Oggi intervistiamo un personaggio di indubbia esistenza, frate Atanasio di Jaci (XIII secolo). Le poche notizie sulla sua vita ci giungono dal volume Acireale e dintorni. Guida storico-monumentale del canonico Vincenzo Raciti Romeo, pubblicato nel 1927.
Bentrovato, frate Atanasio di Jaci. Prima di entrare nel vivo della vostra attività letteraria, ci volete parlare della vostra vita.
Ribadisco ancora oggi che sono nato ad Akilia Vetere discendente dell’antica famiglia della Gens Akilia, smentendo ampiamente l’ipotesi di una vaga discendenza saracena. Abbraccio la vita monacale, divenendo benedettino presso il monastero di San Nicolò de Nemore o di la Rina di Catania. Successivamente, mi trasferisco nel monastero di Sant’Agata annesso alla Cattedrale di Catania, divenendo canonico del Capitolo monacale.
Siete famoso per aver scritto una preziosa cronaca nel 1287, ancora oggi un prezioso documento storico dell’epoca.
Testimone oculare della visita a Catania del re aragonese Giacomo II nel 1287, ho voluto omaggiare il sovrano scrivendo una cronaca dal titolo Di la vinuta di lu re Iapicu in Catania per tramandare ai posteri il grande evento cittadino. Ho appreso che la mia opera, interamente scritta in siciliano, è stata ritenuta falsa, addirittura hanno messo in dubbio anche la mia esistenza.
Vincenzo De Gaetano ne dubita l’attestazione precedente alla sua menzione nel libro di Pietro Carrera Delle memorie historiche della città di Catania del 1693.
Mi sono ampiamente documentato su questa vicenda. Che io sappia la mia opera è stata ritenuta autentica da Enrico Sicardi per l’edizione del 1917. Anche Giulio Bertoni la considera autentica, poiché si basa sulla veridicità della lingua da me utilizzata.
Per chiudere la questione, le ricordo che la recente storiografia, ovvero il prof. Paolo Preto, nel 2006 ha ritenuto falsa la cronaca. Ci volete raccontare comunque un episodio del racconto che vi è rimasto impresso, nonostante siano passati secoli.
Più che un evento, ricordo un atto che fece re Giacomo II d’Aragona quando si recò in visita a Catania: nominò il catanese Forti Tudisco governatore di Aci come premio per aver combattuto la battaglia contro i francesi.
Se l’opera è quindi autentica, la si può ritenere una dei più antichi esempi di prosa siciliana.
Ebbene sì. Le dico che ho pure scritto un’altra opera Lu rebellamentu di Sichilia nel 1290. Il testo non porta il mio nome, poiché in quel tempo era proibito a noi religiosi scrivere di politica, le nostre letture non andavano oltre alle Sacre scritture.
Mi piacerebbe se ci leggesse un passo della sua cronaca, per far comprendere ai lettori la valenza letteraria del testo in ambito filologico.
Lu re Japicu si partiu pri assediari li franzisi ad Augusta, ma ss’ndi jeru prima, e li genti di lu regnu ancora non erano fermi, chi, cu dicia una cosa cui un’autra ma tutti vinianu inchinati a lu re Japicu.
Infine, ci volete parlare del prestigioso monastero di San Nicolò, dove avete passato buona parte della vostra vita?
Cosa dire più di quello che è stato ampiamente scritto da tanti studiosi. Ormai non ricordo più nulla. Quando ero in vita conoscevo in dettaglio tutta la storia e le date a memoria. L’unico ricordo che mi è rimasto in memoria riguarda la fondazione del monastero benedettino, il primo cenobio voluto da Ruggero nella città etnea con diploma emanato nel 1092.
Marcello Proietto