Oggi è venuto a trovarci un personaggio illustre dell’aristocrazia catanese, discendente di un’antica famiglia siciliana, Antonino Paternò Castello (1852-1914), VI marchese di San Giuliano, sindaco di Catania (1879-1882), ministro degli Esteri (1905-1906/1910-1914), ministro delle Poste (1899-1900) senatore (1905-1914), più volte deputato.
Benvenuto, marchese Paternò Castello. In apertura del ciclo di incontri abbiamo avuto ospite la vostra terzogenita Maria che, con devota compostezza, ha ricordato gli anni della sua infanzia e adolescenza nella dimora di famiglia a Catania, progettata dall’architetto palermitano Giovan Battista Vaccarini nel 1738. Ci vuole parlare della sua famiglia d’origine?
La famiglia Paternò affonda le sue origini nella gens paterna consolare romana, a sua volta derivata dalla gens julia, come ha specificato egregiamente Gianpaolo Ferraioli, che vivamente ringrazio, autore di una monografia, Politica e diplomazia in Italia tra XIX e XX secolo. Vita di Antonino di San Giuliano (1852-1914), pubblicata nel 2007 da Rubbettino. Se ci discostiamo dal velo del mito e della leggenda, discendente diretto della famiglia è Roberto dei principi di Embrun. Roberto giunge in Sicilia con gli eserciti normanni di Ruggero d’Altavilla e Roberto il Guiscardo e con la benedizione di papa Niccolò II assume il compito di riconquistare l’isola al mondo cristiano dopo la lunga oppressione araba.
Per non tediarvi troppo sul mio complesso albero genealogico, vi dico che i miei avi hanno partecipato alla fondazione del Siculorum Gymnasium, di cui vado fiero. Hanno contribuito ad ampliare il porto e hanno preso parte alla ricostruzione della città dopo l’horribilis terremotus avvenuto l’11 gennaio 1693.
Ci vuole tratteggiare a grandi linee la sua infanzia e la sua educazione giovanile?
Sono nato a Catania nel 1852, credo tra l’8 e il 9 dicembre. I miei genitori, Benedetto e la principessa di Cassaro, mi hanno registrato nei registri parrocchiali il 10. Come ho scritto nel mio diario, sono rimasto figlio unico dopo una serie di decessi che hanno colpito i miei fratelli. Ricordo che fin da piccolo passavo molto tempo nella ricca biblioteca del palazzo di famiglia. A 7 anni, nell’estate del 1860, dal balcone centrale, ho assistito insieme a maman all’ingresso dei garibaldini a Catania. Ricordo un certo Francesco Marletta, amico di famiglia, che sventolava una bandiera tricolore, la prima vista nella mia vita. Passando sotto il balcone si è rivolto a maman gridando “Viva l’Italia, marchesina”. Subito dopo, i ricordi sono nitidi, maman si è rivolta verso me dicendomi: “Grida viva l’Italia”. Ed io ho gridato con tutto il fiato che avevo in gola!
Sono stato sempre di gracile salute: da bambino i miei genitori mi tenevano isolato dal mondo. Si figuri che non vedevo i miei cugini e gli altri bambini perché mio padre temeva che io potessi espormi a correnti d’aria o ad altri pericoli. Quasi ogni anno passavo un mese a letto, perché ammalato. Questo trattamento mi ha procurato una forte malinconia. Inetto a prendere decisioni e a ogni lavoro manuale. Il mio precettore don Francesco Oliveti, piemontese d’origine, aveva tentato di indirizzarmi verso una vita conformista e militare, obbligato da mio padre, ma faticavo a seguirla. Grazie all’opportunità di viaggiare molto, ho appreso le principali lingue europee. Mi sono laureato in Giurisprudenza discutendo una tesi dal titolo “Stato e Chiesa”.
In giovane età, prima del compimento del ventesimo anno, decidete di partecipare alla vita politica catanese. Marchese Paternò Castello, come inizia la vostra carriera? Ricordiamo che avete avuto un grande successo ricoprendo diversi ruoli istituzionali.
I miei primi passi in società sono avvenuti nel momento in cui il mondo agricolo siciliano stava uscendo a stento da una crisi di produzione, preludio della rivoluzione industriale che aveva colpito Catania, assumendo poi l’appellativo di “Milano del Sud”. Sono stato un politico della fazione liberal-progressista e anticlericale; crispiniano in politica interna ed estera, ostile alla Francia repubblicana, estimatore della Germania bismarckiana.
Insieme ad altri amici ho fondato il periodico Lo studente, in cui ci siamo divertiti a pubblicare in particolare saggi di natura politica. Nel 1875 sono stato eletto nel consiglio comunale con le elezioni suppletive del 25 luglio. Da quel momento la mia carriera è stata tutta in salita. Mi permetta di ricordare il matrimonio avvenuto nello stesso anno con Enrichetta Statella dei conti di Castagneto, una lontana nipote di maman.
Marcello Proietto