L’esperienza del dolore e della sofferenza allena lo spirito

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L’esperienza del dolore e della sofferenza risulta essere una delle più penose dell’esistenza umana, ma è, anche, una “palestra” che allena lo spirito (laico o credente) a valutare l’essenza della vita.

Queste considerazioni mi sono nate spontanee nel leggere, con profonda commozione, uno scritto del compianto avvocato Giuseppe Pettinato, recentemente scomparso. Lo scritto, nato come testimonianza a favore della Fondazione “Fanny” di Pavia che opera – a dirla con le stesse parole del Pettinato – “in rapporto simbiotico e funzionale con il Policlinico San Matteo, ubicata in posizione strategica  ch, con la propria organizzazione e assistenza, offre un prezioso ausilio e contributo sia ai pazienti, che devono affrontare un percorso terapeutico, più o meno lungo, sia ai loro eventuali accompagnatori”. La Fondazione, nata dal cuore generoso di una madre a seguito della morte della figlia Barbara, che di questa struttura ha posto le basi per “rendere più agevole il percorso salvifico di coloro che sarebbero stati toccati dallo stesso avverso destino”.

Edificato da tutto questo, l’autore sottolinea come la struttura costituisca “un fulgido esempio di come il dolore più profondo possa generare il più nobile atto di amore e di solidarietà verso il prossimo” . Dalla morte fiorisce la vita! Dal dolore si genera sempre quanto tende ad alleviarlo! Così è stato anche per il Figlio di Dio il quale nel dolore e nella morte in croce, ci ha liberati e redenti.

Quello che mi ha positivamente impressionato è stata la considerazione sul dolore che l’avvocato Pettinato antepone allo scritto. Egli annota che “varcata la soglia del policlinico, ti ritrovi in una plaga di sofferenza e di umanità che, di colpo, ti mettono dinanzi ad una realtà del tutto nuova, della quale ritenevi di essere estraneo e che automaticamente ti coinvolge e ti induce a riflettere sulla futilità di tutto quello che hai creduto importante e per cui hai, fino ad adesso, lottato …. Ti ritrovi un’umanità sofferente attraverso la quale riscopri la fragilità umana, laddove vengono bandite ogni forma di superbia e di fatua vanagloria, perché la sofferenza, in un processo catartico naturale che trascende ogni materialismo costituisce una livella che ci rende tutti uguali al cospetto del dolore”.

Il dolore diventa così “scuola” di purificazione e riporta l’uomo alla considerazione dell’essenziale, che come annota il “piccolo Principe” è sempre invisibile agli occhi; a noi è dato solo di percepirlo e dinanzi al quale ogni parola diventa sempre superflua e vana.

Il dolore e la sofferenza restano sempre un grande mistero (“nessuno – direbbe il nostro caro Padre Cristaldi – ha mai chiesto a Dio la grazia di poter soffrire”), un progetto difficile da comprendere e da accogliere nella propria esistenza, ma resta sempre una di quelle grandi lezioni che allena lo spirito, ogni spirito, alla visione vera dell’esistenza umana, a quel senso di limitatezza simboleggiata dalle parole con cui il mercoledì delle ceneri viene accompagnato il rito dell’imposizione: “Ricordati che sei polvere e polvere tornerai”, parole austere, ma vere, da ricordare sempre per essere pronti a viverle,  come direbbe ancora una volta l’avvocato Pettinato, “quando la vita ti presenta il conto”.

Don Roberto Strano