La domenica del Papa / L’invito di Francesco alla vera grandezza. Perché “chi non vive per servire, non serve per vivere”

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Nel racconto di Marco c’è un’immagine che ricorre spesso, ed è quella della via. Immagine reale come la fotostrada che conduce a Gerusalemme e che Gesù percorre con i suoi discepoli. Immagine simbolica dell’itinerario che ogni singolo deve compiere per essere definito un discepolo del Signore. È lungo la via che il discepolo impara a camminare sulle tracce del Cristo, ne conosce il volto, il segreto del suo cammino, la meta cui tende tutta la sua vita. Ed è lungo la via che il discepolo scopre anche la sua debolezza, la sua fragilità. Ecco che il Signore ricorda che non conta interrogarsi su chi è più importante per ottenere il posto privilegiato; perché l’orizzonte di Gesù, dice Papa Francesco, “non è per pochi privilegiati, capaci di giungere alla conoscenza desiderata, o a distinti livelli di spiritualità”. L’orizzonte di Gesù è sempre una proposta per la vita quotidiana: “Chi vuole essere grande serva gli altri” e non “si serva degli altri”.
Di fronte all’interrogativo che i suoi avevano posto – “chi è il più importante” – Gesù stravolge la logica umana sottesa e dà una risposta che si allontana da ciò che si aspettavano i discepoli: essere più grande non vuol dire prevalere sull’altro, cercare di essere il primo, ma chinarsi a lavare i piedi, camminare lungo la strada segnata dai passi di Gesù. Servire, dunque; essere segno concreto per il prossimo. Servire cioè avere cura della fragilità, di “coloro che sono fragili nelle nostre famiglie, nella nostra società, nel nostro popolo. Sono i volti sofferenti, indifesi e afflitti che Gesù propone di guardare”.
Parole che risuonano nella celebrazione in piazza della Rivoluzione a L’Avana. Terzo Papa a visitare l’isola in un tempo segnato da un cammino nuovo dopo il riavvicinamento tra Cuba e Stati Uniti, mentre si discute di porre fine all’embargo imposto all’isola da oltre 50 anni.
È un popolo, quello cubano, che cammina, ha anche delle ferite, come ogni popolo, “ma sa stare con le braccia aperte”. È così, per Francesco, che si coniuga il verbo servire, perché “chi non vive per servire, non serve per vivere”. Tutti siamo chiamati al “servizio che serve e ad aiutarci a vicenda e non cadere nelle tentazioni del servizio che si serve”.
Francesco sa le difficoltà che questo Paese, il suo popolo, ha vissuto e vive ancora; sa le situazioni di privazione della libertà, dei diritti, ma conosce anche il cammino che in molti hanno intrapreso. Così propone l’immagine del servire come immagine della via da intraprendere. Parla di una strada che si allontana dallo sguardo che giudica per abbracciare quello che trasforma. Messaggio interno per dire di mettere fine a quelle divisioni che allontanano i cubani che vivono nell’isola e coloro che hanno scelto di approdare sulle coste americane della Florida. Messaggio che guarda a tutto il continente americano per indicare che lungo la strada c’è solo il processo di pace e di riconciliazione. Come quello che sta procedendo tra Usa e Cuba; come quello che proprio a Cuba sta prendendo le mosse e che riguarda il processo di pace tra le autorità colombiane e le Farc, le forze antigovernative che combattono da troppi anni una guerra sanguinosa. Così il Papa, che non riesce a incontrare quanti sono impegnati in questa opera di mediazione, auspica che “il sangue versato da migliaia di innocenti durante i decenni del conflitto armato”, che la “lunga notte del dolore e della violenza”, tutto questo abbia termine e si scriva finalmente una parola definitiva di riconciliazione, di pace.
Anche in questo processo di pace il verbo servire ha il suo ruolo, perché si può cambiare solo avendo a cuore il destino del fratello. Perché, come ricorda Francesco, “il servizio guarda sempre al fratello” e “il servizio non è mai ideologico dal momento che non serve le idee ma le persone”. La grandezza di un popolo, di una nazione, di una persona si basa sempre “su come serve la fragilità dei suoi fratelli”. Essere cristiani, dice Francesco, comporta “servire la dignità dei fratelli, lottare per la dignità dei fratelli e vivere per la dignità dei fratelli”.

Fabio Zavattaro

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