Valeria Franco e Giuseppe Scirto sono una coppia randazzese di giovani produttori di vino. La loro storia è la storia di due ragazzi che avevano solo “le vigne e le mani con cui lavorarle” e che hanno scelto di tornare alla terra, così come facevano i nonni. ‘E una storia che ci ha colpiti e abbiamo deciso di raccontarla attraverso un’intervista a Valeria.
–Come è nata l’idea di diventare produttori di vino e chi dei due è stato il primo ad averla.
“Le vigne appartenevano al nonno di Giuseppe che ha sempre prodotto vino ed olio. Giuseppe, sin da bambino, ha trascorso le estati e i giorni di vacanza da scuola, a casa dei nonni, a Passopisciaro. Viveva quindi la loro quotidianità, andando in vigna con il nonno e aiutando la nonna con il pane e le conserve. Nel 2005, purtroppo, il nonno è venuto a mancare. Era il periodo in cui la maggior parte dei proprietari vendevano i vigneti sull’Etna. Le vigne del nonno sono rimaste ferme: qualcuno, all’interno della famiglia voleva vendere e qualcun altro si opponeva. Nel 2009, Giuseppe, che è molto legato al terreno del nonno, ha deciso di iniziare a lavorarlo e di imbottigliare il vino. Lui ha avuto l’idea e io l’ho seguito. Così il 2010 è stato la nostra prima annata. La nostra filosofia è stata, sin dall’inizio, quella di lavorare i vigneti e di fare il vino, seguendo gli insegnamenti del nonno: zero chimica, sia in vigna che in cantina. I lavori li facciamo tutti Giuseppe ed io, e tutti a mano. Il nostro è un vino naturale, o meglio artigianale”.
-Che vini producete?
“Produciamo due vini rossi e un vino bianco. Il bianco si chiama Don Pippinu, in omaggio al nonno, così come uno dei due rossi. L’altro rosso si chiama A’ Culonna, che è il monumento che si trova a Passopisciaro vicino alla piazza. E’ il luogo nel quale, nelle sere estive, Giuseppe e suo nonno andavano a rilassarsi e a chiacchierare con i concittadini di come andavano i lavori in vigna e del più e del meno. Inoltre, essendo un luogo di passaggio, in tanti si fermavano per chiedere chi vendesse vino (sfuso) e olio. Quindi era anche un luogo di commercio”.
-Che vitigni sono quelli con cui realizzate i vostri vini?
“I rossi sono entrambi nerello mascalese e nerello cappuccio. Il bianco è un blend di vitigni autoctoni: carricante, catarratto, minnella, grecanico e inzolia”.
-In che ordine sono nati i tre vini?
“Nel 2010 sono nati Don Pippinu bianco e A Culonna, nel 2013 è nato Don Pippinu rosso”.
–Quanti ettari possedete?
” Tra vigneti e uliveti, 2.5 ettari”.
–Ogni metro quadrato di vigneto, sull’Etna, è una vera risorsa preziosa. Tuttavia, vi dovete confrontare con produttori che hanno appezzamenti ben maggiori. Qual è secondo voi la difficoltà maggiore nel competere con produttori che hanno svariati ettari e qual è il punto di forza di un vino prodotto in un vigneto medio-piccolo?
“In realtà per noi non esiste competizione. Ognuno di noi ha i propri prodotti e ognuno di noi ha trovato o troverà il proprio mercato. Consideriamo gli altri produttori dei colleghi e degli amici, non abbiamo mai pensato a loro come a dei concorrenti. La nostra idea è che si debba portare avanti il nome del territorio e non la singola persona. Per quanto riguarda il nostro punto di forza, esso consiste nel fatto di poter gestire tutto da soli, in prima persona, così da poter imbottigliare un prodotto che sia il più artigianale possibile, che rispecchi il nostro modo di intendere vino, senza farsi influenzare da logiche di mercato o mode passeggere”.
– Oltre a quello in vigna e in cantina, immagino che ci sia un terzo lavoro, altrettanto importante, che consista nel pubblicizzarlo. Qual è la strategia principale che seguite per farlo conoscere?
“Il modo migliore per far conoscere il nostro vino, sarebbe quello di partecipare alle fiere, purtroppo però sono molto care e per il momento abbiamo preferito evitare. Utilizziamo moltissimo i social network, che sono un ottimo metodo per farsi pubblicità, e andiamo nei ristoranti che vendono il nostro vino, dove parliamo della nostra storia e del nostro lavoro”.
–Al giorno d’oggi, in un mondo in cui i giovani, causa crisi e disoccupazione, emigrano, tu e Giuseppe avete fatto la scelta diametralmente opposta. Non so se vi sia mai venuto in mente di andare all’estero, fatto sta che nel 2009 avete preso la decisione di restare e dedicarvi alla terra, completamente. Ora che la vostra attività ha ingranato, posso chiedervi: quanto coraggio c’è voluto?
“Certo che ci è passato per la testa di andare all’estero, e sì, di coraggio ce ne è voluto e ce ne vuole ancora tanto. Quando abbiamo fatto questa scelta abbiamo discusso a lungo. Abbiamo fatto dei conti, che poi non si sono rivelati corretti. Abbiamo iniziato a vendere nel 2014, immagina quanto coraggio ci sia voluto nel primi 5 anni! Con i primi soldi guadagnati, abbiamo fatto un’altra importante scelta: quella di realizzare una piccola cantina tutta nostra, piccola sì, ma che ci rendesse liberi e autonomi nelle nostre scelte. Non ci sentiamo ancora arrivati, ci piacerebbe crescere un po’ di più, ma in questo momento, ci sentiamo soddisfatti dei risultati raggiunti…dopo tanti anni stiamo raccogliendo i primi frutti. La nostra soddisfazione deriva dal fatto che, ogni singolo passo che abbiamo fatto, è frutto del nostro sudore e della nostra volontà. Siamo partiti avendo solo le vigne e le nostre mani, il giorno dopo avevamo già i “debiti”, ma abbiamo deciso di continuare. Siamo molto contenti che ci sia gente che capisca e apprezzi quello che facciamo”.
Annamaria Distefano