Ad Acitrezza, alla XX° edizione del Premio “Acitrezza Terra dei Ciclopi”, il poeta acese Biagio Fichera è dichiarato dalla giuria primo classificato con la meravigliosa poesia “Quantu matri e picciriddi”, in cui sono racchiusi gli alti sentimenti del popolo siciliano verso i migranti, che, sfuggendo alla guerra e alla fame, vanno alla ricerca della pace, di una vita da vivere con dignità, non più sviliti e perseguitati.
Il poeta con il suo profondo sentire, si esprime nel ricco dialetto siciliano con stupendi versi: “Si tratta di dda genti sventurata, / ca di la guerra, veni cunnannàta / e scappa pp’attruvari annicchia ‘i pani / essennu ddà trattati comu i cani ….”. L’antica terra di Sicilia, culla di tanti popoli alla ricerca del benessere, “non ni varda mai culuri e razza; / arrivunu ‘i varcuni ‘i carni umana …/” : è il magico momento dell’amore “ ppi sti frati/…’sta genti / ci havi ‘u sangu di ‘nculuri / comu ‘o nòstru, chissu è nenti?”
I migranti, non tutti sono così fortunati da approdare in Sicilia: purtroppo, ci sono coloro che perdono la vita nel Mediterraneo, di conseguenza “’nda ll’occhi di sti frati, lu distinu, / si leggi senza paggini di scrittu, / lu cori, criaturi, l’hanu chinu / e ‘ndo distinu so c’è scuru fittu”. La poesia si conclude con il triste ricordo di madri e figlioletti, che hanno perso la vita nel mare: un dramma molto doloroso, che condanna la disumanità, ma essi “non ponu cchiù parrari.”
Sull’argomento Biagio Fichera mi ha rilasciato un’ intervista.
Noi siciliani siamo, più o meno, discendenti da migranti venuti nei millenni nella nostra isola: il che comporterebbe il dovere di accogliere a braccia aperte i migranti della nostra epoca. Secondo te, è così ? Nel nostro dialetto c’è una fusione di diverse espressioni, quando parliamo. Il siciliano è composto, in tutte le parti della Sicilia, di otto lingue diverse: greco, latino, arabo, normanno, svevo, bizantino, gallico-angioino, spagnolo-catalano. Si pensa che siamo discendenti di migranti, di conseguenza d’accordo che è nostro dovere riconoscere negli attuali migranti il nostro passato. Basti pensare che dai primi del Novecento, i siciliani iniziarono a emigrare, in particolare, sia nell’America del Nord che del Sud.
Hai esperienze di migranti del nostro tempo? Sì, ho conosciuto gente eccezionale, proveniente dall’Africa, con precisione da Eritrea, Etiopia, Egitto, Tunisia; con tali migranti, accolti con stima e riconoscenza, inseriti nella nostra società, di cui sono stati condivisi tradizioni, usi e costumi, ho avuto scambi culturali. Due di loro hanno voluto tradurre alcune mie piccole opere letterarie. Nei cinque anni di mia collaborazione con RAI 1, nella trasmissione “L’altro suono”, il mio compito era di parlare anche dei cantastorie. Ho una registrazione, effettuata dal cantastorie Orazio Strano, sull’ interpretazione della vita di John Kennedy, composta di 480 versi in dialetto siciliano, poetico. Ho tre lettere di John Kennedy. Dopo i ringraziamenti di Bob Kennedy per il mio forte interessamento nei riguardi del fratello John, sono stato invitato alla Casa Bianca, ma, per non abbandonare mia madre, ho rifiutato di trasferirmi in America. Tutta la documentazione è gelosamente custodita in un contenitore. Nel mio libro “’A Storia e li dialetti di la Sicilia”, edizione per le Scuole, approfondisco le origini della nostra terra; della gente riporto anche i loro racconti con esperienze di vita, tradizioni, ricordi del loro passato.
I migranti come dovrebbero essere trattati a livello nazionale?
I problemi sono diversi, perché nei barconi i migranti sono costretti a sopravvivere; altri purtroppo non hanno la gioia di toccare terra, per chiusura dei porti e divieto di approdo: si compie un’ingiustizia civile.
Cosa ha ispirato la poesia premiata e come ti sei sentito alla premiazione?
L’ispirazione è nata da guerre, incomprensioni di alcuni Stati europei, sofferenze umane, immergendomi nel sentimento di fratellanza universale. Ad Acitrezza, emozioni forti, per essere stato condiviso dalla giuria e dal pubblico.
Anna Bella