Iran / Un film e una condanna per “propaganda contro il sistema”

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Saeed Roustayi

In Iran è stata pronunciata recentemente la condanna a sei mesi di carcere contro il regista e il produttore del film Leila e i suoi fratelli. Provenienti da un panorama fortemente repressivo, Saeed Roustayi e Javad Noruzbegi avrebbero presentato la loro pellicola al Festival di Cannes del 2022 senza previa autorizzazione del governo. La decisione stessa ha però rappresentato la condanna dei due uomini, accusati dal governo iraniano di “contribuire alla propaganda dell’opposizione al sistema islamico”.

Iran / La Repubblica islamica e l’oppressione delle libertà 

Dal settembre 2022, l’Iran è teatro di disordini e repressioni violente. Lo scompiglio fu inizialmente la risposta alla morte di Masha Amini, ventiduenne curda deceduta mentre era in custodia della polizia morale di Teheran. In poco tempo, le tensioni hanno però dato voce a un più ampio dissenso rivolto contro la Repubblica islamica e la Guida Suprema Ali Khamenei. Ad oggi, sono le perpetue violazioni dei diritti umani ad alimentare il malcontento.

Più di una volta, le forze di sicurezza hanno ricorso illegalmente all’uso delle armi durante le proteste. Provocando la morte di centinaia di uomini, donne e minori e ferendone migliaia. Altre migliaia di persone sono state perseguite ingiustamente e/o arrestate arbitrariamente. L’accusa? Aver esercitato in modo pacifico i diritti che, in quanto umani, spetterebbero a tutti. Torture, maltrattamenti, il diniego di adeguate cure mediche. L’impiego di pene disumane, come fustigazioni, amputazioni e accecamenti. Il ricorso, sempre più frequente, alla pena di morte. Si aggiunge l’avvelenamento di un migliaio di studentesse, probabilmente con lo scopo di intimidire l’anima delle proteste: le giovani donne.

La Repubblica islamica e l’oppressione alle libertà

iran-oppressione-libertàLa domanda diventa, quindi, se e secondo quali modalità i cittadini esprimono il loro grado di dissenso. Considerando che le autorità seguono una linea crescente di forte repressione. Il risultato non può essere altro che l’oppressione delle libertà, valori fondamentali della vita umana. Ad essere primariamente prese di mira sono la libertà di riunione e la libertà d’espressione e associazione.

Nello specifico, è la violazione di quest’ultimo diritto a fare da sfondo alla condanna inflitta al regista e al produttore iraniano. Le autorità hanno censurato i media, ripetutamente bloccato o interrotto l’accesso a Internet e alle reti di telefonia mobile durante le proteste. A settembre, il governo ha poi promosso una direttiva che ha ulteriormente limitato l’accesso ai contenuti online.

Non ne escono indenni Instagram e Whatsapp, inserite nell’elenco delle applicazioni bloccate e/o filtrate. La lista comprendeva già Facebook, Signal, Telegram, Twitter e YouTube. Infine, le autorità hanno messo al bando tutti i partiti politici indipendenti, le organizzazioni della società civile e i sindacati indipendenti. Sottoponendo a rappresaglie i lavoratori che scioperavano.

Iran / Un film e una condanna per “propaganda contro il sistema” 

Questo panorama di impattante instabilità e violenza soffoca il margine delle libertà di pensiero, di parola e di altrettanti diritti che dovrebbero sempre essere tutelati. Proprio da questo contesto emergono, come per contrasto, le voci del regista e del produttore del film Baradan-e Leila (“Leila e i suoi fratelli“). I loro nomi, ormai noti quasi a tutti, sono rispettivamente Saeed Roustayi e Javad Noruzbegi.

I due uomini avrebbero portato il proprio lavoro al Festival di Cannes del 2022. In questa occasione, hanno colto l’opportunità di raccontare al pubblico la storia di Leila, ambientata nell’Iran moderno. La protagonista, interpretata da Taraneh Alidoosti, è una donna di quarant’anni che ha trascorso la propria vita a prendersi cura dei genitori e dei suoi quattro fratelli. Ma, mentre questi ultimi lavorano per racimolare qualche soldo, a Leila è imposto il solo compito di occuparsi della famiglia.

Questa, però, non è più la vita che vuole. Ed escogita un piano che potrebbe far uscire l’intera famiglia dalla miseria in cui vivono: avviare un’impresa. Purtroppo, sarà l’egoismotaraneh-alidoosti-iran di suo padre ad ostacolare la sua idea, determinando il frantumarsi dei già instabili equilibri familiari. La trama svela subito il perché della condanna di Roustayi e di Noruzbegi: la forte congruenza tra la realtà descritta e quella concreta iraniana.

Iran / Un film e una condanna per “propaganda contro il sistema” 

Il film, dunque, non è altro che il riflesso di una (spiacevole) verità. Una donna, la cui posizione è subordinata a quella degli uomini, che con la sua famiglia lotta per sopravvivere in un contesto in cui l’Iran è sottoposto a pesanti sanzioni internazionali. Ma, soprattutto, non mancano scene che riproducono le proteste e le manifestazioni che realmente scuotono la Repubblica islamica. Includendo anche quella seguita alla morte di Masha Amini lo scorso anno.

Da qui, le autorità iraniane si sono espresse contro il regista e il produttore con l’accusa di “contribuire alla propaganda dell’opposizione al sistema islamico”. Saeed, in particolare, è stato condannato a sei mesi di prigione e cinque anni d’interdizione a girare nuovi film. Un ostacolo di non poco conto per chi è stato definito “uno dei migliori e più promettenti giovani registi del suo paese”. E, in effetti, Saeed si era già distinto grazie ai suoi lavori.

Il suo primo lungometraggio, Life and a Day (2016), ha vinto il Premio per la miglior regia e la miglior sceneggiatura al Fajr International Film FestivalSi tratterebbe del principale festival cinematografico iraniano. Si dedica poi al suo secondo lungometraggio, Metri she’s va nim (“Sei milioni e mezzo”) del 2019. Presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, nella sezione Orizzonti, è stato nominato al Premio César per il miglior film straniero. E, con lo stesso film, ha vinto il Premio alla miglior regia al Tokyo International Film Festival.

Iran / Un film e una condanna per “propaganda contro il sistema”

Infine, ha con coraggio sorpassato la censura delle autorità iraniane presentando il suo film Leila e i suoi fratelli al Festival di Cannes del 2022. Sebbene non abbia vinto la Palma d’Oro, al lungometraggio sono stati comunque attribuiti due riconoscimenti. Tuttavia, le autorità di Teheran non hanno nominato il film per gli Academy Awards, nonostante il successo.

festival cannes film condannaNella sentenza si legge chiaramente che i due uomini hanno presentato un film “in linea con il movimento controrivoluzionario, con l’obiettivo di cercare la fama per intensificare la battaglia mediatica contro la sovranità religiosa dell’Iran”. Il giudice ha sospeso la pena detentiva per i prossimi cinque anni. In questo arco di tempo, i due saranno banditi dal cinema e dalla comunicazione e obbligati a frequentare un corso di regia. Mentre “mantengono gli interessi nazionali e morali“.

Roberta Lazzaro

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