L’Angelus di Papa Francesco in questa seconda domenica del mese di novembre ha una duplice caratteristica: da un lato è riflessione sul brano del Vangelo di Marco, l’obolo della vedova; dall’altro è un piccolo sfogo su quanto è accaduto in questi ultimi giorni, si potrebbe dire continuazione di quel primo “vatileaks” scoppiato durante il Pontificato di Papa Ratzinger e che ha portato alla rinuncia di Benedetto XVI. Ma a ben vedere c’è un collegamento, quasi “fil rouge” che porta a sottolineare il corretto comportamento dell’essere umano che cerca di armonizzare la propria vita nel segno della convivenza e del rispetto dell’altro. Così se nella prima parte del testo, Marco descrive come non devono essere i seguaci di Cristo, e nello stile degli scribi e dei maestri della legge, evidenzia tre difetti: superbia, avarizia e ipocrisia. Venendo ai nostri giorni, potremmo aggiungere che non è corretto sottrarre e pubblicare documenti riservati della Santa Sede – “per questo vorrei dirvi anzitutto che rubare quei documenti è un reato. È un atto deplorevole che non aiuta” – come afferma Papa Francesco. Nella seconda parte, l’evangelista fa entrare nella scena una donna, una vedova – nella società ebraica dell’epoca, le vedove e gli orfani sono tra le categorie più sfortunate, cui anche la legislazione biblica tenta di porre in atto dei rimedi – che lascia la sua offerta come tanti altri, come quei maestri della legge, come gli scribi. Certo l’offerta di questi ultimi è più sostanziosa rispetto alle due monete “che fanno un soldo” della donna. Ma è davvero più sostanziosa l’offerta dei primi rispetto alla vedova?
Qui è interessante notare come per Gesù il metro di paragone è un altro, non la quantità, ma la qualità, non l’offerta ricca, ma il gesto che fa la differenza: la donna non ha lasciato nella cesta delle offerte generiche, il superfluo, ma quanto aveva in tasca. Come dice Francesco all’Angelus, in questa pagina di Marco viene proposto “un ideale esemplare di cristiano”.
Allora ecco l’immagine di un diverso stile di vita, di chi cerca il saluto delle piazze, i primi posti per essere visti, notati e salutati. Dice Francesco: “Sotto apparenze così solenni si nascondono falsità e ingiustizia. Mentre si pavoneggiano in pubblico, usano la loro autorità per ‘divorare le case delle vedove’. Una prassi che ancora oggi ha cittadinanza nel nostro mondo, ad esempio – è sempre il Papa a parlare – quando si separa la preghiera dalla giustizia, perché non si può rendere culto a Dio e causare danno ai poveri. O quando si dice di amare Dio, e invece si antepone a lui la propria vanagloria, il proprio tornaconto”.
Non fa questo collegamento Francesco nel suo parlare domenicale, ma come non pensare che forse in quelle parole, in quello stile di vita ci sia anche spazio per guardare a coloro che tramano dietro le quinte mentre si preoccupano di mantenere un atteggiamento di consonanza con le scelte che vengono fatte e che, in qualche modo, coinvolgono anche le loro persone. Così il gesto della donna, vedova, diventa significativo e acquista una valenza particolare nelle parole del Signore. Ricordiamo: siamo nel tempio di Gerusalemme, il cammino verso la città santa, così come lo abbiamo seguito in questo tempo liturgico, si è concluso. Ecco allora che la donna diventa simbolo di uno stile che non bada alle apparenze ma che vive della sostanza dei gesti, anzi della forza dei gesti. I ricchi hanno donato ciò che a loro non serviva, e lo hanno fatto con ostentazione. La vedova ha quasi nascosto il suo gesto, lasciando non il superfluo ma forse ciò che per lei era il necessario. Lei, dice Papa Francesco, “non vuole fare a metà con Dio: si priva di tutto. Nella sua povertà ha compreso che, avendo Dio, ha tutto”. Il metro di giudizio, ricorda Francesco, “non è la quantità, ma la pienezza. C’è una differenza fra quantità e pienezza. Non è questione di portafoglio, ma di cuore. C’è differenza fra portafoglio e cuore. Ci sono malattie cardiache, che fanno abbassare il cuore al portafoglio”.
Fabio Zavattaro