“Il rischio di essere felici”. Grandi e piccini, addetti ai lavori e non, semplici curiosi, questo rischio lo hanno veramente corso nell’ambito del Sicily Magic Fest, festival dell’illusionismo siciliano, svoltosi a Catania dal 6 all’8 agosto.
La manifestazione, nata dall’intuizione di Dimitri Tosi, in arte Mago Dimis, presidente della sezione catanese del Club Magico Italiano, ha avuto un protagonista assoluto in don Silvio Mantelli, sacerdote salesiano, da sempre prestato al mondo della magia, per tutti Mago Sales, prete per vocazione e mago per passione.
Ed “Il rischio di essere felici” è il titolo del libro, presentato in anteprima a Catania, col quale don Silvio, offre una testimonianza di vita che ci conduce nell’anima profonda del mondo, quella più dolente e sconosciuta che entra nelle nostre case solo attraverso le immagini trasmesse dalla tv.
Ma chi è Silvio Mantelli, Mago Sales, sacerdote/prestigiatore o prestigiatore/sacerdote?
Nasco a Novello, paese delle Langhe, cuore della lotta partigiana. Sono stato sempre uno zingaro, tre volte il giro del mondo, 250 spettacoli l’anno nelle missioni collocate nei posti più impensabili. Terre di sofferenza dove strappare un sorriso ad un bimbo ti fa ricco più che nella società del benessere. Sono una vecchia pianta alla quale è data la possibilità di raccontare quello che ho visto. Ho avuto una vita bella, nessuno nasce per caso, c’è la necessità di avere la fortuna ed il coraggio di scoprire la propria missione.
Quando il mago Sales scopre la propria missione?
A 19 anni già facevo qualche giochino in famiglia incuriosito da un amico tassista. Era una sorta di moderno giullare: suonava la chitarra, si imbarcava in improbabili rime, cantava, ai miei occhi era anche un bravo prestigiatore.
Per me fu anche un modo per superare una sorta di timidezza cronica che mi aveva anche bloccato negli studi. E poi, maghi si diventa per due motivi: appunto per combattere la timidezza, e per conquistare le donne. L’artista emerge dopo.
Nel mio caso emerge la vocazione e nel 1964, preso da un prete che aveva predicato gli esercizi spirituali, alla terza bocciatura scolastica, entrai in seminario dai Salesiani di Pinerolo. E lì rinsaldai la vocazione, trovai il pubblico. Il Signore è imprevedibile.
Nel 1973 presi i voti, dieci anni dopo lasciai i Salesiani per circa sette anni, rientrai ed ho girato il mondo come missionario. Somalia, Sudan, Cuba di Fidel, Uganda di Amin, Cambogia di Pol Pot, tra i bambini/soldato in Africa.
Ecco, strappare un sorriso ai bambini nelle zone più disgraziate del mondo. Oggi lo fa con una fondazione che in atto ne assiste oltre 2000. Ed “il rischio di essere felici”, è proprio il racconto appassionato di una speciale vocazione. Sempre accompagnata dal suo sguardo curioso, attento al prossimo, capace di cogliere la gioia e la meraviglia negli occhi dei bambini. Così diversi eppure tutti uguali nella loro richiesta di aiuto e d’amore.
Alcuni episodi, nel suo lungo peregrinare nelle vesti di mago/sacerdote e di sacerdote/mago, avranno lasciato in lei ricordi indelebili.
Come quando ho donato una bacchetta magica a Giovanni Paolo II ed a Papa Francesco, oppure quando ho incrociato il sorriso di Madre Teresa e delle sue giovani suore, nella casa madre di Calcutta, dopo uno spettacolo di magia. Il sorriso delle suore e dei tanti bambini che assistevano ed assistono, la vera luce di quei mondi di sofferenza. Non esiste bambino al mondo a cui non piacciono i giochi di prestigio. Il bambino sa che deve esserci un trucco ma non lo vede come limite alla sua meraviglia. Il bambino assiste, si appassiona, ride. Sa che al mago è sufficiente pronunciare una formula magica, qualcosa di simile alla magia che esiste nelle parole pronunciate dal parroco prima di dare la comunione: per certi versi anche questa è una magia, capace di trasformare l’ostia nel corpo di Cristo.
Nelle sue conferenze magiche, accenna sempre a quanto successo, al termine dell’ennesimo spettacolo, nell’agosto del 93, nel refettorio del lebbrosario di Sao Juliao di Campo Grande…
Mentre in tanti applaudivano e ridevano, mi accorsi di un bambino che mi osservava in modo del tutto particolare. Il suo sguardo andava al di là di quello che facevo sul palco. Mentre il pubblico se ne andava, al centro della grande sala c’era rimasto solo quel bambino: Paolino. Quando mi avvicinai, lui mi disse: “Tu che sei un mago, perché non mi fai guarire da questo brutto male? Così potrò tornare dai miei genitori”. La storia di Paolino era terribile: era malato di lebbra e la madre, per paura che potesse contagiare i suoi fratelli, lo aveva abbandonato. Di fronte a quella richiesta semplice, ma disarmante, la mia bravura di prestigiatore scomparve e mi accorsi di essere un inadatto, un personaggio in cerca di una nuova scrittura teatrale.
Amettiamo che mago Sales con i suoi spettacoli tocchi equamente cuore e fantasia…
La comunicazione è importante, sono stato nel quartiere di Librino, invitato dalle suore per uno spettacolo, ancora una volta a convincermi di una cosa: Il teatro è dramma, il teatro esprime sentimenti, paura, sorriso, comunicazione. La mia è comunicazione, anche con un gioco.
Giovanni Di Bartolo