La Dacca, storica azienda legata alle famiglie D’agostino-Catalano, dalle quali scaturì il marchio, chiude i battenti. Emblema della produzione di stoviglie in plastica monouso, vedrà così chiudere i rapporti di lavoro per un centinaio di dipendenti. Diverse e concatenate le cause tra le quali, in ultima analisi, pesa la cessazione delle richieste del principali committente, la Roberto Abate spa, fallita. Evidente il crollo dei consumi nell’ultimo semestre, dovuto all’abbattimento delle preferenza della clientela, sempre principale arbitro dei mercati, che ha virato in maniera lenta ma costante verso una scelta ecosostenibile anche per l’acquisto di stoviglie. Decisiva in questo senso la recente direttiva europea che vieta, dal 2021, l’uso delle plastiche monouso.
La sospensione delle attività dell’azienda Dacca di Acireale, ex colosso della produzione di stoviglie usa e getta, era già stata paventata a dicembre, quando era stata presentata alle organizzazioni sindacali la procedura per la cessazione dell’impresa. Vani i riferimenti, in tanti anni, a eventuali piani di riconversione aziendale che avrebbero dovuto puntare alla riqualificazione di macchinari e personale in direzione di un’ecososteniblità ambientale, rivelatisi evidentemente non percorribili anche in ragione dei costi di molteplici milioni di euro. Ad aggravare le prospettive di eventuale riconversione, difficoltà economiche iniziate ben prima che le esigenze ambientali irrompessero sulla scena della grande produzione.
L’azienda, un colosso per il territorio delle Aci del nord est catanese, era nata nel 1971, vedendosi però costretta negli ultimi anni ad attivare contratti di cassa integrazione a causa della riduzione dei volumi dovuta anche a crisi più generali di alcuni grossi clienti della grande distribuzione che, come Aligrup, hanno a loro volta chiuso, o che tardavano nei pagamenti. Il fallimento del gruppo Abate ha sancito perciò solo un tramonto tristemente annunciato dagli ultimi sviluppi. Che la Dacca «avesse problemi a stare sul mercato» era una realtà denunciata già dai sindacalisti, ma le nuove regole imposte per la salvaguardia dell’ambiente dall’Unione Europea lasciano presagire difficoltà generali per diverse altre aziende che non saranno in grado di riconvertire i propri processi produttivi.
Intanto, al momento, la triste certezza è che la Dacca è costretta a sospendere la sua produzione, dal momento che anche le perdite sui crediti insoluti non permettono oggi di pensare ad una riapertura.