Istat: niente lavoro, e aumentano i giovani “fermi”

0
89

È passato ancora un anno, ma sono ancora una volta i giovani a pagare di più la debolezza del mondo lavorativo italiano. Il nuovo Rapporto Istat è chiaro: nel 2010 è aumentata la disoccupazione. Il dato preoccupa. Un campanello d’allarme suona dalle stesse parole nella prolusione tenuta oggi dal card. Bagnasco all’Assemblea della Cei: “il lavoro che manca, o è precario in maniera eccedente ogni ragionevole parametro, è motivo di angoscia per una parte cospicua delle famiglie italiane. “Questa angoscia è anche nostra: sappiamo infatti che nel lavoro c’è la ragione della tranquillità delle persone, della progettualità delle famiglie, del futuro dei giovani”.

A differenza dello scorso anno ora nell’occhio del ciclone sono finiti lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, quelli più protetti. Gli occupati con il posto fisso sono scesi a poco più di 12,8 milioni. Mentre si assiste ad un calo complessivo del 2,2%, il picco più alto è tra 15 ed i 29enni che perdono il 9,8% degli occupati. Le percentuali tra i disoccupati giovani oscillano sul territorio nazionale. Si va da un giovane occupato su due nel Nord al drammatico “tre giovani su dieci nel Sud”, ma i risultati certificano la difficoltà a dare spazio ai giovani all’interno del mondo lavorativo. Lo conferma anche il fallimento dei contratti atipici, che nelle intenzioni dei legislatori avrebbero dovuto facilitare l’inserimento.

Invece si riduce il numero di giovani che passano da un lavoro atipico ad uno standard dal 26% al 16%. Oggi più di 1 milione di giovani ha contratti temporanei. Preoccupa, infine, il continuo aumento dei famosi Neet (Not in education, employment or training). Nell’anno 2010 hanno superato i due milioni: il 22,1% di giovani fuori dai circuiti formativi e lavorativi. Non sono nemmeno disoccupati. “Semplicemente” sono fermi. I Neet, proprio loro, sembrano il triste simbolo dell’attuale situazione. Essi sintetizzano due fenomeni critici del nostro Paese: “Una repubblica democratica fondata sul lavoro” recita l’Articolo 1 della Costituzione. In primo luogo emerge l’incapacità di coinvolgere i cittadini, e soprattutto i cittadini più giovani, in un progetto capace di offrire un futuro. In secondo luogo, forse ancora più grave, si percepisce un senso di sconfitta nella nuova generazione. Una sua parte ha tirato i remi in barca. E mentre sulle sponde del Mediterraneo i giovani scendono in strada nel Magreb chiedendo democrazia e libertà, oppure “si indignano”, accampandosi nelle piazze spagnole, il 22% dei nostri è “semplicemente” ferma.

Andrea Casavecchia

SIR