A leggere il Vangelo di questa domenica si rimane un po’ sorpresi: come si fa a odiare il proprio padre, la propria madre, la moglie, i figli, i fratelli? Sembra quasi che Gesù, voltandosi verso la folla che lo seguiva – interessante anche il verbo usato da Luca, “voltarsi” e non vedere, guardare – voglia liberarsi, in un certo senso, di tutte quelle persone: odiare tutti per essere suoi discepoli. In primo luogo dobbiamo leggere bene quel verbo odiare, perché va inteso come amare di meno. Ciò che Gesù chiede è di non amarlo meno del padre, di madre, moglie e figli: questa la condizione per seguirlo, cioè essere pronti a lasciare la propria casa, per essere suoi discepoli. Come ha fatto madre Teresa di Calcutta, proclamata santa da Papa Francesco, che ha lasciato da giovane la propria casa per diventare la “piccola matita nelle mani di Dio”, per portare la misericordia del Signore tra i più poveri tra i poveri: “a Dio è gradita ogni opera di misericordia, perché nel fratello che aiutiamo riconosciamo il volto di Dio che nessuno può vedere. E ogni volta che ci chiniamo sulle necessità dei fratelli, noi abbiamo dato da mangiare e da bere a Gesù; abbiamo vestito, sostenuto, e visitato il Figlio di Dio. Insomma, abbiamo toccato la carne di Cristo”, ricorda il Papa nell’omelia per la canonizzazione della religiosa albanese.
“Come posso avere un Dio misericordioso?” È la domanda che si poneva Martin Lutero e che Benedetto XVI ha voluto rileggere nel suo discorso a Erfurt al Consiglio della chiesa evangelica di Germania, il 23 settembre di cinque anni fa. La questione non ci preoccupa più, rifletteva il Papa emerito, perché nella sua misericordia, Dio “ignorerà le nostre piccole mancanze”. Ma sono poi veramente così piccole, si chiedeva ancora: “non viene forse devastato il mondo dalla corruzione dei grandi, ma anche dei piccoli che pensano soltanto al proprio tornaconto? […] non è forse minacciato dalla crescente disposizione alla violenza che, non di rado, si maschera con l’appartenenza della religiosità? La fame e la povertà potrebbero devastare a tal punto intere parti del mondo se in noi l’amore di Dio e, a partire da lui, l’amore per il prossimo, per le creature di Dio, gli uomini, fosse più vivo?” Scottante domanda, per Benedetto XVI, che, diceva, “deve diventare di nuovo, e certamente in forma nuova, anche la nostra domanda, non accademica, ma concreta”.
Domanda alla quale madre Teresa ha risposto con il suo sorriso, la sua capacità di essere accanto alle persone che soffrono, ai più poveri tra i poveri, come amava dire lei stessa.
Seguire Gesù, ricorda Papa Francesco, è un impegno serio e gioioso, richiede radicalità e coraggio per riconoscerlo “nel più povero e scartato della vita e mettersi al suo servizio. Per questo, i volontari che servono gli ultimi e i bisognosi per amore di Gesù non si aspettano alcun ringraziamento e nessuna gratifica, ma rinunciano a tutto questo perché hanno scoperto il vero amore”. Patrona e modello di santità per tutti i volontari, madre Teresa, che “in tutta la sua esistenza, è stata generosa dispensatrice della misericordia divina, rendendosi a tutti disponibile attraverso l’accoglienza e la difesa della vita umana, quella non nata e quella abbandonata e scartata. Si è impegnata in difesa della vita proclamando incessantemente che ‘chi non è ancora nato è il più debole, il più piccolo, il più misero’. Si è chinata sulle persone sfinite, lasciate morire ai margini delle strade, riconoscendo la dignità che Dio aveva loro dato; ha fatto sentire la sua voce ai potenti della terra, perché riconoscessero le loro colpe dinanzi ai crimini della povertà creata da loro stessi”. La misericordia, afferma ancora il Papa, “è stata per lei il ‘sale’ che dava sapore a ogni sua opera, e la ‘luce’ che rischiarava le tenebre di quanti non avevano più neppure lacrime per piangere la loro povertà e sofferenza”. Testimonianza eloquente la sua vicinanza ai poveri “è la sua missione nelle periferie delle città e nelle periferie esistenziali”. La sua santità, per Francesco, “è tanto vicina a noi, tanto tenera e feconda che “avremo difficoltà a chiamarla santa Teresa”, e “continueremo a dirle Madre Teresa”.
Fabio Zavattaro