C’è un canto caratteristico del tempo di Avvento (siamo alla quarta domenica)”Stillate Cieli dll’, nella plurisecolare tradizione liturgica, che racchiude il tutto del cammino di preparazione al Natale. Questo canto è il Rorate coeli desuper – “Stillate cieli dall’alto”. L’antico testo latino si compone come un’ultima supplica affinché si compia il tempo della venuta del Signore. È l’umanità stremata che parla a Dio, a carte scoperte, invocando: «Cieli, stillate dall’alto, e le nubi piovano il Giusto». Questa frase, ripetuta a mo’ di ritornello, si interseca con il riconoscimento del proprio limite, della iniquità del mondo.
Alcune immagini rimandano al vuoto e alla desolazione: «ecco, la città del Santo è deserta […] Gerusalemme è desolata»; immagini che anche noi stiamo vivendo nella contingenza di questo tempo particolare. L’esperienza di strade svuotate, di tempi prolungati, di abitudini interrotte, ci mettono nella desolazione che si fa via via insopportabile. Il canto sa a chi chiedere aiuto: al Cielo, perché mandi il Giusto.
L’esperienza dell’incertezza ci fa sentire «caduti come foglie», e il poema sacro fa ammettere a questa fragile umanità che a motivo dell’«iniquità», adesso si è come «dispersi nel vento». Ecco perché abbiamo bisogno che il Cielo mandi il Giusto, e Dio dimentichi queste nostre iniquità.
In questa continua supplica, l’umanità invoca: «manda colui che dev’essere mandato». Egli è «l’Agnello dominatore del mondo»: per far rialzare la città desolata, non ci serve il condottiero prepotente, non ci serve il sotterfugio del corrotto, o la smania della perversione. È l’Agnello il dominatore del mondo, colui che dev’essere mandato. Siamo così coraggiosi da farci comandare da un Agnello?
Il testo del canto, dopo le ultime suppliche, lascia la scena alla voce di Dio, che risponde:
«Consolati, consolati, o popolo mio: / Presto verrà la tua salvezza: / Perché ti consumi nella mestizia, /
perché il tuo dolore si è rinnovato? /
Ti salverò, non temere».
Questo tempo che sembra non finire ci rende come il Profeta che grida: «Sentinella, quanto resta della notte?». Nel canto, Dio ritorna a promettere che presto viene la salvezza: basta pronunciare lo stesso “sì” di Maria. L’avvento è stato per noi come l’angelo annunciatore di un nuovo progetto di Dio per noi, quello di essere non più desolati ma consolati, ricolmi della grazia di Dio, del Dio-con-noi. Possiamo dire come Maria: «si faccia di me secondo la tua parola», e presto la salvezza si compirà anche per noi.
don Raffaele Stagnitta
voce direttore dell’Ufficio liturgico diocesano