Roma li ha accolti con l’abito invernale: freddo, ma contemporaneamente carico di una intensa atmosfera natalizia, data dalle luci colorate, dalle vetrine dei negozi riccamente decorate, dagli addobbi e dai vari alberi di Natale che ci sono in giro per la città, a cominciare da quello installato in piazza San Pietro; ma anche quello collocato dal Comune in piazza Venezia – che i romani hanno subito ribattezzato “lo spelacchio” per i rami striminziti e la povertà di addobbi – tutto sommato faceva anch’esso la sua bella figura con l’illuminazione notturna.
Stiamo parlando dei giornalisti della Uspi (Unione stampa periodica italiana) e della Fisc (Federazione italiana settimanali cattolici) convenuti nella Città Eterna per incontrare il Papa sabato 16 dicembre nell’udienza a loro riservata. L’ingresso in Vaticano e il percorso per raggiungere la rinascimentale Sala Clementina (ubicata al secondo piano del palazzo apostolico) è tra i più suggestivi, così come lasciano senza fiato gli affreschi che ne decorano le pareti e il soffitto. È qui che papa Francesco li ha ricevuti, in questa sala riservata per le udienze di particolare importanza (ad esempio per il corpo diplomatico o per il collegio cardinalizio).
“Voi avete un compito, o meglio una missione, tra le più importanti nel mondo di oggi: quella di informare correttamente, di offrire a tutti una versione dei fatti il più possibile aderente alla realtà” – ha detto loro papa Francesco – “Siete chiamati a rendere accessibili a un vasto pubblico problematiche complesse, in modo da operare una mediazione tra le conoscenze a disposizione degli specialisti e la concreta possibilità di una loro ampia divulgazione”. Ed in particolare, con riferimento alle testate diocesane, ha aggiunto: “Si tratta di un giornalismo strettamente connesso alle dinamiche locali, alle problematiche che nascono dal lavoro delle varie categorie, agli interessi e alle sensibilità delle realtà intermedie, che non trovano facilmente canali per potersi adeguatamente esprimere”. Perché è una realtà “geneticamente più legata alla sua base territoriale di riferimento, più prossima alla vita quotidiana delle comunità, più ancorata ai fatti nella loro essenzialità e concretezza”. In quest’ottica i giornali diocesani “possono rivelarsi utili strumenti di evangelizzazione, uno spazio nel quale la vita diocesana può validamente esprimersi e le varie componenti ecclesiali possono facilmente dialogare e comunicare”.
Papa Francesco li ha poi messi in guardia dai ‘peccati della comunicazione’: “la disinformazione (cioè dire soltanto una parte), la calunnia, che è sensazionalistica, o la diffamazione, cercando cose superate, vecchie, e portandole alla luce oggi; sono peccati gravissimi, che danneggiano il cuore del giornalista e danneggiano la gente”. Ha poi rivolto loro l’auspicio che “che non venga meno l’impegno da parte di tutti per assicurare l’esistenza e la vitalità a questi periodici”.
Alle parole del Pontefice ha fatto eco il presidente nazionale della Fisc, il bresciano don Adriano Bianchi (direttore de “La Voce del Popolo”): “Il Papa ci ha ricordato come il nostro sia un lavoro che implica un’evoluzione della società e del bene delle persone. Ciò significa che sia il frutto di una dimensione vocazionale, non è solo un mestiere”. “I settimanali diocesani – continua don Adriano – devono ‘sentire’ come sente la Chiesa locale. Dobbiamo trovare una sintonia con ciò che esprime”. Egli ha ringraziato il Papa per “il suo impegno e la sua sollecitazione perché i pastori non ci abbandonino in questo servizio” ed ha sottolineato anche la “grande disponibilità della Cei in tutta una serie di aspetti che ci ha permesso di continuare a camminare”.
Alla fine dell’udienza, papa Francesco ha stupito i presenti salutando personalmente tutti i 400 partecipanti, ricevendo e trasmettendo ad ognuno di loro un messaggio personale, che si somma – ma va anche al di là – al messaggio complessivo comunicatogli in maniera ufficiale.
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