Nell’ambito delle manifestazioni culturali promosse dal Kiwanis club di Acireale, si è svolto nella sala stampa del Palazzo di Città, il 15 dicembre 2017, un interessante incontro sulla sicilianità o insularità, nelle opere e nel pensiero di letterati siculi.
A disquisire sull’argomento è stato invitato il professore Alfonso Sciacca, che nella sua relazione ha focalizzato l’attenzione principalmente su Giuseppe Tomasi di Lampedusa e Leonardo Sciascia, due pilastri della nostra cultura, non certo messi a confronto ma citati per parlare di narrativa e di Sicilia. La nostra amata ma difficile isola, piena di problemi e di contraddizioni, di sfolgorante bellezza e di grandi problemi mai risolti. Leggere qualche pagina del grande capolavoro di Tomasi di Lampedusa ci riporta ad un’epoca passata, lontana da noi, ma che è l’emblema del fatto che in Sicilia tutto cambia ma in realtà non cambia nulla. I tempi mutano, ma sembra più frutto dell’apparenza e non della realtà. “Il Gattopardo”, unico romanzo dello scrittore, fu completato nel 1956 e all’inizio furono in molti a non capire che era un capolavoro. Elio Vittorini, anche lui scrittore siciliano, avendo letto il libro per la casa editrice Einaudi, decise di non pubblicarlo, cosa che qualche tempo dopo fece Giorgio Bassani a capo della Feltrinelli. Fu la scrittrice Elena Croce ad inviare il manoscritto a Bassani dopo la morte di Tomasi di Lampedusa spentosi nel 1957.
Il professore Sciacca delinea anche a grandi linee parte della storia della nostra isola, con le colonizzazioni fenicia e greca per poi passare alle dominazioni dei normanni, degli angioini, degli aragonesi, fino ad arrivare alla storia più recente con l’epoca borbonica, ed è qui che si interseca uno dei capolavori della nostra letteratura, “I Vicerè” di Federico de Roberto, scrittore che non ha avuto in vita il giusto riconoscimento al suo talento e al suo capolavoro, conosciuto e giustamente rivalutato solo recentemente. Pagine di storia che sono l’esempio che i potenti sono e restano tali anche quando il mondo attorno a loro cambia. Il giovane protagonista Consalvo Uzeda, a differenza del padre Giacomo che non accetta i cambiamenti, si adegua ai tempi e pur di rimanere al potere diventa assessore, poi sindaco ed infine viene eletto al parlamento del Regno d’Italia. De Roberto si ispirò per questo personaggio alla figura di Antonino Paternò Castello, marchese di San Giuliano che fu sindaco di Catania, ambasciatore e ministro degli Esteri.
L’insularità sofferta emerge anche dalla lettura di un brano di “La luce e il lutto” di Gesualdo Bufalino. Capire la Sicilia per un siciliano è capire se stesso, condannandosi o assolvendosi, ma non possiamo dimenticare quel che è stata la nostra isola, culla di civiltà e grandi ingegni.
Gabriella Puleo