La liturgia di questa penultima domenica del tempo ordinario ci pone di fronte al tema delle “cose ultime”; Vangelo sulla crisi e insieme sulla speranza, che guarda non la fine, ma il fine del nostro pellegrinare. Le parole di Marco sono apocalittiche, descrivono la fragilità dell’universo: in quei giorni, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo…e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.
Ma non è ciò che accade, in un certo senso, sotto i nostri occhi? La terribile notte di Parigi non è che l’ultima; non c’è un mondo che muore ogni giorno sotto la violenza insensata di chi proclama la sua potenza attraverso l’uso delle armi e il terrore. È la terza guerra mondiale vissuta a capitoli, come dice da diverso tempo Papa Francesco; una guerra che vede una umanità disorientata e lacerata, incapace di comprendere ciò che il mondo vive, incapace di guardare con speranza la storia. Un mondo sta per finire, e ci accompagna questo senso di fine. Sembra non esserci luogo dove a vincere non sia la forza del diritto, ma il diritto della forza; guerre, violenze, atti di terrorismo scavano sempre più nella nostra vita, nella nostra storia. “Tanta barbarie ci lascia sgomenti – afferma all’Angelus Papa Francesco, parlando della notte di Parigi – e ci si chiede come possa il cuore dell’uomo ideare e realizzare eventi così orribili, che hanno sconvolto non solo la Francia ma il mondo intero. Dinanzi a tali atti, non si può non condannare l’inqualificabile affronto alla dignità della persona umana”. Quante volte i Papi, a partire da Benedetto XV che ha parlato della guerra come “inutile strage”, hanno affermato che la strada della violenza e dell’odio non risolve i problemi dell’umanità; e che “utilizzare il nome di Dio per giustificare questa strada è una bestemmia”, come ha affermato all’Angelus Francesco.
Eppure c’è un’altra verità, e quegli avvenimenti descritti da Marco, anche le violenze di questi giorni – ma forse dovremmo dire di questi ultimi anni, come non ricordare gli attentati a Londra, Madrid, l’11 settembre a New York, solo per ricordarne alcuni – ci dicono che il mondo non può essere questo. Le violenze e il sangue innocente versato chiedono preghiere, ma anche di fare posto alla speranza: dopo l’inverno c’è la primavera.
Il Vangelo di Marco ricorda che gli eventi narrati, non sono la cosa essenziale del messaggio: “Il nucleo centrale attorno a cui ruota il discorso di Gesù è lui stesso, il mistero della sua persona e della sua morte e risurrezione, e il suo ritorno alla fine dei tempi”, afferma il Papa. Il problema, dunque, non è quando accadranno,o come avverranno queste cose, ma come dobbiamo comportarci nell’attesa di esse. Il Papa commenta il brano del Vangelo, ma le sue parole possono commentare anche i fatti di violenza vissuti: che possano accadere purtroppo è probabile, perché sembra sia l’unica strada conosciuta da chi percorre la strada del terrore. È la risposta che diventa importante: a Parigi, come già nelle nostre città al tempo delle brigate rosse, si torna nelle strade perché la vita continui. Non ci si chiude nella paura: “Siamo chiamati a vivere il presente, costruendo il nostro futuro con serenità e fiducia in Dio”, ricorda Francesco commentando il testo di Marco; e la prospettiva della fine “non ci distoglie dalla vita presente, ma ci fa guardare ai nostri giorni in un’ottica di speranza. È quella virtù tanto difficile da vivere: la speranza, la più piccola delle virtù, ma la più forte. E la nostra speranza ha un volto: il volto del Signore risorto, che viene con grande potenza e gloria”. Cristo, afferma ancora il Papa,“è l’unica potenza vittoriosa e l’unico punto fermo in mezzo agli sconvolgimenti e alle tragedie del mondo”; si pone contro “i falsi profeti, contro i veggenti che prevedono vicina la fine del mondo, e contro il fatalismo”. Cammina con noi, Cristo, “vuole sottrarre i suoi discepoli di ogni epoca alla curiosità per le date, le previsioni, gli oroscopi, e concentra la nostra attenzione sull’oggi della storia”. Non mancano calamità, avversità e tragedie di ogni genere; ma la nostra speranza è il Signore, la sua parola “luce che guida”.