C’è un filo unico che lega la prima lettura e il Vangelo di questa diciassettesima domenica del tempo ordinario: il discernimento, la scelta. Matteo ci propone tre parabole per dirci del Regno di Dio; il libro dei Re, la scelta di Salomone che chiede al Signore non ricchezze, potere, longevità, ma più umilmente “un cuore docile”, che lo renda capace di governare con saggezza, compiendo le scelte giuste.
Nella nostra vita siamo sempre chiamati a fare delle scelte, più o meno grandi; scelte che possono anche aiutarci a comprendere meglio che cosa è il Regno di Dio. Perché Gesù, lo ricorda il Papa nell’omelia pronunciata il pomeriggio di sabato a Caserta, nella messa celebrata sul piazzale davanti la Reggia, non si preoccupa di spiegare cos’è il Regno di Dio, ma lo enuncia, lo rende presente con le parabole; ne descrive gli effetti, perché il Regno di Dio è capace di cambiare il mondo.
Certo la prospettiva con cui leggiamo il Vangelo è quella del “già e non ancora”, cioè viviamo già della salvezza, che tuttavia aspetta ancora di essere compiuta. Ma come non leggere in questa capacità di cambiare il mondo, nella presenza di Gesù nella nostra vita, una chiamata a trasformare la nostra esistenza e renderla aperta all’altro, capace di “accogliere ogni altra presenza, anche quella dello straniero e dell’immigrato”. Così anche l’appello che Papa Francesco rivolge all’Angelus per una pace vera in Medio Oriente, in Iraq, in Ucraina, può e deve essere letto nella prospettiva di una scelta che significa capacità di accoglienza: l’altro, quello che viene chiamato nemico, in realtà è un nostro fratello. E quel mai la guerra che Francesco ripete, echeggiando il grido di Paolo VI alle Nazioni Unite, ripetuto da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI, è appello a fermarsi, perché con la guerra tutto è perduto, sono parole di Benedetto XV. Fermarsi di fronte a una vita che viene recisa, soprattutto se di innocenti, di bambini, ai quali, con la guerra, si toglie la speranza di una vita degna, di un futuro: bambini morti, feriti, mutilati, orfani, bambini che hanno come giocattoli residui bellici, bambini che non sanno sorridere”.
Nel Vangelo di Matteo troviamo questa radicale scelta di cambiare che l’incontro con il Signore suscita. Il contadino, il mercante, pescatori hanno trovato rispettivamente un tesoro, una perla, una quantità incredibile di pesce. Lasciamo per ora da parte pesca e marinai e fermiamoci sulle prime due parabole. Il contadino ha lavorato una vita, curvo su un campo non suo, stagione dopo stagione; improvvisamente trova un tesoro, lo nasconde, vende tutti i suoi averi e compra quel terreno; così il mercante sempre alla ricerca di cose preziose, trova la perla e anche lui, senza pensarci su, vende tutto e acquista quel bene. Entrambi hanno compiuto una scelta radicale, perché, ricorda Francesco, “resta il dato primario che il tesoro e la perla valgono più di tutti gli altri beni” e per questo “rinunciano a tutto il resto per poterli acquistare”. Non hanno bisogno di pensarci: “si accorgono subito del valore incomparabile di ciò che hanno trovato, e sono disposti a perdere tutto pur di averlo”. Ecco l’immagine che Matteo propone per il Regno di Dio: è un bene così grande che “chi lo trova non ha dubbi – dice Francesco – sente che è quello che cercava, che attendeva e che risponde alle sue aspirazioni più autentiche”. Così chi incontra Gesù, “rimane affascinato, attratto da tanta bontà, tanta verità, tanta bellezza, e tutto in una grande umiltà e semplicità”. L’incontro con il Signore avviene nella quotidianità della nostra vita e del nostro lavoro. Dobbiamo essere vigili e pronti a cogliere il dono che ci viene offerto perché il tesoro, la perla sono unici. Ed ecco la rete da pesca, la terza parabola, e i pescatori che prendono pesci buoni e cattivi, e questi ultimi vengono buttati via. È l’immagine del giudizio finale che segna il compimento della storia della salvezza. Quel giorno saremo giudicati alla luce delle scelte compiute, nella misericordia di un Dio che si è fatto uomo e ha messo la sua tenda in mezzo al suo popolo.
Fabio Zavattaro