Il ritratto di monsignor Michelangelo Bonadies, già nostro ospite, lo possiamo ammirare ancora oggi grazie a un affresco conservato nella sagrestia del Duomo di Catania, realizzato dall’artista acese Giacinto Platania (Acireale, 13 ottobre 1612 – Acireale, 10 luglio 1691), protagonista dell’odierna intervista.
Bentrovato, maestro Giacinto Platania. Prima di addentrarci sullo stile pittorico e sulle tante opere che avete realizzato tra Acireale e Catania, vorrei chiedervi qualche notizia sulle vostre origini.
Sono nato ad Acireale il 13 ottobre 1612. Mio padre Antonio era un pittore affermato nel comprensorio acese; mia madre si chiamava Caterina. Ho avuto tre fratelli, Bonaventura, Didaco e Geronimo. Gli iniziali rudimenti della mia formazione artistica li apprendo da mio padre, prima di perfezionarmi presso la scuola di Messina che era, in quel periodo, un centro artistico d’eccellenza per l’insegnamento del disegno e della pittura. Mio padre aveva bottega all’inizio dell’attuale piazza Duomo ad Acireale, oggi via Currò e Largo Botteghelle.
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Al fratello Didaco viene imposto un nome particolare, forse in uso in quel periodo ad Acireale perché la Sicilia era dominata dalla corona spagnola?
Ebbene sì. Didaco è un nome di origine spagnola e proviene dalla parola Didacus, che a sua volta deriva dal greco, che significa imparare. Mio fratello nasce nel 1633, quando ero maggiorenne e già “mastro” di bottega.
Bonaventura, invece, viene battezzato nel 1628 al fonte della chiesa matrice di Aci Aquilia, oggi il Duomo dedicato all’Annunziata, e gli furono imposti altri tre nomi: Michelangelo, Joseph e Alvarez. E come si può leggere sul Registrum Baptizatorum 1617-1647 dell’Archivio Capitolare, il cappellano di quell’epoca era Simone Marano e il padrino Giovanni Battista Mazzullo. Geronimo, il fratello minore, è stato battezzato nel 1636 sempre nella medesima chiesa madre di Aci Aquilia da don Andrea Leonardi.
Numerose le tele realizzate ad Acireale e nei paesi viciniori. Abbiamo traccia delle vostre opere anche nella chiesa Madre di Capizzi in cui dipinge S. Antonio Abate e ad Alcamo. Fin dalla prima volta che ho ammirato la tela Il transito di S. Giuseppe, conservata nella chiesa omonima ad Acireale, sono rimasto affascinato per le emozioni che sprigionano i personaggi ritratti.
La tela raffigura il momento in cui S. Giuseppe sta esalando l’ultimo alito di vita. Il glorioso padre putativo di Gesù l’ho rappresentato seduto con la testa fasciata, la schiena poggiata su un cuscino riccamente ricamato. A destra, in piedi, la Madonna, che contrita indica il suo sposo, a sinistra Gesù che tiene la mano al padre e lo sostiene dalle spalle. In basso ho inserito due angioletti seduti con una cesta e nel registro superiore della tela sono raffigurati altri due angioletti agli angoli, al centro la colomba simbolo dello Spirito Santo.
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Come ha scritto Agata Blanco sul catalogo In propria venit pubblicato nel 2001, “la tela rispecchia in pieno la pittura del ‘600”. Ma la storia ci ricorda che non siete stato solo un affermato pittore di quel periodo. La personalità poliedrica che vi contraddistingue si è manifestata per l’impresa svoltasi nel 1669 in occasione di una funesta eruzione dell’Etna che minacciava il territorio di Catania.
Insieme a don Diego Pappalardo, sacerdote della chiesa catanese, e Saverio Musmeci, ingegnere acese, partecipo allo storico tentativo di deviazione della colata lavica. L’ardito progetto è stato un fallimento per l’ostruzionismo tentato dai contadini che temevano per le proprie terre. Nella sagrestia del Duomo di Catania, oltre al tondo che raffigura il vescovo monsignor Michelangelo Bonadies, si trova l’affresco che ritrae Catania investita dal fiume di lava.
Diverse le pubblicazioni sulla vostra vita e sullo stile pittorico, ricordiamo le monografie di Pinella Musmeci, La città e il suo testimone e di Santo Castorina, Cinque studi su Giacinto Platania. In conclusione, vorrei chiedervi dove siete sepolto.
Prima di venire da voi, mi sono recato sulla mia tomba. Le mie ossa si conservano nella chiesa di Santa Maria degli Angeli di Acireale, un edificio dei frati Cappuccini in cui si respira il carisma del fraticello di Assisi.
Marcello Proietto