Il primo voto dopo l’accordo sul nucleare e l’alleggerimento delle sanzioni premia la politica moderata e riformista del presidente Rohani. L’Iran si conferma un player importante nelle crisi del Medio Oriente. Dalle urne il popolo iraniano, un terzo dei quali giovanissimo, chiede anche ripresa economica e riforme. Ma perché ciò si avveri è necessaria la fiducia della comunità internazionale. Non solo politica, economia e stabilità ma anche rispetto di diritti. L’incognita del prossimo presidente Usa sul processo di integrazione. L’analisi del voto di Damiano Zoffoli, europarlamentare, vice presidente della Delegazione per i rapporti con l’Iran e membro della Commissione ambiente, sicurezza alimentare e salute pubblica del Parlamento europeo.
In fila ai seggi per il primo voto dopo l’accordo sul nucleare e l’alleggerimento delle sanzioni: è questa la prima istantanea dell’elezioni in Iran di venerdì 26 febbraio. Giovani, anziani, persone malate, donne, tutti in fila, ai seggi. Hanno votato in oltre 34 milioni, vale a dire il 62% degli aventi diritto (55 milioni), per eleggere i 290 membri in Parlamento (Majlis) e soprattutto gli 88 dell’Assemblea di Esperti, l’organismo che resta in carica per 8 anni e che ha un ruolo fondamentale nel sistema politico iraniano perché deputato a scegliere al suo interno il successore della Guida Suprema Ali Khamenei laddove questi morisse o si dimettesse. Significativo il fatto che dall’Assemblea degli esperti escono due importanti ayatollah conservatori: Mohammad Yazdi, attuale capo dell’Assemblea e Mohammad Taghi Mesbah Yazdi, ispiratore della politica dell’ex presidente Mahmoud Ahmadinejad. La seconda istantanea è la vittoria dei moderati e riformisti. La tv di Stato, che cita dati del ministero degli Interni, ha dichiarato che i moderati iraniani hanno ottenuto la maggioranza sia in Parlamento che in Assemblea. Dunque trionfo del presidente Hassan Rohani e del suo alleato, ex capo di stato Hashemi Rafsanjani. I riformisti del presidente Rohani hanno conquistato almeno 85 seggi in parlamento su 290, mentre i conservatori ‘moderati’, che appoggiano l’accordo internazionale sul programma nucleare iraniano, ne hanno conquistati 73. Agli ultraconservatori, che si affermano nelle zone rurali del Paese, sono andati invece 68 seggi, contro gli oltre 100 che occupano nel parlamento uscente. Cinque seggi alle minoranze religiose, mentre gli ultimi 59 saranno assegnati sulla base dell’esito dei ballottaggi di aprile. Tredici le donne elette nel Parlamento su 500 candidate.
Dagli interessi economici alla fiducia.“Gli iraniani hanno voluto premiare il nuovo corso di Rohani”commenta Damiano Zoffoli, europarlamentare, vice presidente della Delegazione per i rapporti con l’Iran e membro della Commissione ambiente, sicurezza alimentare e salute pubblica del Parlamento europeo. “Un voto che va a rafforzare quel ‘segnale di speranza’, per ripetere le parole dell’Alto Rappresentante per la politica estera dell’Ue, Federica Mogherini, rappresentato dall’accordo sul nucleare dell’estate scorsa a Vienna. Io credo – aggiunge Zoffoli – che il voto del 26 febbraio incoraggi questo segnale. Un esito affatto scontato vista la forza dell’ala conservatrice che ha contestato quell’accordo”. Per ricostruire i rapporti con l’Iran “la strada giusta è quella che ha portato all’accordo di Vienna, che per citare Barack Obama, è basato più sugli interessi che sulla fiducia”. Le sanzioni internazionali hanno pesato duramente sul Paese. L’Iran ha bisogno di vendere le sue materie prime come petrolio e gas. “Per il gas – sottolinea Zoffoli – potrebbe diventare un concorrente della Russia per le forniture all’Europa. Ma ha anche enormi problemi ambientali e tanto bisogno di tecnologie. In questo campo la presenza dell’Ue è indispensabile”. L’isolamento internazionale, inoltre, ha fatto crescere “una grande richiesta culturale. L’Iran oggi vanta 20 siti patrimonio dell’Unesco. Esiste un mondo di cultura e di università che da tempo guarda all’Occidente e che attende con ansia le condizioni anche politiche per uscire dall’isolamento. L’Ue e l’Italia, in particolare, hanno capacità e professionalità in tutte queste direzioni e quindi ci sono grandi margini di collaborazione.
L’Iran è giovane. Un terzo della sua popolazione è minorenne e l’età media è di 27 anni, mentre nell’Ue è di circa 36. Un popolo giovane che ha voglia e interesse di dialogare con il mondo. Per questo è un terreno fertile”.
Voto per la stabilità. Oltre a confermare la linea di apertura di Rohani, le urne hanno anche riproposto l’Iran come elemento di stabilità in Medioriente segnato da tensioni e guerre. “Non si può immaginare nessuna stabilizzazione del conflitto siriano senza l’Iran – afferma Zoffoli – il timido segnale che arriva dalla tregua in atto deve essere alimentato con il coinvolgimento di tutte le parti, Iran in testa. A maggio andremo in visita a Teheran con una delegazione ufficiale del Parlamento europeo. L’agenda degli incontri è piena di temi”. Tra questi i diritti umani da rispettare.“Non esiste collaborazione e cooperazione senza diritti umani. Non si può tacere della pena di morte applicata nel Paese, di minori condannati al patibolo, ben 7, negli ultimi anni– ribadisce l’eurodeputato – in Iran il tribunale dei minori è stato istituito solo pochi mesi fa. L’80% delle condanne sono legate allo spaccio di droga”. “La lotta al traffico di stupefacenti vede coinvolta anche l’Europa, dunque strade aperte alla collaborazione ma senza usare modi che non sono condivisibili. La pena di morte è uno di questi”. Anche così si ricostruisce la fiducia, al di là del business. A proposito, dice Zoffoli, “un prossimo passaggio potrebbe essere la richiesta di ingresso dell’Iran nel Wto, l’Organizzazione mondiale del commercio. Ma ripeto: commercio e economia sono basilari così come lo è una seria politica di rispetto dei diritti umani”. Sul cammino dell’Iran resta solo un’incognita, conclude l’europarlamentare: “chi sarà il prossimo presidente Usa? Questa elezione potrebbe davvero condizionare tutto”.
Daniele Rocchi