Ha trent’anni, è confuso tra il suo popolo, sulle rive del fiume, in quel luogo, a Betania oltre il Giordano, a circa cinque chilometri del mar Morto, che solo nel 1994 è stato identificato come il probabile sito del battesimo. Dopo i Vangeli dell’infanzia, lo troviamo, dunque, in fila insieme agli altri uomini e donne, confuso tra i peccatori, insieme ai quali si è sottoposto al rito di penitenza e purificazione. È il primo atto di Gesù uomo maturo, la sua prima apparizione pubblica, dopo il tempo del nascondimento, anni nei quali ha vissuto una esistenza ordinaria, di figlio accanto ai genitori. Il primo gesto del Messia, l’atteso, non è, dunque, un miracolo, un discorso semplice o solenne, ma un camminare in mezzo alla gente e attendere il suo turno per il battesimo, insieme a coloro, peccatori, pubblicani e probabilmente anche soldati, che si recavano sulle rive del Giordano per ricevere il battesimo da Giovanni Battista. È con il suo popolo, in mezzo al suo popolo per ricevere il battesimo con l’acqua, lui che può battezzare in Spirito Santo e fuoco.
Ma c’è un altro aspetto nel racconto di Luca che va evidenziato: riceve il battesimo mentre sta pregando e ascolta la voce del Padre: “Tu sei il figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”. In questo modo, afferma Papa Francesco all’Angelus, “Gesù viene consacrato e manifestato dal Padre come il Messia salvatore e liberatore”.
C’è un’immagine nell’affresco dipinto da Giotto nella cappella degli Scrovegni a Padova che ci aiuta a comprendere ciò che è avvenuto in quell’ansa del fiume Giordano: Gesù è al centro della scena, nel fiume; e si trova in una posizione più bassa rispetto al resto della scena. Giotto sembra quasi dirci che il Cristo è sceso nella depressione del Giordano; è sceso tra gli altri peccatori, si è “abbassato” nell’umiltà, obbedendo al Padre, unendosi a coloro che sono alla ricerca di perdono. Ed ecco il messaggio sotteso a questo gesto: per ascoltare la voce di Dio occorre percorrere un cammino che va in discesa, perché chi si umilia sarà esaltato, e chi si innalza sarà umiliato.
Lo Spirito Santo nel battesimo, ricorda Francesco, “è l’artefice principale: è colui che brucia e distrugge il peccato originale, restituendo al battezzato la bellezza della grazia divina; è colui che ci libera dal dominio delle tenebre, cioè del peccato, e ci trasferisce nel regno della luce, cioè dell’amore, della verità e della pace”.
Nel suo battesimo Gesù anticipa ciò che sarà la sua Pasqua; nel Giordano è accanto ai peccatori, è come uno di noi; e come noi si china chiedendo l’acqua che purifica. A Gerusalemme, nell’ora della sua morte, sarà ancora una volta come uno di noi, e patirà le sofferenze, sentirà il dolore e sarà crocifisso tra due uomini, due ladroni. Sembra quasi dirci la sua solidarietà con i peccatori sino all’ultimo, così come in tutta la sua vita, quando aveva guardato più a loro, ai poveri, che ai giusti.
Nella discesa nel battesimo, scriveva Benedetto XVI nel suo libro Gesù di Nazaret, “sono contenute una confessione di colpa e una richiesta di perdono per un nuovo inizio”; e aggiungeva: “Vi è in questo sì alla piena volontà di Dio, in un mondo segnato dal peccato, anche una espressione di solidarietà con gli uomini, che si sono resi colpevoli, ma tendono verso la giustizia. Solo a partire dalla croce e dalla risurrezione l’intero significato di questo avvenimento è divenuto chiaro”.
Come dire, Gesù dà inizio alla sua attività pubblica prendendo il posto dei peccatori. Il battesimo ci chiama a ricordare tutto questo e ci dice che siamo figli di Dio. Ma questo comporta, afferma Papa Francesco, “la responsabilità di seguire Gesù, il servo obbediente, e riprodurre in noi stessi i suoi lineamenti: cioè mansuetudine, umiltà, tenerezza. E questo non è facile, specialmente se intorno a noi c’è tanta intolleranza, superbia, durezza”. In San Pietro battezza 26 bambini, il Papa, e ricorda: il battesimo si riceve una sola volta, ma va testimoniato tutti i giorni: “È vita nuova da condividere e luce da comunicare”.
Fabio Zavattaro