La felice ricorrenza del sessantesimo anniversario di sacerdozio è stata per mons. Giuseppe Malandrino, vescovo emerito delle diocesi di Acireale e Noto, occasione per ringraziare il Signore, con una solenne concelebrazione nella Cattedrale di Acireale, per i benefici da Lui ricevuti e per il fecondo ministero prima sacerdotale e poi episcopale al servizio delle due diocesi.
Dalla viva voce di mons. Malandrino, ci è stato possibile comprendere come il germe della sua vocazione sia maturato e nel tempo abbia potuto produrre, con la grazia del Signore, copiosi frutti. Quanto egli ci ha comunicato vuol costituire una vera e propria catechesi.
– Eccellenza, com’è maturata in lei la vocazione al sacerdozio?
“Devo tutto al mio parroco, mons. Vincenzo Spiraglia, il quale a Pachino, durante il periodo di preparazione al conferimento del Sacramento della Cresima (avevo all’epoca solo nove anni) mi chiese se per caso non mi sentissi chiamato dal Signore al servizio sacerdotale, dicendomi, tuttavia, che non dovevo rispondere a lui ma al Signore e suggerendomi di recitare quotidianamente un’Ave Maria alla Madonna, perché mi illuminasse sulla divina volontà su di me”.
– In che modo la sua famiglia ha influito sulla sua vocazione sacerdotale?
“Pur profondamente religiosa, la mia famiglia non ha mancato di esprimere inevitabili perplessità, legate anche al mio carattere abbastanza vivace”.
– Quali difficoltà hanno segnato la sua missione pastorale, dapprima quale semplice sacerdote e poi come vescovo?
“Non sono state certo poche le difficoltà che, anche a livello di comprensione, pur inesorabilmente caratterizzando la mia missione, sono state affrontate e superate grazie al mio ottimismo, con un’azione pastorale che non facesse mai nascondere la realtà, ma anche e soprattutto basandomi sulla ferma convinzione che la fede smuove le montagne ed è il Signore che opera nella storia. L’impegno nella due diocesi è stato sicuramente non semplice, particolarmente a Noto, ove si è dovuto affrontare e risolvere la complessa problematica della ricostruzione della Cattedrale”.
– In considerazione della sua ormai pluridecennale attività pastorale, quale bilancio si sente di fare delle sue esperienze di sacerdote e di vescovo?
“Sono convinto che un bilancio lo possa fare solo il Signore, unico giusto giudice, perché la missione sacerdotale non è da considerarsi un lavoro, bensì un’azione dello Spirito, sempre ispirata ad una forte scelta di fede. Non a caso, ho voluto ispirare il mio ministero episcopale all’ascolto della Parola di Dio, scegliendo come motto ‘Dei Verbum audiens’, per una ispirazione di fede che, basata sulla Parola di Dio, eviti la cosiddetta ‘Eresia dell’Azione’. Ho volutamente attribuito importanza primaria alle visite pastorali alle comunità, alle visite agli ammalati insieme con i parroci ed ai congressi eucaristici, tutte pratiche illuminate dalla Parola di Dio. Anche gli anni di studio a Roma (1950/’58) hanno contribuito a maturare in me una triplice devozione: Eucaristia, Madonna della Fiducia, Papa. Se, comunque, un bilancio posso fare in termini numerici, sono ventisette i presbiteri da me ordinati nei diciotto anni di servizio nella diocesi acese, diciotto, invece, in quella di Noto”.
– Quali consigli si sente di dare a quanti oggi si impegnano ad abbracciare il sacerdozio o ne stanno già vivendo le prime esperienze?
“A mio parere occorre andare sempre all’essenziale della fede. Facendo ingresso in Seminario, poi, occorre chiaramente discernere quale ne sia l’intento, se cioè ci si senta chiamati almeno embrionalmente dal Signore. Si diventa preti per servire, sull’esempio di Cristo, gli altri, particolarmente se poveri e bisognosi ed occorrono, a tal uopo, motivazioni forti, ritenendo essenziale la preghiera e sforzandosi di evidenziare un sacerdozio gioioso, non solo a parole, ma con fatti concreti.
– Com’è la sua vita oggi? Quali momenti ne scandiscono il diuturno scorrere?
“Oggi posso riprendere pienamente la mia libertà di figlio di Dio, assicurare una maggiore disponibilità alla preghiera oltre che disporre di maggior tempo per incontri e per la ripresa delle mie attività di studio; ciò mi consente di trascorrere gioiosamente l’età avanzata”.
– In che modo il messaggio evangelico può ancor oggi essere conciliabile con le contingenti difficoltà socio-economiche?
“Occorre, comunque, che tutti ci si sforzi sempre nell’annuncio evangelico, parola d’amore e di servizio. Occorre essere testimoni credibili del messaggio per una fedeltà al Vangelo nelle situazioni concrete”.
Nando Costarelli