Migrantes, “un passo in avanti”. La sentenza della Corte europea di giustizia che bocca il reato di clandestinità introdotto in Italia è “un passo avanti verso un diritto delle migrazioni che aiuti a rendere efficaci le azioni e le politiche migratorie dei singoli Stati europei, comprese anche quelle di allontanamento e di rimpatrio, senza però mai ledere i diritti della persona, e senza esasperare situazioni di trattenimento”. È quanto afferma mons. Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes.“La sentenza motivata da un’interrogazione della Corte d’Appello di Trento – aggiunge mons. Perego – conferma quanto già aveva affermato la Corte Costituzionale italiana, cioè la non legittimità di procedere all’arresto e alla reclusione di un cittadino di un Paese terzo in soggiorno irregolare”. Inoltre la sentenza “conferma le tre azioni possibili verso un cittadino irregolare fermato sul territorio nazionale: il rimpatrio volontario entro 30 giorni; il rimpatrio coatto; per gravi ragioni il trattenimento in un centro che non sia di detenzione, a tutela della dignità della persona, per il più breve tempo possibile”.
“Attenzione alla persona umana”. La sentenza “dimostra attenzione alla persona umana anche quando si trova in una situazione irregolare”. Lo ha dichiarato il presidente del Pontificio Consiglio per i migranti e gli itineranti, mons. Antonio Maria Vegliò. “La sentenza dimostra attenzione e sensibilità verso la dignità della persona umana – ha precisato mons. Vegliò – anche se essa, cioè la persona umana, si trova in situazione irregolare. Questa attenzione alla persona è alla base della sollecitudine pastorale della Chiesa e della sua dottrina sociale”. “Ovviamente – ha detto – i governi si trovano a dover individuare il giusto equilibrio che rispetti sia le esigenze di sicurezza interna e internazionale, sia le forme di legalità previste dai singoli sistemi normativi”.
“Il governo italiano ci ripensi”. “Ora il governo italiano ci ripensi”. È l’appello lanciato da mons. Agostino Marchetto, segretario emerito del Pontificio Consiglio per i migranti. A suo avviso, la sentenza è “l’ulteriore conferma di quanto abbiamo sempre detto, ossia che è indegno prevedere misure come i respingimenti e il reato di clandestinità, che non rispettano i diritti delle persone. Mi auguro che questa condanna in sede europea possa portare il nostro governo a rivedere misure che non rispettano i diritti e la dignità della persona e induca l’Italia ad annullare il reato di clandestinità, misura senza senso e sproporzionata, che colpisce anche i rifugiati”.
Caritas, “recepire direttiva europea”. “Le nostre forti perplessità e le nostre critiche sul reato di clandestinità espresse già nel momento in cui venne introdotto il pacchetto sicurezza, trovano conferma nella sentenza della Corte di Giustizia europea”. Lo dice Oliviero Forti, responsabile nazionale dell’ufficio immigrazione di Caritas italiana. “Ora ci attendiamo risposte adeguate da parte del governo italiano – precisa –, e cioè che venga recepita la direttiva dell’Unione europea sui rimpatri e quindi che venga rispettata la sentenza europea. Si tratta di dare seguito al principio del rimpatrio volontario assistito, che oltretutto avrebbe costi assai inferiori rispetto ai rimpatri forzati”.
Centro Astalli, “soddisfatti”. Il Centro Astalli guarda con “soddisfazione” alla sentenza della Corte di giustizia europea. “Un provvedimento importante che conferma le osservazioni critiche rivolte da molti enti di tutela al momento del varo di tale norma – commenta padre Giovanni La Manna, presidente Centro –. In tema di immigrazione occorrono norme di buon senso, di effettiva attuazione e ispirate al rispetto dei diritti umani fondamentali. La detenzione per il reato di clandestinità certamente non lo è”.
Acli, “abolire reato e riformare legge”. “Riformare la legge 94 del 2009 e abolire il reato di clandestinità”. È quanto chiedono le Acli (Associazioni cristiane dei lavoratori italiani), ricordando che la bocciatura segue di poche ore la sentenza 16453 della Cassazione a sezioni unite. A due anni dall’emanazione del famigerato “pacchetto sicurezza”, commenta Antonio Russo, responsabile immigrazione delle Acli, aumentano le crepe in una norma che non tardammo insieme ad altri a definire discriminatoria oltre che di improbabile applicazione. Dopo questa doppia e ravvicinata bocciatura, si rende ancor più urgente riformare la legge 94 del 2009 e abolire il reato di clandestinità, che ha alimentato in questi due anni un inutile contenzioso”.
SIR