Nell’ambito dell’evento “FAIR PLAY for LIFE” 2023, ospitato al Salone d’onore del Coni e indetto dal Comitato Nazionale Italiano Fair Play, si annovera il nome di suor Maria Trigila, docente salesiana all’istituto don Bosco Villa Ranchibile di Palermo.
In breve, “FAIR PLAY for LIFE” si impegna nel ricercare eccellenze. Inoltre, conferisce riconoscimenti per merito e competenza a chi svolge attività in favore della collettività e all’insegna di valori etici. Si riporta, in sintesi, il commento del presidente Ruggero Alcanterini del Comitato Nazionale Italiano Fair Play: “Sono gratificato dal sostenere una manifestazione ricca di valori e personaggi dalle carriere prestigiose, … in occasione della II edizione del premio. Nel concetto di ‘FAIR PLAY For LIFE’ si rappresenta poi la validità di ‘Transizione Etica’ … e ‘Diritto alla Gioia’”.
Il preambolo è d’uopo per introdurre suor Maria Trigila, protagonista di un convenuto confronto-dialogo.
Suor Maria Trigila, come s’inquadra un premio laico nel mondo religioso?
Ritengo che finalmente si guardi al mondo consacrato attraverso un segnale di merito. Quando mi dissero del premio, in un primo tempo non volevo accettare. Difatti, non si opera con la finalità di esser premiati! … Poi, invece, da un altro punto di vista, ne sono stata entusiasta, perché il mondo considerato laico si approccia a quello consacrato in particolare dei consacrati e delle consacrate! Si guarda adesso con positività e compiacenza al mondo religioso…In più, forse, si inizia a comprendere che anche in una ‘scuola paritaria’ si lavora per merito.
La scuola paritaria non deve vedersi come ‘diplomificio’… così, alla fine, si profila l’idea di far strada al merito.
Si cerca, invero, di tirare fuori dai ragazzi tutte le potenzialità. Anche loro, nella vita, debbono farsi strada per merito! E non come spesso accade per raccomandazione. Così, ho visto da un’altra angolazione il premio, che non viene nello specifico dato alla mia persona… Ma forse si è aperta una finestra sul merito della scuola paritaria. Il premio, pertanto, viene conferito non alla mia persona, bensì alla scuola che rappresento e a Don Bosco! Per l’evenienza, sono stata inclusa nel novero di 25 eccellenze! In tutto ciò, io non mi avverto come tale, ma penso di essere una persona che cerca di intuire, di cogliere i bisogni di oggi.
Don Bosco ha donato un modo di vedere, tipico del mondo dei salesiani, ossia: giocare d’anticipo, secondo un ‘sistema preventivo educativo’, il cui fine è trovare soluzioni soddisfacenti alle eventuali problematiche, insieme agli altri. Educare, inoltre, significa accompagnare verso l’acquisizione delle competenze, abilitare dunque alle competenze! In realtà, credo che il premio mi è stato conferito per il modo con cui accompagno i ragazzi all’acquisizione delle competenze e li abilito all’uso delle competenze. Solo facendo appello al termine ‘educere’, che significa tirare fuori, si può entrare in possesso di competenze! Occorre, infatti, tirare fuori dal non detto e leggere tra le righe una deduzione singolare, tratta dall’elaborazione personale del pensiero.
Pensiero pensante e parola parlante
Siffatta metodica darà luogo non ad un pensiero pensato, bensì ad un pensiero pensante e vibrante, capace di creare liaison tra sé ed altro, creando dei collegamenti riflettenti e, de facto, l’ambita competenza individuale. Un testo è solo il documento o la traccia di partenza, con cui parametrare se stessi in cerca del ritrovato ‘status identitario’ o ‘modo di valorizzare un pensiero manifestato’. O ancora, ‘punto di riflessione’ per giungere non ad una parola parlata, bensì ad una parola parlante. Parola che, secondo un fine logico, si radica in un contesto!
La lettura o la comprensione, infatti, non deve essere meccanicistica, bensì deve avere il potere di far affiorare altri pensieri, altri modi di vedere una singola cosa o l’oggetto dell’atto pensante.
Forse per questo modello educativo ho ricevuto il premio! Modello improntato sull’esercizio della percezione che diviene metodo di trasmissione. E da reiterare in occasioni successive e per il prossimo. Modello d’avanguardia per la scuola che si proietta verso il futuro!
Attualmente, insegno all’istituto Don Bosco Villa “Ranchibile” di Palermo. Si tratta di una scuola al passo con i tempi, innovativa e completa di ufficio stampa. Luogo in cui si svolgono anche corsi d’attualità con laboratori ad hoc. Qui si impara anche a fare montaggio di video clip. E non in ultimo, i ragazzi sono stati artefici del cortometraggio intitolato “La verità vive”, presentato in un’apposita sezione dell’evento “FAIR PLAY for LIFE” 2023. Corto dedicato a specifici argomenti, tra cui: le regole corrette dell’informazione, la lotta alla mafia a partire dall’insegnamento scolastico.
Suor Maria Trigila, cosa ne pensa della dismissione del Crocifisso nelle scuole. Si parla di dismissione persino sulle montagne?
Si parla tanto di chiesa sinodale, così è importante per prima cosa far dialogare i segni e le persone che li rappresentano. Dando forma al primo cenno di sinodalità!
Il Papa, per l’appunto, non parla di sinodalità solo all’interno della chiesa cattolica, bensì di sinodalità diffusa erga omnes! La sinodalità, in senso compiuto, si edifica tenendo conto di due elementi preponderanti e immateriali: ascolto e dialogo.
Nell’ottica del dialogo, io credo fermamente nel confronto interreligioso. E proprio per quel rispetto che deve sempre manifestarsi per ogni culto, non sono d’accordo per la dismissione dei simboli legati al Cristianesimo, che fa capo, tra le altre cose, alla tradizione e al credo del nostro popolo.
Così, come io rispetto la “Mezzaluna con la stella”, la “Stella di David”, nonché i relativi luoghi di culto e i rispettivi Paesi, allo stesso modo mi aspetto che in Italia si palesi il medesimo rispetto per la religione cristiana che, per tradizione, rappresenta il culto preminente … la religione dei nostri padri!
Unire i simboli per l’unità dei popoli
Non è possibile con le categorie dell’oggi espiantare il passato. Occorre, invece, far dialogare i simboli e unirli in un’unica rappresentazione: Crocifisso per i cristiani, Mezzaluna con la stella per l’Islam e Stella di David per la fede ebraica. Così da pervenire all’unità dei popoli. Il dialogo tra le parti non si costruisce annichilendo i simboli, bensì correlando i segni e, dunque, le persone. In tal senso, è come se togliessimo i segnali stradali. Se, per ipotesi, in prossimità di un incrocio non venisse stabilito il diritto di precedenza, chissà cosa accadrebbe. Quindi la riflessione è: si eliminano i segni o i segnali solo perché una specifica parte della popolazione non è d’accordo?
Poi, riguardo al Crocifisso, io formulo un distinguo, ovvero: una versione del Crocifisso senza Gesù per comunicare il senso della resurrezione, e un Crocifisso con Gesù per rappresentare, secondo il credo cristiano, la salvezza dell’Uomo. La direzione da prendere è infine il rispetto della fede. Ciò implica di conseguenza il ‘religioso rispetto’ delle religioni monoteiste. Ed ancora, nell’idea d’integrazione tra le genti, io credo nell’integrazione di simboli, ‘affiancati’ insieme nell’onda fluente di un futuro all’insegna della multiculturalità!
Luisa Trovato