021).
Acireale / Intervista a Giovanni Mammino, nuovo Rettore del Seminario
Padre Mammino, dopo anni di esperienza alla guida della comunità parrocchiale di Acitrezza ed essere stato Vicario Generale della Diocesi di Acireale, cosa significa diventare Rettore del Seminario?
Diventare Rettore del Seminario significa mettersi al servizio della comunità diocesana ed in particolare di una “comunità speciale” che è la comunità del Seminario appunto. Una comunità di calore ove ci si prepara a diventare sacerdoti; una comunità dove il ministero che si svolge è veramente delicato. Essere rettore è un servizio nascosto ma prezioso.
Padre Mammino, qual è stata la sua prima reazione quando il vescovo le ha comunicato la notizia della nomina di Rettore del Seminario di Acireale?
Non mi aspettavo di tornare per la terza volta in seminario. Dico terza perché sono stato prima seminarista, poi vice rettore dal 1997 al 2002. Adesso ritorno qui come rettore. Non me l’aspettavo affatto perché pensavo che, una volta concluso il mio mandato come Vicario Generale, sarei tornato a fare il parroco. Il Signore invece ha voluto questo e lo farò con tutto il cuore. Non importa il luogo dove si è chiamati a servire, purché tutto quello che si fa lo si faccia con amore e spirito di dedizione alla comunità ecclesiale.
Come intende impostare e guidare il Seminario? Come si svolgerà la vita dei seminaristi?
Intendo innanzitutto inserirmi nella vita della comunità. C’è uno schema che è uguale a quello del periodo in cui ero qui come vice rettore. La vita quotidiana in Seminario ha dei punti fermi che sono la preghiera, la celebrazione dell’Eucaristia. Poi l’Adorazione Eucaristica, la liturgia delle ore, i vari momenti di ritiro e gli esercizi spirituali. Questi momenti rimangono tali e invariati. Bisogna dare qualità e valore a questi momenti e viverli intensamente come esperienza profonda innanzitutto di discepolato, quindi imparare ad essere discepoli del Signore. Di conseguenza anche pastori.
Come vivono i giovani il loro rapporto con questo luogo di formazione?
Ho trovato una comunità serena, un gruppetto di nove giovani che vivono serenamente questa vita comunitaria e il loro cammino. Ovviamente hanno bisogno di essere seguiti, incoraggiati, sostenuti. Sono chiamati a vivere una bella esperienza. Innanzitutto l’incontro con il Signore Gesù, il discepolato per poi comprendere il significato profondo dell’essere pastori al servizio del popolo santo di Dio.
Lei segue solo i seminaristi o anche il propedeutico?
Seguo il propedeutico nel senso che ho la responsabilità generale ma il responsabile della comunità del propedeutico è don Marcello Zappalà. Attualmente ci saranno due giovani ad entrare al propedeutico: inizieranno giorno 11 ottobre. E’ un’esperienza diversa, una comunità molto flessibile e diversa dal seminario infatti hanno percorsi separati. Ogni tanto ci si incontra ma i loro percorsi formativi sono diversi e separati.
Lei avrà la principale responsabilità nella formazione di questi giovani: chi è oggi il sacerdote?
Il sacerdote per certi aspetti ha delle caratteristiche che rimangono invariate. Ma l’essere sacerdote si coniuga anche con il presente. Essere sacerdote comporta affrontare delle nuove sfide soprattutto in questo nostro tempo, quindi siamo chiamati a cogliere queste sfide e a comprendere come essere sacerdoti in questo nuovo tempo. Siamo in un tempo in cui bisogna innanzitutto annunciare il Vangelo. Siamo in una società dove si sono persi tanti punti di riferimento: c’è molta scristianizzazione. Il sacerdote oggi deve essere annunciatore del Vangelo, un uomo che cura molto le relazioni e le virtù umane perché è questo il primo modo per annunciare Cristo.
Come è nata la sua vocazione? Ci racconta la sua esperienza in seminario?
La mia vocazione è nata in un contesto familiare che mi ha educato nella fede, in un contesto di campagna. Ho vissuto una bella esperienza sia in famiglia sia nella mia comunità parrocchiale di provenienza, la comunità di Cosentini. Sono entrato in seminario dopo la maturità, ho frequentato il liceo classico e ho vissuto una bella esperienza in questo stesso seminario facendo un bel cammino di formazione grazie ai sacerdoti formatori. Ricordo don Attilio Gangemi, vice rettore; don Sebastiano Raciti che poi è divenuto rettore. E ancora padre Orazio Finocchiaro, don Salvatore Strano. Tutti questi sacerdoti hanno lasciato un’impronta nella formazione dei seminaristi di quegli anni. Erano gli anni 1988-1994, questo l’anno in cui sono stato ordinato sacerdote.
C’è qualcosa che ricorda in particolare e con piacere di quegli anni?
La vita comunitaria, il rapporto di fraternità, le esperienze belle di preghiera e di formazione spirituale che ho vissuto con i seminaristi non solo di Acireale ma anche con quelli di altre Diocesi. In quegli anni il seminario di Acireale ospitava i seminaristi di Siracusa.
Che ricordi conserva del suo precedente impegno come Vicario Generale?
Sono stati cinque anni intensi nei quali ho vissuto in prima persona le cose belle ma anche quelle difficili della Diocesi. Tutto insieme al Vescovo, quindi partecipe delle sue gioie e sofferenze. Tra le gioie più belle quella di poter celebrare il sacramento della Cresima incontrando così tanti giovani. Ricordo anche le visite alle varie comunità, il rapporto di vicinanza con i sacerdoti.
Tra gli eventi che mi hanno toccato profondamente c’è il terremoto del 26 dicembre 2018. Sono stato il primo ad accorrere a Pennisi e dopo ho girato le altre comunità. Ho vissuto quest’esperienza con tanta sofferenza ma anche con tanta voglia di sostenere in tutti i modi la gente colpita. In effetti adesso i risultati si vedono perché gran parte delle chiese distrutte sono state riaperte e i luoghi di vita, di aggregazione hanno ripreso a svolgere il loro ruolo. Ho cercato di essere vicino a queste comunità terremotate. L’altro momento difficile è stato quello della pandemia. C’è stato tutto un travaglio di ripresa nel mantenere i contatti e riavviare varie attività.
Che consiglio o augurio rivolge al suo successore, don Agostino Russo?
Abbiamo già dialogato abbondantemente. Ho augurato a don Agostino Russo di vivere intensamente il suo ministero. Ciò che più apprezzo in lui è la sua capacità di ascolto e di vicinanza. E’ un sacerdote saggio: sicuramente farà del bene alla nostra comunità.
Un messaggio che vuole lanciare ai seminaristi e in generale a tutti i giovani della Diocesi?
Ai seminaristi auguro di vivere un’esperienza intensa di fede, una fede che riempie il cuore di gioia. Vivere una vita seguendo il Vangelo. Auguro che la loro vita si infiammi d’amore per il Signore e per il prossimo. Stessa cosa auguro a tutti i giovani: non lasciarsi andare. Auguro che la loro vita sia piena d’amore, che abbiano grandi ideali.
Maria Catena Sorbello