La Domenica del Papa / “Non lasciatevi rubare la speranza”. L’invito di Francesco ai migranti e ai rifugiati

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Le nozze di Cana, il primo miracolo di Gesù, la prima manifestazione della sua attività pubblica, dopo la 140615-004-268x179presenza sulle rive del Giordano confuso tra i peccatori in attesa di ricevere il battesimo da Giovanni Battista. Interessante pagina del Vangelo, ricca di riferimenti all’Antico Testamento e sguardo rivolto al futuro. A cominciare dalle prime parole del testo dell’evangelista Giovanni: il terzo giorno. Non un giorno qualsiasi, dunque, ma, appunto, il terzo giorno; il giorno della festa di nozze a Cana di Galilea. Come nel racconto del Sinai che troviamo nel libro dell’Esodo: il terzo giorno, i tuoni e i fulmini, e Dio che sancisce l’alleanza con il popolo di Israele, donando a Mosè le Tavole della Legge. Il terzo giorno, quando le donne arrivarono al sepolcro e lo trovarono vuoto, la pietra rotolata di lato. Gesù che anticipa la “sua ora” perché glielo chiede la madre, nel terzo giorno. Cana, a ben guardare, è un segno, simbolo di una nuova fondazione che richiama l’antica alleanza e la rinnova nell’acqua della purificazione. Acqua che diventa vino, vino migliore, nuovo, perché nuovo è il rapporto che viene posto in essere.
A Cana in primo piano non è tanto un matrimonio tra un uomo e una donna: solo una volta, nel brano di Giovanni, leggiamo la parola sposo, ma non sappiamo né il suo nome, né quello della donna. Anche Maria non viene mai chiamata per nome, ma solo con la parola madre. Che cosa è avvenuto, allora, in quel terzo giorno? Con la metafora delle nozze è descritta proprio l’alleanza tra Dio e il suo popolo; che vive della premura di Maria che si fa mediatrice: dice al figlio che è finito il vino, e lui “accoglie la sua sollecitazione e dona agli sposi il vino più buono di tutta la festa”, ricorda Francesco all’Angelus.
I miracoli, afferma ancora il Papa, “sono segni straordinari che accompagnano la predicazione della buona notizia e hanno lo scopo di suscitare o rafforzare la fede in Gesù”. A Cana accade che Maria si preoccupa perché il banchetto non venga compromesso dalla mancanza del vino e, dunque, la festa continui. Gesù cede alla richiesta della madre e compie il suo primo miracolo: “Atto di benevolenza da parte di Gesù verso gli sposi, un segno della benedizione di Dio sul matrimonio”. L’amore tra l’uomo e la donna, per Papa Francesco, “è quindi una buona strada per vivere il Vangelo, cioè per incamminarsi con gioia sul percorso della santità”.
Ciò che avviene a Cana, accade grazie all’obbedienza dei servi, potremmo dire degli uomini e delle donne che partecipano al banchetto; e nell’utilizzare l’acqua della purificazione Gesù non annulla l’antico patto tra Dio e il suo popolo, ma gli dona un “colore” nuovo. Le giare di pietra, fatte riempire d’acqua che diventa vino, “sono segno del passaggio dall’antica alla nuova alleanza” sottolinea il Papa: “Al posto dell’acqua usata per la purificazione rituale, abbiamo ricevuto il sangue di Gesù, versato in modo sacramentale nell’eucaristia e in modo cruento nella Passione e sulla Croce”. Comprendiamo così che il miracolo di Cana riguarda ogni persona, uomini e donne, chiamati a incontrare il Signore nella loro vita: la fede cristiana, afferma il Papa all’angelus, rivolgendosi ai presenti in piazza San Pietro, nel giorno del Giubileo dei migranti e rifugiati, “attraversa tempi di gioia e di dolore, di luce e di oscurità, come in ogni autentica esperienza d’amore”. Da qui l’invito successivo ai migranti: “Non lasciatevi rubare la speranza e la gioia di vivere, che scaturiscono dall’esperienza della divina misericordia, anche grazie alle persone che vi accolgono e vi aiutano”.
Nelle nozze di Cana, Gesù “non si presenta a noi come un giudice pronto a condannare le nostre colpe, né come un comandante che ci impone di seguire ciecamente i suoi ordini; si manifesta come salvatore dell’umanità, come fratello, come il nostro fratello maggiore, figlio del Padre: si presenta come colui che risponde alle attese e alle promesse di gioia che abitano nel cuore di ognuno di noi”. E qui Francesco si chiede, e ci chiede: “Lo sento vicino a me, alla mia vita? Gli sto rispondendo sulla lunghezza d’onda di quell’amore sponsale che egli manifesta ogni giorno a tutti, a ogni essere umano?”. Come dire, siamo capaci di essere obbedienti come i servi con le giare delle nozze di Cana?

Fabio Zavattaro

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