Interviste / Marco Pappalardo, scrittore e docente: ” Dobbiamo scegliere se essere gente disperata o gente di speranza”

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Marco Pappalardo è scrittore e giornalista. Giovane, solo 44 anni, se si pensa al numero delle sue pubblicazioni sino ad oggi. Sono, infatti, trenta i libri a tema educativo, formativo e religioso, dedicati a lettori di ogni età, uno per tutti “3P Padre Pino Puglisi, supereroe e rompiscatole”.
Docente di Lettere, insegna  all’IS. Majorana-Arcoleo di Caltagirone, dopo sedici anni di docenza svolta presso il Liceo Salesiano Don Bosco di Catania. Attinente alla scuola ha pubblicato “Diario (quasi segreto) di un Prof” ed è di prossima uscita “Educarsi ed educare al web”, entrambi per le edizioni San Paolo.
Da giornalista collabora con l’Avvenire e La Sicilia e altre testate. Lo abbiamo incontrato per sapere da lui come è nata la sua vena di scrittore, del  genere religioso in particolare, e come docente sempre in prima linea con i suoi studenti.
Prof. Pappalardo quando nasce questo suo bisogno particolare di comunicare con i giovani attraverso il messaggio cristiano?

L’origine di tutto è certamente l’oratorio salesiano San Francesco di Sales (Cibali) a Catania, che ho frequentato sin da ragazzo per lo sport e all’interno del quale sono stato presto coinvolto come animatore. Da lì ad oggi è stato un continuo aggiungersi di esperienze di impegno e servizio, anche a livello regionale, nazionale ed europeo all’interno del più vasto Movimento Giovanile Salesiano (MGS) e della Chiesa.
La vocazione alla comunicazione attraverso la scrittura è nata nel 1995 a Torino, visitando i luoghi di San Giovanni Bosco per la prima volta e vedendo la mole di libri che il Santo aveva scritto; allora dissi tra me e me (e forse anche a Don Bosco!): “Chissà che un giorno non possa scriverne anch’io almeno una piccola parte”. Poi, divenuto docente, è stato normale condividere e portare a scuola quanto vissuto, scegliendo uno stile educativo basato sul metodo preventivo, sulla cura delle relazioni, sul protagonismo giovanile, sull’amare ciò che amano i giovani.

Con quale libro ha iniziato e qual è stato il motivo ispiratore?

Il mio primo libro è stato “SMS. Sono Messaggi Speciali”, pubblicato nel 2006 dall’Editrice Effatà (Cantalupa-Torino) con la quale ho poi scritto diversi altri libri. Allora c’erano solo gli sms come avanguardia della nuova comunicazione ed io ho pensato di raccoglierne più di 400 divisi per temi (amore, amicizia, feste varie, auguri, ecc.), quasi un prontuario per chi aveva poco fantasia, per chi desiderava inviarne di tipo diverso, per chi voleva solo prenderne spunto. L’ispirazione era anche di tipo letterario, facendo riferimento alle celebri  raccolte di epigrammi del mondo antico. Inoltre, mi faceva piacere dimostrare come pochi caratteri, se ben usati, potessero offrire importanti messaggi.

Come nasce il libro su don Pino Puglisi e qual è l’impatto sui giovani?

Anch’io mi sono chiesto all’inizio perché un catanese dovesse scrivere un libro su un sacerdote palermitano che non aveva conosciuto di persona, considerato che molti Autori di libri su Padre Puglisi gli sono stati accanto veramente e per anni. Cosa potevo aggiungere io? Ho fatto la scelta più consona per me, quella dell’educazione e dei giovani, scrivendo un libro ‘diverso’, perché è come se 3P raccontasse di sé in prima persona e soprattutto lo facesse con lo stesso linguaggio che usava con i suoi ragazzi. In realtà c’è un’origine remota, legata alla mia adolescenza a scuola, quando sentii parlare da un mio prof.,  per la prima volta, di un prete ucciso dalla mafia. Che c’è di strano? Che il nostro prof. ce ne parlò proprio quando un’ora prima davanti alla scuola c’era stata una sparatoria per un regolamento di conti. Da allora capii anche cosa e quanto c’entrasse la vita con la scuola e viceversa.

Quale messaggio di speranza ha per i giovani soprattutto in questo momento destabilizzante per tutti?

La speranza è un dono ma è pure una scelta, dunque possiamo essere ‘gente disperata’ o ‘gente di speranza’, e non è un gioco di parole. Questo tempo complesso ci insegna che tutti viviamo le stesse difficoltà per quanto in condizioni diverse, ma la differenza sta nel come le affrontiamo e direi pure con chi e per chi. Come? Facendo “di necessità virtù”. Con chi? Con una compagnia, un po’ come quella de ‘Il Signore degli Anelli’, i cui componenti per la maggior parte del loro percorso sono stati separati, tuttavia sempre tenendo presente la meta comune e sostenendosi reciprocamente pur a distanza. Per chi? La speranza cresce donandosi e quindi donandola; questo l’ho imparato da un gruppo di giovani miei ex allievi che, tra marzo e maggio, si sono spesi in favore delle persone senza dimora della città di Catania.

Com’è Marco come docente?

Questo bisognerebbe chiederlo ai miei alunni e ai miei colleghi; da entrambi imparo ogni giorno qualcosa. Cerco di essere me stesso, ma sempre con l’attenzione all’altro. Punto sull’ascolto che non è mai tempo perso, ma occasione per dare spazio e decentrarsi. Credo nella centralità della relazione educativa senza la quale nessun contenuto potrebbe passare e restare  agli studenti. Studio molto, mi preparo, cerco di essere sempre puntuale anzi in anticipo, rispetto le scadenze e entro massimo 48 ore porto corretti i compiti scritti! Chiamo tutti con il nome proprio, non faccio mai l’appello (se conosco gli alunni che bisogno c’è?), saluto per primo, sorrido sin dalla prima ora pur avendo percorso 70 chilometri da Catania a Caltagirone svegliandomi alle 5.30! Infine, sogno una scuola con poche carte e molta vita.

Un messaggio di speranza per gli adulti?

I bambini, i ragazzi, i giovani sono in se stessi un messaggio di speranza per noi! Prendo in prestito un dialogo tratto da “Il Signore degli Anelli” che esprime straordinariamente bene ciò in cui credo: Sam: «È come nelle grandi storie, padron Frodo, quelle che contano davvero, erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi sapere il finale, perché come poteva esserci un finale allegro, come poteva il mondo tornare com’era dopo che erano successe tante cose brutte; ma alla fine è solo una cosa passeggera, quest’ombra, anche l’oscurità deve passare, arriverà un nuovo giorno, e quando il sole splenderà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, anche se eri troppo piccolo per capire il perché, ma credo, padron Frodo, di capire ora, adesso so: le persone di quelle storie avevano molte occasioni di tornare indietro e non l’hanno fatto; andavano avanti, perché loro erano aggrappati a qualcosa». Frodo: «Noi a cosa siamo aggrappati Sam?». Sam: «C’è del buono in questo mondo, padron Frodo:  è giusto combattere per questo!»

 Mariella Di Mauro