Tutto accade di sabato nella Sinagoga, dove si recava come al solito, per dire quell’oggi che diventa impegno concreto. Siamo a Nazareth, Gesù è nel tempio dove ogni adulto israelita può leggere e commentare la scrittura. La scena è raccontata da Luca che la spiega a un certo Teofilo: tutti hanno gli occhi puntati su Gesù che chiude il rotolo del profeta di Isaia. È la prima volta che predica a Nazareth; non aveva seguito corsi di rabbino, né aveva operato cose straordinarie; voci raccontavano che aveva scelto di parlare in altre cittadine della Galilea, sulle strade, nelle piazze, nelle case. È diverso Gesù dai maestri del suo tempo, ricorda Francesco all’Angelus: “Non ha aperto una scuola per lo studio della legge, ma va in giro a predicare e insegna dappertutto”; di più, “è diverso anche da Giovanni Battista, il quale proclama il giudizio imminente di Dio, mentre Gesù annuncia il suo perdono di Padre”.
Torna, dunque, al luogo delle sue origini, Gesù, e ancora una volta pone al centro della sua vita e delle relazioni la Parola di Dio. Legge un brano dell’Antico Testamento: un uomo, rinnovato dallo Spirito Santo, è inviato dal Signore a proclamare ai poveri la buona notizia “per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista, per rimandare in libertà gli oppressi, per proclamare l’anno di grazia del Signore”. Poi chiuso e riconsegnato il rotolo, leggiamo nel Vangelo, commenta con queste parole: “Oggi si è realizzata questa scrittura”.
Si reca, dunque, come “al solito” in Sinagoga; gesti abituali, quasi ripetitivi. Ma è proprio in questa normalità che si può evidenziare la novità. Così la lettura di un testo della Torah è ascolto delle Scritture e commento. Ma la novità è proprio nel passo di Isaia che Gesù legge: “Lo spirito del Signore Dio è su di me”. E poi quell’oggi che diventa messaggio, invito. Accogliere la Parola di Dio è sempre un oggi, perché è qui e adesso che ci interpella; è qui e adesso che si realizza. Scriveva don Primo Mazzolari: “Una cristianità è viva quando è presente in ogni momento e in ogni attività della vita nazionale e riesce a far presa sull’opinione pubblica con idee chiare e possibili; quando interessa e inquieta ogni categoria e ogni classe; quando accetta di rendere testimonianza e di battersi ovunque, senza chiedere riguardi, esenzioni, privilegi; quando non rifiuta la responsabilità politica perché oggi fa comodo, pronto a schivarla al primo rischio. È viva perché non ha soltanto una tradizione da conservare e un prestigio da far valere, ma una salvezza da comunicare a tutti, ricchi e poveri, vicini e lontani”.
La missione di Gesù, afferma Francesco all’Angelus, è evangelizzare i poveri e questa “è anche la missione della Chiesa, e di ogni battezzato nella Chiesa. Essere cristiano ed essere missionario è la stessa cosa”. Annunciare il Vangelo con la parola e prima ancora con la vita “è la finalità principale della comunità cristiana e di ogni suo membro”. Gesù, afferma il Papa, “indirizza la buona novella a tutti, privilegiando i più lontani, i sofferenti, gli ammalati, gli scartati della società”. Evangelizzare i poveri significa anzitutto “avvicinarli, avere la gioia di servirli, di liberarli dalla loro oppressione, e tutto questo nel nome e con lo spirito di Cristo, perché è lui il Vangelo di Dio, è lui la misericordia di Dio, è lui la liberazione di Dio, è lui che si è fatto povero per arricchirci con la sua povertà”.
In queste parole c’è la sintesi del pontificato di Francesco, un Papa che sceglie di promuovere un Giubileo e di dedicarlo alla misericordia. Quell’“oggi” pronunciato da Gesù è un “oggi” che coinvolge ogni credente, le comunità parrocchiali, le associazioni e i movimenti. Francesco si domanda: “Siamo fedeli al programma di Cristo? L’evangelizzazione dei poveri, portare loro il lieto annuncio, è la priorità?” Per Francesco non si tratta solo di “fare assistenza sociale, tanto meno attività politica” ma di offrire “la forza del Vangelo di Dio, che converte i cuori, risana le ferite, trasforma i rapporti umani e sociali secondo la logica dell’amore. I poveri, infatti, sono al centro del Vangelo”.
Fabio Zavattaro