L’applauso è stato lunghissimo, caloroso: prima commozione e silenzio che si tagliava con il coltello in una mattinata piena di sole e battuta dallo scirocco, come accade spesso a Trapani; poi una gioia incontenibile eppure discreta, calda ma non sboccata. La gioia di sentirsi Chiesa, di scorgere il volto della Chiesa che, con gioia, dona ad un’altra Chiesa un nuovo pastore e nel dono riscopre se stessa. Alle 12 del 26 luglio, mentre le campane della Cattedrale suonavano a festa, il vescovo di Trapani, mons. Francesco Micciché, ha comunicato, nel salone dei vescovi dell’Episcopio, la nomina da parte del Santo Padre Benedetto XVI di mons. Antonino Raspanti, 52 anni, di Alcamo, a vescovo di Acireale. “L’elezione di mons. Antonino Raspanti a vescovo è segno tangibile dell’amore di Dio per la nostra chiesa, della sua fecondità e della sua fedeltà a Cristo”, ha subito detto il vescovo di Trapani accompagnato, nel saluto, da presbiteri e numerosi sindaci del territorio che hanno preso spontaneamente la parola. Nessun discorso di circostanza: il vicario generale, il parroco della chiesa Madre di Alcamo, a nome del clero alcamese, i sindaci di Erice, dove don Nino è stato per anni parroco e fautore di iniziative culturali di ampio respiro, il sindaco di Alcamo, il presidente della Provincia che, commosso, ha ricordato gli anni trascorsi insieme, il suo matrimonio benedetto dal neo-vescovo.
Quindi sono arrivate le telecamere per le interviste, gli abbracci e le lacrime di amici e parenti, anche dei preti più anziani giunti da tutta la Diocesi per la speciale convocazione. Ma la condivisione è continuata ancora con tutti i mezzi, con lo stesso sapore di gioia e comunione. Ai messaggi ufficiali delle autorità istituzionali, dal presidente della Regione, Raffaele Lombardo, ai sindaci e parlamentari della Provincia, dei movimenti ed associazioni ecclesiali, si sono sovrapposti, moltiplicandosi in un crescendo, centinaia di mail, di post sulla bacheca di Facebook (oltre 400 in poche ore), via sms. Prima dell’annuncio, con la solita delicata cordialità che faceva trasparire comunque tutta l’emozione, don Nino in talare, negli uffici della Curia, tra i suoi confratelli presbiteri, ha continuato a rispondere al telefono, a leggere le mail, fino a quando si è ritirato nello studio del vescovado da solo, in silenzio in attesa del momento ufficiale. Commosso, ha condiviso i messaggi giunti da Acireale, da mons. Pio Vigo, il primo alle 6.15 del mattino: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore”; e poi, quasi in un cammino condiviso, prima del Pontificale di Santa Venera, “la portiamo con noi” e, dopo per gli auguri, per un saluto ai seminaristi, per organizzare un incontro fraterno prima dell’ordinazione del primo ottobre: un colloquio ininterrotto durato fino a notte fonda.
Poi altri piccoli messaggi che resteranno indimenticabili in questo 26 luglio 2011. Don Nino li ha ricevuti dai suoi nipoti in viaggio a Bruxelles: le congratulazioni del figlioccio Mario, campione nazionale di nuoto, e l’sms di Bernardo, di otto anni: “Complimenti, zio, vuol dire che sei veramente un buon prete e che, per essere bravi, bisogna studiare già dalla prima elementare”. Dove si attinge il nutrimento per essere “bravi preti” don Nino, sua eccellenza don Nino, lo ha spiegato poco dopo nelle prime due frasi appuntate a penna per i ringraziamenti e che valgono un trattato: “Esprimo gratitudine e gioia perché il Signore continua a parlare alla Chiesa e questa volta anche attraverso la mia modesta persona. Sono felice che la mia scelta di 35 anni fa del sacerdozio è oggi confermata nella volontà di essere unito a Cristo. Mi dispongo alla piena unità sacramentale, a cui vorrò far corrispondere l’unità del mio volere e del mio desiderare”. All’uscita dell’incontro in vescovado una signora anziana ha commentato: “La Chiesa è viva, si vede e oggi c’è profumo di speranza”.
Lilli Genco