L’’isola Ferdinandea che si trovava a sud della Sicilia, tra Sciacca e Pantelleria, emerse clamorosamente nel luglio 1831, a seguito di un’eruzione di tipo surtseiano. Se si parla di un’isola molto probabilmente si può anche dare per scontato che non si muova, ma in questo caso non è stato così. Difatti in quelle settimane ci furono numerose scosse a sud di Agrigento, seguite poi da delle colonne di fumo, ceneri e lapilli provenienti dal mare. L’8 luglio, il Capitano Trafiletti avvistò dalle nubi una formazione rocciosa: l’isola di cui stiamo parlando, risultato dell’eruzione per una piattaforma di 4 km.
Ciò soprattutto perché, sebbene le acque locali erano chiaramente appartenenti all’allora Regno delle due Sicilie, ciò non valeva per le terre nate dal mare, che venivano a essere di diritto considerate terre rivendicabili. Prima ad avvicinarsi fu una spedizione, il 24 luglio, capeggiata da un geologo tedesco che si trovava già precedente in Sicilia, Friedrich Hoffman. Non potendo sbarcare per l’eruzione ancora in corso, comunicò assieme a dei primi colleghi la scoperta vera e propria dell’isola portando pure degli abbozzi.
L’11 agosto ebbe più o meno lo stesso risultato, anche se compì pure delle misurazioni, la spedizione del siciliano Carlo Gemellaro. Se si parla invece delle rivendicazioni, i primi a impossessarsene furono gli inglesi che, dalla vicina Malta, furono in grado di sbarcare il 2 agosto, battezzandola isola Graham (nome con cui viene oggi chiamato il banco a cui appartiene l’ex-isola) in onore del commissariato dell’ammiragliato britannico sir James Graham. Da lì nacque la contesa diplomatica con il Regno delle Due Sicilie, il quale la ribattezzò col nome con cui in Italia è conosciuta, per l’appunto Ferdinandea.
Italia / L’isola Ferdinandea a sud della Sicilia
Mentre inglesi e siciliani disputavano, a settembre giunse una spedizione scientifica francese finanziata dall’accademia delle scienze capitanata dal geologo Constant Prevòst. Costui la ribattezzò Iulia, dal mese in cui era nata. Fece delle analisi più proficue prelevando diversi campioni. Dai suoi studi, Constant aveva già appurato che l’isola, essendo per lo più costituita da lapilli e ceneri, stava venendo erosa rapidamente preannunciando la sua futura sorte.
Infatti, di lì a poco, delle spedizioni sia siciliane che inglesi confermarono i devastanti effetti dell’erosione che alla fine porteranno alla scomparsa dell’isola già all’inizio del 1832.
L’isola si presume sia emersa, o che comunque il vulcano a essa stretta sia stato attivo, nel 1863 e nel 1968 in relazione col terremoto del Belice. Nel 2002 ci furono altre attività sismiche tanto da presupporre che ciò che era accaduto nel 1831 poteva ripetersi. Così il comune di Sciacca inviò una spedizione di sommozzatori per apporre una targa che rivendicasse preventivamente l’isola. Dal 2006 il sito è monitorato dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia che, grazie a dei sensori di pressione, controllano l’attività sismica. Successivamente alcune spedizioni hanno appurato che l’emersione dell’isola era ed è connessa, assieme ad altri banchi vicini, all’attività di un vulcano sottomarino grande quanto l’Etna, ribattezzato Empedocle.
Giuseppe Emanuele Russo