Era il 30 aprile del duemila quando san Giovanni Paolo II, canonizzando suor Faustina Kowalska, decise che la seconda domenica di Pasqua, la domenica in Albis, si sarebbe chiamata domenica della Divina Misericordia. Celebrarla nell’Anno santo della misericordia è come andare al cuore di questo Giubileo, e riproporre al mondo, ricorda Papa Francesco, il messaggio che la giovane e umile suora polacca ha ricevuto da Gesù: l’umanità non troverà pace, finché non si rivolgerà con fiducia alla Divina Misericordia.
La breve vita di suor Faustina, morì a soli 33 anni, nel 1938, a Lagiewniki, alle porte di Cracovia, è quasi come un ponte che unisce la Prima e la Seconda guerra mondiale; e proprio alcuni anni prima del secondo conflitto mondiale, il Signore le affida il messaggio che lei rende noto nel suo Diario: “Il Signore non fa mai violenza alla nostra libera volontà. Dipende da noi se vogliamo accogliere la grazia di Dio oppure no, se collaboreremo con essa oppure se la sprecheremo”. Per raggiungere la cava di pietra della Solvay dove lavora come operaio in quel 1940, il giovane Karol Wojtyla percorre la strada che passa proprio davanti al convento di suor Faustina, la cui fama di santità si era già diffusa a due anni dalla sua morte: “Coloro che ricordano, che furono testimoni e partecipi degli eventi di quegli anni e delle orribili sofferenze che ne derivarono per milioni di uomini, sanno bene quanto il messaggio della misericordia fosse necessario”.
Le parole di Giovanni Paolo II alla canonizzazione di suor Faustina, ci aiutano a collocare meglio il messaggio affidato da Cristo alla religiosa, e ne richiamano alla memoria un altro, avvenuto a migliaia di chilometri di distanza: per cinque volte, a partire dal 13 maggio del 1917, la Madonna appare a tre pastorelli, Francisco, Giacinta Marto e Lucia dos Santos, in località Cova da Iria, nei pressi di Fatima, e affida loro le parole nelle quali si chiede, tra l’altro, l’affidamento della Russia al cuore immacolato di Maria. Messaggio di pace e di riconciliazione in una Europa ancora divisa e ferita dalla guerra, e che di lì a poco avrebbe visto nascere il regime che avrebbe trasformato la Russia in Unione Sovietica.
Parlando di suor Faustina Kowalska, in occasione della sua canonizzazione, Papa Wojtyla affermava: “Occorre che l’umanità si lasci raggiungere e pervadere dallo Spirito che Cristo risorto le dona. È lo Spirito che risana le ferite del cuore, abbatte le barriere che ci distaccano da Dio e ci dividono tra di noi, restituisce insieme la gioia dell’amore del Padre e quella dell’unità fraterna”.
Francesco, in piazza San Pietro, ricorda che “la misericordia di Dio è eterna; non finisce, non si esaurisce, non si arrende di fronte alle chiusure, e non si stanca mai. In questo per sempre troviamo sostegno nei momenti di prova e di debolezza, perché siamo certi che Dio non ci abbandona: rimane con noi per sempre”. L’immagine che ci viene offerta è quella degli apostoli nel Cenacolo, con le porte chiuse per paura, dopo la morte di Cristo.
È il primo giorno della settimana, il giorno della Resurrezione, ma anche quello in cui il Signore si rende presente in mezzo ai suoi. Qui si evidenzia il contrasto tra i discepoli timorosi e Gesù che chiede loro di uscire, di andare per le strade del mondo ad annunciare il messaggio di misericordia e di amore. È invito a spalancare anche le porte chiuse del cuore, perché con la resurrezione Cristo “ha vinto la paura e il timore che ci imprigionano” e vuole “spalancare le nostre porte e inviarci”, afferma Francesco. La misericordia di Dio è un “venire incontro a tutte le povertà e liberare dalle tante forme di schiavitù che affliggono il nostro mondo”. E il saluto che Cristo porta ai suoi discepoli, “pace a voi”, è messaggio per gli uomini del nostro tempo. La pace di Cristo “non è una pace negoziata, non è la sospensione di qualcosa che non va”, ma è la sua pace, “che ha vinto il peccato, la morte e la paura. È la pace che non divide, ma unisce; è la pace che non lascia soli, ma ci fa sentire accolti e amati; è la pace che permane nel dolore e fa fiorire la speranza”.
Fabio Zavattaro