Interviste siciliane – 8 / Domenico Lo Faso Pietrasanta, duca di Serradifalco, architetto e archeologo

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Domenico Pietrasanta duca di Serradifalco

Nelle nostre interviste si alternano esponenti della cultura, fini intellettuali, rappresentanti dell’aristocrazia fondiaria e artisti che hanno contribuito a innalzare il prestigio della Sicilia. Il personaggio che oggi è venuto a trovarci è un nobile intellettuale che ha esportato il bello dell’Isola oltre i confini del sapere, Domenico Antonio Lo Faso Pietrasanta, V duca di Serradifalco (Palermo, 21 febbraio 1783-Firenze, 15 febbraio 1863).

Bentornato, duca Pietrasanta. Vorrei iniziare l’intervista partendo dal volume di Alberico Lo Faso Serradifalco, Domenico Antonio Lo Faso Pietrasanta V duca di Serradifalco. Patriota – Archeologo – Architetto (Palermo 1783-Firenze 1863), a cura di Sergio Luigi Milazzo, Maria Antonia Panvini, Annunziata Sciascia Cannizzaro, pubblicato nel 2017 da Algra editore. I curatori, per impulso del vostro parente Alberico, hanno ricostruito la vostra biografia, evidenziando i tratti salienti della vostra vita impegnata in diversi fronti e passioni. Ci volete parlare della vostra formazione accademica?

Sono andato a studiare architettura e archeologia a Milano. Sono stato allievo di Luigi Cagnola, famoso architetto italiano ed esponente di primo piano del Neoclassicismo milanese. Grazie alla sua conoscenza ho sviluppato un profondo interesse per l’architettura palladiana e per l’arte classica. L’amore per l’arte in generale l’ho avuto fin da bambino. La mia famiglia abitava in pieno centro storico a Palermo, in piazza Pretoria. In un edificio risalente al 1509 il cui prospetto principale in stile neoclassico è stato da me progettato. Oggi si chiama Palazzo Bonocore, dove è ancora visibile lo stemma del Ducato di Serradifalco.Volume su duca di Serradifalco

Duca Serradifalco, molti gli incarichi che vi sono stati dati.

Sono stato nominato presidente della Commissione di Antichità e Belle Arti di Sicilia dal 1840 al 1847 e chiamato dai Savoia al Senato del Regno d’Italia. Ho eseguito numerosi  scavi e restauri: a Segesta, Selinunte, Agrigento, Siracusa, Taormina. Su queste campagne di scavo ho pubblicato la mia opera più importante Le antichità della Sicilia esposte e illustrate, in cinque volumi, pubblicata a Palermo tra il 1834 e il 1842.

Quando ho studiato la corrispondenza tra voi e Lionardo Vigo, contributo pubblicato su Memorie e Rendiconti del 2020, ho notato che tra le varie nomine siete stato insignito socio onorario dell’Accademia degli Zelanti e dei Dafnici di Acireale, di cui anch’io faccio parte da pochi mesi come socio corrispondente.

Nella lettera del 17 settembre del 1834 ringrazio l’amico Lionardo Vigo, in qualità di segretario della prestigiosa istituzione accademica, per la nomina a socio onorario. Ho ricevuto il diploma di conferimento; in cambio, per il generoso titolo donatomi, ho inviato a Vigo un opuscolo di studi su Agrigento, edito nel 1832.

Nelle poche lettere da me studiate, in tutto tredici, appartenenti al fondo epistolare di Lionardo Vigo, scritte dal 1834 al 1847, tanti sono gli accenni ai progetti futuri di opere pubbliche da voi realizzate e alla vostra ampia produzione scientifica.

Come architetto ho realizzato unicamente due opere a Palermo. Sono il Teatrino della musica al Foro Borbonico (oggi Foro Italico), in collaborazione con Carlo Giachery, e il parco dell’Olivuzza con due edifici. La mia opera letteraria più importante è il corpus in cinque volumi su Le antichità della Sicilia esposte ed illustrate. I volumi contengono un’esauriente descrizione e un dettagliato e pregiato apparato iconografico a corredo. Poi incisioni realizzate personalmente da me e per buona parte dal cavaliere Francesco Saverio Cavallari.V duca di Serradifalco

Nella Biblioteca Zelantea si conserva la collezione completa.

L’imponente opera è così suddivisa: il primo volume è dedicato ai monumenti di Segesta; nel secondo si descrivono i beni archeologici di Selinunte; il terzo volume è sul vasto sito di Agrigento; nel quarto, elenco le rovine di Siracusa e nell’ultimo raffiguro i reperti di Solunto, Catania, Taormina e Tindari. 

Per concludere, una curiosità: nella lettera del 31 marzo 1846 accenna sempre a Vigo che a Pasqua di quell’anno raggiungerà l’imperatrice di Russia Aleksandra Fëdorovna Carlotta di Prussia, moglie dello zar Nicola I. Come avete conosciuto gli imperatori?

L’imperatrice si è recata l’anno precedente in visita obbligata in Sicilia per curare la cagionevole salute. La corte russa è sbarcata a Palermo il 23 ottobre 1845 e ha trovato ospitalità presso le ville patrizie palermitane. Tra queste la nostra, quella del duca di Monteleone e del principe di San Giuseppe. Sulla visita ho pubblicato un opuscolo, una cronaca del soggiorno della corte imperiale russa a Palermo.

Marcello Proietto

 

 

 

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