Intervista / Simonetta Agnello Hornby, premio speciale per la letteratura al “Poeta per caso”: “Scrivo perché è bello!”

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Prima della serata di gala e della premiazione della nona edizione del concorso letterario nazionale “Poeta per caso”, svoltesi in piazza Duomo ad Nikon 2563Acireale, abbiamo intervistato la scrittrice Simonetta Agnello Hornby, cui è stato assegnato il premio speciale per la letteratura.

Ideatore della manifestazione culturale è il presidente dell’associazione “Cristo nuova speranza”, Giacomo Trovato. A presentare la serata finale sono stati Salvo Fichera e Loredana Marino. Durante la serata sono stati attribuiti i premi per i migliori romanzi editi e inediti e per la sezione dedicata alla poesia suddivisa in quattro categorie: scuola, giovani, adulti e lingua siciliana. Molti gli artisti presenti, premio speciale per la letteratura conferito a Melinda Miceli, premio per il volontariato a Giusy Nicolini, sindaco di Lampedusa, premio per l’arte e la carriera a Marcello Perracchio,  premio speciale per il canto a Daniela Rossello, per la musica al cantautore Ugo Mazzei, premio speciale per la letteratura, come detto, a Simonetta Agnello Hornby.

Nikon 2560Ci racconti un po’ di lei, della sua vita.
«Sono nata in Sicilia. Ho avuto una vita quasi normale, non sono andata a scuola per i primi cinque anni, avevo una maestra che veniva in casa e insegnava a me e mia sorella per cui stavo molto in famiglia e ascoltavo le storie di mia madre; poi ho frequentato le scuole pubbliche, sono stata mandata dai miei genitori in Inghilterra per imparare l’inglese, mi sono innamorata di uno studente di Cambridge e l’ho sposato a 21 anni. Abbiamo vissuto in America, in Africa e poi siamo andati in Inghilterra. Ho due figli, sono stata avvocato fino ai 70 anni nel diritto dei minori, ho insegnato all’università, ho fatto tante cose nella mia vita. A 55 anni, per caso, mentre aspettavo un aereo all’aeroporto di Fiumicino, mi è venuto un film in testa, “La Mennulara”, l’ho visto tutto in quell’intervallo e mi è venuta l’idea di scriverlo; l’ho scritto in un anno, ho trovato subito degli editori interessati  e adesso credo che è venduto in 23 paesi. Da allora scrivo anche libri».

Qual è il suo rapporto con la letteratura?
«Quello di qualunque avvocato; leggo come tutti gli avvocati dovrebbero perché non si può essere un bravo avvocato se non conosci i romanzi, la poesia, il verosimile per capire la realtà; questa è una cosa che mi ha insegnato un grande giurista inglese, Lord Denning. Ho sempre letto senza sensi di colpa perché avrei dovuto fare altro. Potrei però anche vivere senza scrivere libri, non fa parte della mia vita».

Allora perché scrive?
«Perché è bello, si fanno tante cose che non fanno parte della propria vita ma si fanno, per esempio stiro, cucio, ricamo. Stirare non mi piace tanto ma lo faccio sempre, fa parte della mia vita, potrei non stirare. Mi piacerebbe dipingere, fare un corso di pittura, ma non ho il tempo perché la scrittura è anche un lavoro».

Le tematiche più frequenti nelle sue opere?
«Lo deve dire il lettore quello che sono. Cambiano i miei libri; spesso sono storie di famiglia, scrivo anche di cucina. Un romanzo è sempre una storia complessa per cui le tematiche sono tante».

“Caffè amaro” è il suo ultimo romanzo. Di cosa tratta?
«Sì, è una storia che a me piace molto. Si tratta di una storia siciliana, una giovane donna a 16 anni va in sposa ad un uomo. Questa storia copre i primi 50 anni del secolo scorso per cui parte dai fasci siciliani e poi ci sono la prima guerra mondiale, il fascismo, la seconda guerra mondiale, i bombardamenti, l’arrivo degli americani, la Repubblica. È un romanzo storico con la esse maiuscola; ho fatto tante ricerche, la storia aiuta a capirci e a capire. È anche un romanzo di un grande amore».

Nei suoi libri fa sempre riferimento alla Sicilia? Qual è il legame con la sua terra?
«No. Dei miei romanzi uno è inglese, cinque sono ambientati in Sicilia e uno e tra Napoli e la Sicilia. I libri di cucina sono più o meno tutti sulla Sicilia, ho scritto un libro sulla violenza che non parla della Sicilia. Sono siciliana, sono nata e vissuta qui per cui i primi 21 anni sono quelli più formativi, nel campo del lavoro sono tutta inglese, non ho mai lavorato in Sicilia, per quanto riguarda la narrativa mi piacerebbe scrivere delle storie inglesi. Ho due paesi».

A quale dei due è più legata?
«Vorrei morire in Inghilterra perché ci sono i miei figli ed è mio dovere stare lì. Mia madre diceva sempre: “Non osare mai pensare di tornare in Sicilia per me, quando sarò vecchia; il tuo posto è con i tuoi figli”».

Nel 2014 è stata protagonista del programma televisivo “Il pranzo di Mosè”, nel 2015 del docu-reality “Io & George”. Ci racconta di queste esperienze?
«Ho fatto molta televisione in Inghilterra, ho partecipato a vari programmi televisivi come ospite. Quella che è stata una novità è fare dei programmi lunghi sei puntate; il primo era di cucina e con mia sorella, è stato divertente, piacevole, stancante; il secondo con mio figlio Giorgio che è disabile e l’ho voluto fare più che altro per lui e per tutti i disabili di questo mondo; è bello far vedere che un disabile può viaggiare e vedere il mondo. I disabili non si vedono, sono nascosti ed è sbagliato. Giorgio è stato bravo, molto coraggioso e abbiamo fatto un viaggio dall’Inghilterra alla Sicilia in sei tappe, passando da Milano dove ho la mia casa editrice e soprattutto dove volevo ambientare due episodi del libro “Caffè amaro”, siamo stati a Pisa, a Roma, Napoli, Palermo e nella nostra campagna, vicino Agrigento. Mio figlio mi ha aiutato molto sia nel primo che nel secondo; Giorgio è stato protagonista quanto me. È un lavoro come un altro, io ho avuto la fortuna di aver fatto televisione prima, sapevo stare davanti alla camera, me lo hanno insegnato dei professionisti».

Il rapporto con i suoi figli?
«Ci vogliamo bene, ci rispettiamo, ci bisticciamo, ma questo è sano. Con Giorgio è più difficile, lui non conosce più tanto il mondo, sono io che gli devo suggerire cosa fare insieme; da quando ha fatto questo programma è cambiato completamente, è più sicuro di sé, gira solo in carrozzella a Londra. Il rapporto tra lui e sé stesso è migliorato».

Graziella De Maria

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