La domenica del Papa / “Guai ai cattivi pastori”: così sulla vigna del Signore e sul Sinodo della famiglia in corso

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Le letture di questa domenica, ventisettesima del tempo ordinario, ci offrono l’immagine della vigna, che in Isaia è sterile; in Matteo, invece, sono i vignaioli a impedire al padrone di coglierne i frutti. Se nel profeta è metafora di una resistenza ad accogliere la novità del Signore, nel Vangelo è il luogo del “sogno” di Dio, il progetto che Dio ha sul suo popolo, come ricorda Papa Francesco, aprendo, nella basilica di San Pietro, il Sinodo straordinario sulla famiglia.guaiaicattivi pensieri

Fa da sottofondo l’amore di Dio per ogni uomo e donna, e i ripetuti tentativi del padrone di ottenere frutti dalla vigna – l’avidità dei contadini è l’ostacolo insuperabile – mandando suoi inviati e, per ultimo, il proprio figlio, l’erede, la persona più cara al padrone della vigna, altro non sono che messaggi di un padrone premuroso e misericordioso che non si stanca di perdonare, di aspettare. Ma alla fine arriva il giudizio: “Quando verrà, dunque, il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?”. Perché il padrone della vigna è sì misericordioso, premuroso, e ci dà molte possibilità, ma alla fine anche il tempo dell’attesa finisce. La vigna è l’immagine che Papa Francesco utilizza, parlando del Sinodo e del lavoro che attende i 191 padri sinodali. La vigna, dunque, come “simbolo del popolo che il Signore si è scelto. Come una vigna, il popolo richiede tanta cura, richiede un amore paziente e fedele. Così fa Dio con noi, e così siamo chiamati a fare noi pastori. Anche prendersi cura della famiglia è un modo di lavorare nella vigna del Signore, perché produca i frutti del Regno di Dio”.

Racconto forte, la parabola dei vignaioli omicidi, racconto impregnato di violenza e di odio, segnato dalle contraddizioni della nostra vita, e del nostro tempo. In questa parabola Gesù rilegge anche la vicenda personale, l’alleanza tra Dio e il suo popolo e la sua passione e morte, perché è lui il figlio cacciato dai vignaioli, ucciso; è lui la pietra che i costruttori hanno scartato e che è diventata pietra d’angolo.

Per Francesco la vigna è, dunque, il popolo, il “sogno” che Dio ha affidato ai saggi: “questo è il compito dei capi del popolo: coltivare la vigna con libertà, creatività e operosità”. Ieri come oggi la cupidigia ha cittadinanza: i contadini si sono impadroniti della vigna, e “per la loro cupidigia e superbia vogliono fare di essa quello che vogliono, e così tolgono a Dio la possibilità di realizzare il suo sogno sul popolo che si è scelto”. È sempre presente la tentazione della cupidigia di denaro e di potere, e per saziarla, afferma Francesco, “i cattivi pastori caricano sulle spalle della gente pesi insopportabili che loro non muovono neppure con un dito”. Compito dei pastori, dice il Papa, è lavorare per la vigna del Signore e le assemblee sinodali, ricorda, “non servono per discutere idee belle e originali, o per vedere chi è più intelligente… Servono per coltivare e custodire meglio la vigna del Signore, per cooperare al suo sogno, al suo progetto d’amore sul suo popolo”. Ed è qui che si coglie la novità del pensiero di Francesco, quella “medicina della misericordia”, come ricordava Giovanni XXIII, che la Chiesa è chiamata a amministrare, ascoltando “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce” degli uomini di oggi, dei poveri. Francesco chiede di leggere la realtà delle famiglie trovando la capacità di esserle accanto in un tempo difficile di crisi e di cambiamenti. Spesso siamo incapaci di cogliere la novità che viene dalla parola di Dio, siamo ciechi; preferiamo le cose del mondo, il successo, il denaro, il potere, il piacere. Il rischio della mondanità, come ripete Francesco; cristiani di facciata. È la scelta del “padrone della vigna” di darla ad altri che sappiano coltivarla e farla crescere in fedeltà denota amore, fedeltà, pazienza, misericordia, ma anche giustizia. Siamo tutti peccatori, dice ancora Francesco, e “anche in noi ci può essere la tentazione di impadronirci della vigna, a causa della cupidigia che non manca mai in noi esseri umani. Il sogno di Dio si scontra sempre con l’ipocrisia di alcuni suoi servitori”.

Fabio Zavattaro

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