Intervista / Massimo Pellegrino, investigatore privato: “Nel mio lavoro indispensabili onestà e professionalità”

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Massimo Pellegrino

Siamo abituati a vedere all’opera nei film gli investigatori degli organi di polizia statali o privati, tra i più famosi Sherlock Holmes, James Bond in 007, Hercule Poirot, frate Guillermo de Baskerville, Miss Marple, Maigret. Ma non siamo abituati a immaginarli all’opera nella realtà e tantomeno che potremmo noi stessi avere bisogno di persone che ricoprono lo stesso ruolo.

Abbiamo intervistato il dott. Massimo Pellegrino che svolge l’attività di investigatore privato da circa quattro decenni.

Qual è stato il caso più strano che ha affrontato nel suo lavoro?

Ce ne sono tanti. La cosa più strana, invece, è che ci sono molti abusivi e millantatori nel settore delle investigazioni private; dopo circa 40 anni di professione svolta con passione, mi è capitato di conoscere diversi clienti scontenti. Molti dei quali mi raccontavano la loro esperienza alle prese con investigatori che allungavano strategicamente i tempi delle indagini, per ottenere più soldi.

Questo lo trovo, a dir poco, poco professionale; ma non tutti siamo così; la gente, però, a causa dei “disonesti”, può pensare che siamo tutti uguali. Ripeto: non è così! Con questo non voglio elogiarmi screditando i colleghi; tantomeno, non voglio assolutamente affermare che “io sono bravo e gli altri no”; ci mancherebbe!

In questi anni di esperienza vissuta, cosa ha imparato di importante?

Ho vissuto e vivo in prima persona “su strada”, ogni giorno mi piace sempre imparare qualcosa di nuovo e confrontarmi con chiunque collabori con me. Mi ritengo soddisfatto quando consegno le prove ai clienti perché li metto davanti a fatti compiuti, portando gli elementi che si aspettano.Massimo Pellegrino

 Da dove nasce l’idea di svolgere questo lavoro? Si è ispirato a qualche film?

Da bambino guardavo spesso diversi film ed ero appassionato del telefilm “Magnum P.I.” e da lì, mi è venuta l’idea di realizzare il relativo sogno nel cassetto, diventato la professione che oggi continuo a svolgere con passione.

Mediamente, quanti clienti la consultano come investigatore privato e per quali motivi?

Parecchi! Di solito si rivolgono a noi per diversi motivi: tradimento marito-moglie, rivalutazione dell’assegno di mantenimento, ricerca di persone scomparse, separazioni coniugali, violazione nell’affidamento dei minori.
Poi ci sono anche aziende che ci contattano perché i loro collaboratori/dipendenti, utilizzano in misura sospetta i permessi lavorativi della legge 104.

Durante le indagini, riscontra che è sempre vero quanto raccontato dai clienti oppure i loro sospetti risultano, perlopiù, infondati?

Posso affermare che, per il 92 per cento dei casi, i sospetti sono veritieri; tre indagini su cinque confermano il sospetto iniziale che è tutto vero.
Il nostro lavoro consiste nel reperire informazioni, fare fotografie, seguire sconosciuti nella loro vita privata e cercare prove che servano a “inchiodare” la persona che si ha di mira.
Altro obiettivo è raccogliere prove di un reato nell’ambito di inchieste penali.

Quali sono i confini da rispettare nel lavoro di investigatore privato?

In tutti questi anni ne ho viste davvero tante, più di quante si possono immaginare, anche oltre quanto raccontano le pellicole cinematografiche. Ma la professionalità mi impone di restare in silenzio su questo aspetto.

Si è mai innamorato o ha preso una cotta per una donna che le ha chiesto di lavorare per lei seguendo il marito?

No! La mia professionalità mi impone di essere neutro e vedere il cliente come un rapporto asettico, senza compromettere la mia persona, altrimenti non avrei più fiducia in me stesso. Un comportamento diverso è contro la mia etica professionale.

Dott. Pellegrino, come si fa a pedinare una persona senza farsene accorgere?

Non è facile ma gli anni di esperienza mi insegnano che, se dovesse capitare di essere sospettati appunto di un’azione di pedinamento, bisogna inventarsi sul momento qualcosa per giustificare la nostra presenza sul posto. Così si può raccontare, ad esempio, di essere uscito di casa in fretta e furia, magari tutto spettinato, dopo avere litigato con la moglie; senza dare però troppe spiegazioni.

Si dice che il genio sia infinita pazienza, come definizione è pessima ma calza a pennello per il lavoro dell’investigatore.

Ci piace concludere citando Tami Hoag: “Un’indagine è come una partita a scacchi. Abbiamo bisogno di sapere dove erano tutti i pezzi prima che il nostro cattivo – chiunque esso sia – facesse la sua grande mossa”.

                                                             

                                                                                                         Giusy Giacone