Nella nostra rassegna sui personaggi siciliani non poteva mancare una ragazza di origini piemontesi, ma acese di adozione, la pittrice Ginevra Bacciarello (1890-1913).
Bentrovata, maestra. Siete nata ad Ancona il 26 marzo del 1890. Dopo 15 anni, per esigenze di lavoro del padre, la sua famiglia si trasferisce a Roma dove intraprende la sua formazione artistica. Come nasce in voi la passione per l’arte?
Mia madre Caterina Turco è morta di parto quando avevo solo 3 anni. Zia Teresa si è presa cura di me e dei miei fratelli, Alberico e Italo, e di mia sorella Alba. Mio padre Michele era un ingegnere delle ferrovie e nel 1905, come avete già detto, ci siamo trasferiti a Roma dove ho conseguito la licenza di Scuola Normale e dove scopro di avere una particolare attitudine al disegno. A 17 anni chiedo di essere ammessa al Regio Istituto di Belle Arti presieduto dal famoso scultore e pittore Ettore Ferrari. Per la bravura e la capacità nello studio di figura e prospettiva vengo ammessa al terzo corso. A 20 anni conseguo il diploma e l’abilitazione all’insegnamento del disegno.
Quando conoscete il vostro futuro marito Luciano Condorelli?
Durante gli anni trascorsi presso il Regio Istituto di Belle Arti. Luciano era un giovane artista di Acireale, una cittadina che non conoscevo. Di Luciano mi ha affascinato la sua sicurezza, il carattere determinato e ambizioso. Ha partecipato con tanti lavori all’VIII Esposizione internazionale di Belle Arti, nonché a tante esposizioni sparse in Italia e all’estero. Il 28 gennaio 1912 ho sposato Luciano con rito civile. L’indomani metto piede per la prima volta ad Acireale in una fredda giornata invernale.
Com’è stato il trasferimento da una grande città a una piccola cittadina di provincia? Vi siete ambientata in breve tempo?
Con Luciano siamo andati a vivere in una casa paterna molto modesta. Ad Acireale ci aspettava la madre di Luciano, Concetta Zammataro, che mi ha odiata fin dal primo giorno. Mio marito ha continuato ad alloggiare nella sua stanza da scapolo, mentre a me hanno dato in uso due angusti locali in affitto a pochi metri di distanza. In una di queste stanze ho creato il mio studio, una stanza in cui mi sentivo libera di dipingere.
Di voi si sono occupati studiosi di Acireale, in particolare Vincenzo Giuseppe Costanzo e ultimamente la professoressa Leda Vasta con una significativa pubblicazione, Ginevra Bacciarello. Il destino di una pittrice, edito da Kalós nel 2022. Vasta tratteggia la sua vita privata, ma soprattutto la sua formazione e carriera professionale. Ho notato che vi dilettavate a realizzare ritratti e autoritratti. Quale tecnica usavate?
Padroneggiavo perfettamente l’uso della prospettiva ed eccellevo particolarmente nel genere del ritratto, come scrive la cara Leda Vasta, che ringrazio. Quando abitavo ancora a Roma ho realizzato il ritratto di mio fratello Italo, di mia sorella Alba, e diversi autoritratti. Ho seguito i modelli colti e dei ritratti realizzati da artisti come Gustav Klimt, Ettore De Maria Bergler e Giovanni Boldini. Negli autoritratti può notare uno sguardo fiero e una forte personalità, mentre nell’ultimo, realizzato ad Acireale tra il 1912-1913, traspare intensa tristezza, infelicità e solitudine. Cambiamo discorso. Mi sono divertita a realizzare anche tanti paesaggi. Nei tre paesaggi conservati presso la Collezione Costanzo, Vasta sottolinea una modalità di rappresentazione della natura del tutto innovativa.
Famoso è il vostro affresco La Vergine dei cipressi conservato presso la cappella funeraria dell’Eremo di Sant’Anna.
I fraticelli del piccolo convento mi hanno affidato la decorazione dell’intera parete della cappella. Per lo schema compositivo mi sono ispirata alla tela seicentesca Madonna del Rosario con frati domenicani e francescani di Antonio Catalano, posta nel primo altare della navata destra della Cattedrale di Acireale.
Tutt’oggi la vostra prematura scomparsa è coperta da ombre: c’è chi sostiene che è stato un suicidio, chi un omicidio dalle tinte fosche. Ginevra Bacciarello, ci volete svelare cos’è avvenuto realmente?
Devo andare all’Eremo di Sant’Anna a controllare il mio affresco, perché mi hanno riferito che si conserva in pessime condizioni. Sono presenti vistose striature nere dovute all’ossidazione della biacca utilizzata per le lumeggiature e una forte umidità ha provocato il distacco della superficie. Pardon.
Marcello Proietto